LA CRISI DI NERVI CHE SCUOTE UN PD SENZA CORAGGIO E ORGOGLIO
LO STRANO CASO DI UN PARTITO CHE VINCE LE ELEZIONI, PUO’ DARE LE CARTE MA NON E’ UNITO… MENTRE IL CENTRODESTRA BERLUSCONIANO CHE LE HA PERSE SEMBRA DETTARE LE CONDIZIONI GRAZIE ALL’ILLUSIONISMO DEL SUO LEADER
Per la prima volta nella storia repubblicana un partito di sinistra ha vinto le elezioni politiche o almeno è arrivato primo in termini di voti (i grillini imparino a contare e abbandonino la loro infantile arroganza) e detiene la maggioranza assoluta dei seggi nella camera più rappresentativa.
La destra berlusconiana non ha ragioni per lamentarsi di questa distorsione della rappresentanza: il porcellum con il premio di maggioranza lo ha voluto lei.
Inutile che si metta a strillare che non è giusto che chi arriva primo si prenda tutto, ci doveva pensare prima quando ha confezionato quella legge elettorale a suo uso e consumo.
Il Pd è quindi il primo partito, quello che ha in mano quasi tutte le carte.
Il Pdl, al contrario, è precipitato al terzo posto perdendo circa la metà dei suoi voti e raccogliendo un risultato abissalmente lontano da quanto Forza Italia e Alleanza Nazionale insieme ottenevano.
La destra italiana, Lega compresa, non è mai stata così debole.
Anzi, al di sotto di questa quota difficilmente potrà scendere. Eppure si comporta da vincitrice.
E con questo si conferma la fantastica dote illusionistica del suo leader , capace di trasformare una cocente sconfitta in una simil- vittoria. Berlusconi riesce a farlo perchè trova compiacenti cantori in quella opinione pubblica che fino a qualche mese lo dipingeva quasi con disprezzo— si parlava addirittura, con atteggiamento maramaldeggiante, di “declino fisico” — mentre ora, spaventati del ritorno del Caimano si affrettano a cantare le lodi, salvo qualche piccola tirata di orecchie per un nonnulla come l’assalto al Palazzo di Giustizia di Milano
Ernesto Galli della Loggia nella sua recente requisitoria contro la classe dirigente nazionale avrebbe dovuto aggiungere anche la propensione al salto nel carro dei vincitori: una specialità in cui non temiamo confronti, purtroppo.
Ma la sensazione di una destra vittoriosa pur ridotta al lumicino viene anche dalle contraddizioni del Pd.
Solo un partito confuso e incerto può lasciar cadere nel dimenticatoio il risultato che ha raggiunto.
Che sia avvenuto per il rotto della cuffia e sia monco di una maggioranza in una Camera deve essergli ben presente per non cadere nel delirio di onnipotenza.
Però c’è un limite anche al masochismo. Il Pd vi si sta invece tuffando dentro. Gli manca la convinzione di sè.
Si sta ripetendo quanto era avvenuto nel 2008 quando l’ottimo e insuperato risultato di allora venne buttato alle ortiche e il partito si pianse addosso per non aver vinto, cioè per non essere arrivato primo.
Ora che il Pd ce l’ha fatta, di nuovo rischia la crisi di nervi.
Per arrivare al traguardo Bersani deve superare ogni tipo di ostacolo, ivi compreso quello che viene dalle sue file, dalla mancanza di sostegno effettivo al suo tentativo. Anche se nessuno ha il coraggio e l’onestà di dichiararlo apertamente nelle sedi proprie, e non nei salotti televisivi, a Bersani manca quello che sorregge Berlusconi: un partito unito, disposto a seguirlo fino in fondo.
Questa debolezza ha ridotto fin da subito le chance di successo del segretario del Pd. Se così non fosse, il partito avrebbe avuto buon gioco a dire che questa era l’unica possibilità per proseguire la legislatura: quando si ha il controllo di una Camera non si può forse governare ma certamente si può impedire di fare nascere ogni altro governo. Oggi invece assistiamo ad un Berlusconi che impone— o per lo meno cerca di imporre — le sue scelte ed è pronto con il suo 30% a scatenare le piazze e impedire alle camere di lavorare, mentre il Pd se ne sta come un agnellino tremante ad attendere che sorte gli toccherà , senza avere il coraggio delle proprie scelte.
A forza di essere responsabile e ragionevole come molti gli intimano di fare, il partito perde ogni credibilità .
Di fronte a tante e tali pressioni il Pd può reggere solo se si dimostra compatto e consapevole della propria forza e della gravità della sfida.
Se ritiene cioè di avere ancora un “senso” e quindi una mission.
O il Pd comprende che verrà giudicato dal suo elettorato – indipendentemente dalle valutazioni della cosiddetta classe dirigente – sulla capacità di reggere sulle proprie posizioni e di non cedere al ricatto del Signore di Arcore, oppure le sue spoglie saranno spartite tra grillini e altri che verranno.
Piero Ignazi
(da “La Repubblica”)
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