INTERVISTA A FITTO, L’AVVERSARIO DI ALFANO: “AZZERARE TUTTO E POI IL CONGRESSO”
“OCCORRE UNA NUOVA LEGITTIMAZIONE”…. “LA LINEA DI ALFANO? E’ SUBALTERNA ALLA SINISTRA”… MA SU FITTO PESA LA CONDANNA PER CORRUZIONE A 4 ANNI PER UNA TANGENTE DA 500.000 EURO
Non vuole posti, nè prebende, nè «strapuntini». Respinge al mittente tutte le offerte che, in queste ore, gli stanno arrivando. E dopo settimane di silenzio, nelle quali non ha fatto nè la parte del falco nè quella della colomba, Raffaele Fitto esce allo scoperto
La sua è una sfida ad Alfano sul terreno più delicato ma anche più esiziale per la vita di un partito: quello delle regole.
Perchè l’ex ministro e potente ex presidente della Puglia – forte di numeri importanti sul territorio, in Parlamento e anche punto di riferimento di parecchi big del Pdl – chiede, e subito, «l’azzeramento di tutti gli incarichi di partito e la convocazione di un congresso».
Altro insomma che accettare di dividere un pezzo della torta – che si chiami direttorio o comitato – con gli altri filo-alfaniani e no in un partito diretto con mano forte dal vicepremier.
Tutto, secondo Fitto, dopo questo passaggio deve essere rimesso in discussione.
Dalla linea politica fino, appunto, al segretario. E lui, in questa battaglia, sarà in prima linea, magari proprio a capo della vasta area del partito – che lui ribattezza come «i lealisti» – in parte già schierata in parte attenta ma ancora in attesa di sviluppi.
Alfano ha indubbiamente ottenuto una vittoria politica sulla fiducia, è già segretario, e adesso offre anche a voi che non eravate schierati con lui spazio nella nuova Forza Italia. Non vi basta?
«Guardi, se qualcuno pensa che questa nostra iniziativa sia finalizzata ad ottenere qualche incarico, si sbaglia di grosso. Forse sono voci volutamente messe in giro per sminuire la portata della nostra azione. Sarebbe poi interessante sapere se si parla di Forza Italia o del Pdl, che non è un dettaglio».
Però non sono ruoli da poco quelli di cui si parla: se saltassero i coordinatori Verdini e Bondi, i «falchi» Santanchè e Capezzone, perfino il capogruppo di Brunetta – tutte richieste che sarebbero arrivate in qualche modo dai «governativi» – si aprirebbero molti spazi. Lei non è interessato?
«Assolutamente no. E pensarlo vuol dire non aver compreso che non è un problema di strapuntino personale ma un grosso problema politico».
Ma quando dice «noi» cosa intende? Chi siete, cosa è che vi caratterizza?
«Siamo in tanti, e abbiamo deciso di chiamarci lealisti. Siamo quelli che non si limitano solo ad inviare comunicati stampa quando viene commesso un gravissimo atto come in giunta al Senato venerdì. Siamo quelli che si rifiutano di accettare che 20 anni di nostra storia, di passione, di idee, di coinvolgimento di milioni di italiani attorno a Berlusconi possano essere raccontati come un romanzo criminale. Siamo quelli che sostengono con forza la battaglia contro l’oppressione fiscale, e che vogliono scelte chiare sul taglio della spesa pubblica. E, infine, siamo quelli che credono nel bipolarismo e nel presidenzialismo, in una chiara democrazia dell’alternanza che costruisce un centrodestra modernizzatore, appena superata questa fase di transizione del governo di larghe intese. Insomma, siamo quelli leali con Berlusconi e le sue politiche».
Cioè, Alfano e i suoi non lo sono?
«Io parlo della nostra valutazione. Poi ognuno si comporta e si comporterà come vuole».
Dicono che lei con Alfano ha un conto aperto, che dopo anni di collaborazione oggi i vostri rapporti siano ridotti a zero. E’ così?
«Rischierei di essere ipocrita e bugiardo, invece dirò la verità : in politica si alternano fasi di più o meno intensa collaborazione, e in questo periodo io non condivido la sua azione politica, che rischia di costruire un centro politicamente e culturalmente subalterno alla sinistra».
Ma dove vede questi cedimenti?
«Per esempio sul tema delle riforme istituzionali, concordate con il Pd, è sparito dall’agenda il tema della riforma della giustizia, nonostante anche i recenti richiami dell’Europa. Perchè?».
Questa contrapposizione nel partito metterà a rischio il governo?
«Noi sosterremo lealmente il governo, come ci ha indicato nel suo intervento in Aula il presidente Berlusconi, e senza alcuna ostilità . Vigileremo però con molta attenzione, per evitare che un governo di larghe intese si trasformi in un governo di sotto intese…».
Ma con questi presupposti il partito può davvero restare unito?
«Io condivido l’appello all’unità di Bondi e i ripetuti richiami in tal senso degli amici Matteoli e Gasparri. Ma quello che è accaduto in questi giorni non può lasciarci indifferenti, e merita una seria riflessione».
Intende la guerra tra governativi e duri e puri?
«Beh, tanti moderati non hanno condiviso e non condividono la contrapposizione ornitologica tra falchi e colombe, che hanno finito con il danneggiare l’immagine del partito ed hanno costretto il presidente Berlusconi ad estenuanti mediazioni interne fino a pochi minuti prima del voto».
E allora come se ne esce?
«Considerando finita la stagione dei vertici autoreferenziali di nominati. Occorre, così come ci ha sempre ricordato Alfano di cui cito le parole il giorno della sua nomina a segretario “la legittimazione dal basso, rispettando il principio anatomico secondo il quale il corpo umano è predisposto per sedere su una sola sedia, anche per evitare di lasciare vuote le funzioni esercitate sulle altre”».
Insomma, basta con i nominati, a partire dal segretario?
«Il vero nodo per recuperare l’unità di tutti è quello di una legittimazione che preveda l’azzeramento di tutti gli incarichi di partito, e la convocazione di un congresso straordinario che discuta e decida la linea politica e che faccia esprimere direttamente i nostri elettori per l’elezione del segretario, degli organismi dirigenti, da Roma fino al più piccolo dei nostri paesi».
(da “il Corriere della Sera“)
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