IL VIAGGIO IRRITUALE DI CONTE E DI MAIO A BENGASI PER LA LIBERAZIONE DEI PESCATORI ITALIANI
PREMESSO CHE LE OPPOSIZIONI DOVREBBERO TACERE PERCHE’ SONO ALL’ORIGINE DEL SEQUESTRO E HANNO FATTO PASSERELLA PERSINO CON BATTISTI, RESTA ANCORA DA CHIARIRE IL “PREZZO POLITICO” PAGATO
La prima cosa che non tornava è successa di primo mattino, quando Giuseppe Conte ha rinviato al tardo pomeriggio l’incontro con Matteo Renzi e Italia Viva sulla verifica di Governo, previsto stamane alle 9.
“Impegni istituzionali non pubblici”, è la motivazione filtrata da Palazzo Chigi. Ore più tardi, l’annuncio: il premier, insieme al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è partito per Bengasi, in Libia, per riportare a casa i pescatori italiani sequestrati oltre 100 giorni fa. In tempo per Natale, tornano a casa i 18 uomini bloccati in Libia, ma non tutto torna in questa storia.
Per lo meno, si chiude una vicenda incresciosa, ma si aprono degli interrogativi.
L’irritualità di un premier e un ministro degli Esteri che insieme decidono di recarsi nel ‘covo’ del generale Haftar in Cirenaica per curare personalmente la liberazione di 18 ‘ostaggi’ italiani scatena innanzitutto l’opposizione di centrodestra. In aula al Senato, Matteo Salvini esalta questa “giornata di festa per tutti”, ma critica la scelta di Conte e Di Maio di partire alla volta di Bengasi: “L’operazione è stata portata avanti dai Servizi, non dalla politica. In queste operazioni servono cautela e riservatezza”.
Il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, sottolinea lo stesso concetto, rivolgendo “un mio sincero ed affettuoso ringraziamento al generale Caravelli e al personale dell’Aise per la costante dedizione e il determinante lavoro svolto. Unicamente a loro va la mia sentita gratitudine”.
E ancora: “Il presidente Conte e il ministro Di Maio, dopo oltre tre mesi di immobilismo, volano in Libia per la solita indecente passerella, che non cancellerà l’incapacità dimostrata in questa vicenda”, attacca il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida.
Qui è opportuno chiarire:
1) I servizi e le diplomazie non agiscono in modo autonomo, ma sulle basi delle indicazioni del governo di turno.
2) Il centrodestra è l’ultimo che puo’ accusare Conte e Di Maio di “fare passerelle”m basti ricordare l’indecente esibizione per la cattura di Battisti e il suo rientro in Italia con foto di gruppo.
3) Se la Libia ha potuto portare arbitrariamente le acque territoriali da 12 miglia a 74 miglia (la Antinea è stata fermata a 40 miglia dalla costa libica) è grazie alla connivenza dei governi italiani precedenti che, pur di far intercettare i migranti dalla guardia costiera libica lavandosene quindi le mani, hanno permesso una violazione del diritto internazionale.
4) I pescatori italiani sapendo di questa norma hanno ugualmente rischiato (e quindi sono in torto) addentrandosi oltre quel limite (peraltro arbitario) coscienti che l’Italia non sarebbe intervenuta in fase preventiva, impedendo loro di inoltrarsi in acque a rischio.
Al di là dei prevedibili attacchi dell’opposizione, resta l’irritualità della scelta di Conte e Di Maio. Non è chiaro se siano stati i libici a chiedere che fosse il Governo in persona a presentarsi a Bengasi per chiudere l’accordo. “Complicato”, tanto da richiedere la presenza del premier, trapela da Palazzo Chigi. Anche quella del ministro degli Esteri?
Di certo, le autorità di Bengasi hanno apprezzato. In una base aerea alla periferia di Bengasi, Conte e Di Maio hanno anche un colloquio con il generale Haftar, il cui Governo non è riconosciuto ufficialmente dalla comunità internazionale che ha invece ‘puntato’ sull’esecutivo di Tripoli, guidato da Fayez al Serraj e riconosciuto dall’Onu. Non ha dubbi Arturo Varvelli dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr). “Il fatto che un presidente del Consiglio e un ministro degli Esteri si siano mossi per andare a sancire la liberazione da un generale, il generale Khalifa Haftar, che non ha alcun riconoscimento internazionale o che non dovrebbe averne, è naturalmente il prezzo implicito(l’unico? che abbiamo pagato per risolvere questa situazione”, dice all’Adnkronos International.
Emma Bonino, la cui preparazione sugli scenari internazionali non è opinabile, guarda il bicchiere mezzo pieno. “Se quando ero ministro degli Esteri, mi avessero chiesto di recarmi personalmente in Siria per riportare a casa Domenico Quirico e risparmiargli giorni di prigionia, l’avrei fatto senza dubbio”, ci dice ricordando il rapimento dell’inviato de ‘La Stampa’ sette anni fa.
Il resto al momento è speculazione, certo. Che semina interrogativi: cosa significherà questa giornata nei rapporti tra lo Stato italiano e la Libia di Haftar, da una parte, quella di al-Serraj, dall’altra? La presenza di ben due rappresentanti di governo è stata una condizione posta dai sequestratori, cioè da Haftar, regista politico del ‘fermo’ dei pescatori a Bengasi?
Anche in questo caso occorre precisare:
1) Non è vero che l’Italia non abbia rapporti con Haftar, tanto è vero che fu ricevuto in Italia in occasione del tentativo di accordo con al-Serraj da Conte in persona.
2) Sarebbe interessante sapere che ne è stata della richiesta di Haftar di “liberare quattro calciatori libici”, in realtà scafisti omicidi condannati in Italia a 30 anni di carcere. Una conferma che siano ancora detenuti nelle carceri italiani sarebbe gradita.
3) Come sarebbe interessante sapere che ruolo hanno avuto l’Egitto e altri Paesi nella “mediazione” con il governo di Haftar, per conto del governo italiano.
Se fosse stato pagato un prezzo economico non ci sarfebbe nulla di male, ma dubitiamo che questo sia il caso.
A sensazione c’e’ sotto altro
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