IN 14 REGIONI SU 20, IL GRUPPO UNICO DEL PDL NON C’E’ ANCORA
A SEI MESI DALLA “FUSIONE A FREDDO”, SOLO IN UNA REGIONE SU TRE IL PDL E’ DIVENUTO REALTA’ CON UN UNICO GRUPPO IN CONSIGLIO… NEGLI ALTRI FORZA ITALIA E AN MARCIANO ANCORA DIVISI: LOTTE INTESTINE E DOPPIO RIMBORSO ALL’ORIGINE DEL RITARDO
Forza Italia e Alleanza nazionale non sono poi un così vago ricordo: in ben 14 regioni su 20, infatti, a distanza di sei mesi dai rispettivi congressi di scioglimento e dalla successiva “fusione a freddo” tra lacrime (poche) e tripudi (anch’essi scarsi), il “gruppo unico” è ancora un fantasma del castello. Si aggira per i corridoi delle sedi regionali, ma non si manifesta direttamente.
In due terzi delle regioni, berluscones ed ex missini viaggiano separati, nonostante gli imput dall’alto, con relativi gruppi consiliari, segreterie e portaborse.
Il sistema adottato da molti è aver denominato i rispettivi gruppi con la sigla “Forza Italia verso il Pdl” oppure “An verso il Pdl”, ma se tale dicitura poteva avere un senso prima dello svolgimento dei rispettivi congressi di scioglimento e la successiva nascita del Pdl, che significa oggi andare verso qualcosa che già esiste da sei mesi?
O ci vai o non ci vai, direbbe un cittadino avulso dal politichese.
Le regioni dove i gruppi sono ancora distinti sono tante: Liguria, Calabria, Basilicata, Molise, Campania, Marche, Umbria, Toscana, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Lazio. Proprio nel Lazio la sostituzione recente del capogruppo di “Forza Italia verso il Pdl” ha evidenziato il momento di difficoltà : invece di cogliere l’occasione per fare gruppo unico, ci si è limitati ad un normale avvicendamento, nell’ambito del partito di appartenenza.
Solo in sei regioni la fusione è stata fatta: Valle d’Aosta, Trentino, Friuli, Abruzzo, Sardegna e Sicilia.
Non c’è dubbio comunque che qualora ci fosse stata una comune volontà politica, i gruppi consiliari unici avrebbero potuto essere realizzati in tutta Italia.
Quali sono i motivi per i quali invece sopravvivono i vecchi raggruppamenti?
Sono ragioni sia politiche che economiche.
Avere due gruppi consente la possibilità di raddoppiare gli interventi in aula, una maggiore possibilità di essere ascoltati e ripresi sui media, contando su due distinte casse di risonanza. Soprattutto però due gruppi consiliari vogliono dire due rimborsi elettorali e la possibilità di gustare fette di torta più ampie di quella che toccherebbe a un solo gruppo unico.
Così meglio annunciare l’operazione, ma evitare di portarla a termine.
Esiste poi un’altra ragione, squisitamente politica: la volontà in larga maggioranza di restare separati, perchè separate sono spesso sul territorio le storie, le clientele, i luoghi e i rapporti tra le due anime.
Realizzare l’unione localmente dove tensioni, gelosie, ambizioni, lottizzazioni e visione della politica sono difformi spesso è quasi impossibile, forma a parte.
Non dimenticando che il famoso rapporto 7 a 3, come quota e peso di rappresentanza, in occasione delle prossime elezioni regionali, crea già tensioni non da poco: troppo diverse le realtà locali da quelle nazionali.
Si paga, anche se l’essere al Governo per ora tempera le difficoltà , una fusione a freddo, voluta dai leader, ma assolutamente sentita estranea dalla base e dalle dirigenze locali.
Finchè le cose vanno bene, non emergeranno contrasti troppo evidenti: ma le unioni si dimostrano salde nei periodi di difficoltà e allora per il Pdl non saranno certo più rose e fiori.
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