LA BOTTA E’ ARRIVATA, SALVINI HA RIPRESO A FUMARE
L’INCERTEZZA SI INSINUA NEL GOVERNO… ANCHE SE NESSUNO VUOL TOCCARE LA MANOVRA (PER ORA)
Nel cortile della Camera dei deputati è scesa precocemente la notte. Piove sui palazzi del nuovo
potere gialloverde. Dal cielo, ma anche da Bruxelles, che con parole di inusitata durezza ha bocciato una volta per tutte la legge di bilancio e si avvia verso la procedura d’infrazione.
C’è un uomo, accanto all’antica vasca che ha visto crescere e morire l’impero romano, illuminato dalla luce dello smartphone che sta compulsando.
Matteo Salvini aziona il blocca schermo e si concede una lunga tirata dalla sigaretta accesa.
Aveva smesso di fumare, il “capitano”, aveva tenuto costantemente aggiornati i suoi fan dei progressi faticosamente fatti nelle settimane della crisi di governo. Un mozzicone, l’ennesimo di una giornata passata a Montecitorio, che è quasi il paradigma della tensione che si respira in casa gialloverde.
I due vicepremier (anche con Giuseppe Conte, la mattina) presidiano l’aula fino all’ultimo voto segreto dopo lo scivolone di mercoledì: c’è da portare il decreto su prescrizione e anticorruzione a casa, da dare plasticamente una dimostrazione muscolare per mettere la museruola ai propri peones, ma soprattutto ai reciproci sospetti che rendono mefitica l’aria.
C’è un unico punto di contatto, quasi sorprendente: il muro totale alzato contro l’Europa. Domani alle 17 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte terrà una informativa urgente nell’Aula della Camera sulla bocciatura della Manovra da parte della Commissione Ue.
Ci sono riunioni tecniche che si susseguono durante la giornata, a livello di sottogoverno e di presidenti di Commissione.
Ma i tre leader non fanno una piega, non ne parlano se non incidentalmente, ripiegati su se stessi e sui propri problemi interni. “Cosa c’è da discutere, fino a questo punto i passaggi li conoscevamo”, ha commentato Luigi Di Maio con i suoi.
La forzatura italiana e il niet europeo erano stati messi in conto. È adesso che si inizia a camminare in terra incognita.
Chi è stato vicino ai tre leader in queste ore suona all’unisono uno spartito: il deficit non si tocca, il fondo da 16 miliardi che contiene la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza è blindato.
Restano le briciole, spostamento di soldi laterali a saldi invariati che serviranno a poco per convincere la Commissione.
La traversata nel deserto ha un respiro di medio termine, e uno cortissimo.
Il primo è tentare in tutti i modi di disinnescare la procedura d’infrazione, su cui l’Europa ha un paio di mesi per decidere. “Vorrei evitare la procedura, ma non posso accettare nessun tipo di ricatto”, ha tuonato Pierre Moscovici.
Il secondo guarda alla cena di sabato sera tra il presidente del Consiglio e Jean Claude Juncker.
La giornata è sgonfia sul tema europeo, ma la tensione rimane alta. Perchè il sentiero è sconosciuto e i mercati imprevedibili. E in un clima di reciproco sospetto c’è già chi, sul versante 5 stelle, imputa a quota 100 il principale motivo del pollice verso. E chi, sul fronte Lega, addita viceversa il reddito di cittadinanza.
A sera due leghisti parlottano fra di loro. Il cambio totale di vita, la lontananza dalle famiglie. Meditano se farle trasferire a Roma. “Ma se poi fra due o tre anni cambia tutto che le fai venire a fare?”, dice uno. L’altro sorride, lo guarda e ammicca: “Due o tre anni? Molto prima amico mio, molto prima”.
(da “Huffingtonpost“)
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