LA DESTRA DOPO BERLUSCONI? SPORCATA, NON RIPULITA
LA DESTRA PRE-BERLUSCONIANA ERA PLURALISTA E PRAGMATICA, LAICA E INTERCLASSISTA… BATTEVA LA DC E RUBAVA VOTI A SINISTRA PARLANDO DI LAVORO, DIRITTI, INTEGRAZIONE E AMBIENTE
E’ uscito da un paio di giorni un altro libro che racconta il rapporto tra la destra romana e Silvio Berlusconi: si intitola “Ripuliti” (di Daniele Nalbone e Giacomo Russo Spena, Castelvecchi editore) e contiene una serie di interviste a parlamentari del Pdl unanimi nel riconoscere al Cavaliere il merito di aver sdoganato la classe dirigente del Msi prima e poi di An, comprese le aree estremistiche provenienti da segmenti come Terza Posizione o Meridiano Zero.
In questi giorni si accende la discussione su un’altra realtà traghettata da posizioni di margine a ruoli di grande potere: quella di Comunione e liberazione, nella versione lombarda di Roberto Formigoni, travolta dagli scandali dopo l’arresto di uno dei suoi uomini di punta, Massimo Ponzoni. Il modello romano da una parte, il modello lombardo dall’altra.
Fa impressione, per chi come me li ha conosciuti entrambi tra gli anni ’70 e ’80, verificarne il declino delle ispirazioni originarie.
Cl, come ricorda il mio amico Luciano Lanna che li ha frequentati molto, giocò la sua scommessa sul superamento del clericalismo e su un movimentismo capace di aprire alle “contaminazioni” con i Verdi di Alex Langer, con i missini nelle liste comuni di Tor Vergata, con i socialisti, i liberali e persino con esponenti del Pds all’epoca della “corrente del Golfo” contro la prima aggressione americana all’Iraq.
Ora è una rete imprenditoriale di oltre trentamila aziende che fatturano 70 miliardi e sostengono un ufficio di collocamento politico un po’ da operetta e un po’ da galera: i listini stile Nicole Minetti e gli assessorati stile Ponzoni.
La parte migliore dei ciellini, i ragazzi degli anni ’80, “se ne vanno — ha raccontato Sette — denunciando un clima settario che regna in un movimento sempre più dedito al potere e agli affari”.
Una analoga parabola si può leggere nel racconto dei “Ripuliti” .
Qui il vasto e plurale mondo della destra politica italiana, il mezzo secolo di storia del Msi e la sua avventura non solo elettorale, vengono compressi nel racconto berlusconiano degli “sdoganati”. Marcello de Angelis, Roberta Angelilli e Fabio Rampelli, intervistati dagli autori, raccontano i loro percorsi biografici come una sorta di lunga preparazione all’avvento del redentore che avrebbe rotto il tabù dell’impresentabilità missina.
Mi ha fatto arrabbiare, quella lettura, perchè tradisce la storia e la stessa fisionomia della destra che ben prima della discesa in campo di Silvio, nel ’93, aveva conquistato amministrazioni importanti — penso a Benevento, a Viterbo, alla provincia di Roma — proprio in virtù della “pulizia” dei suoi candidati e al nuovo meccanismo dell’elezione diretta dei sindaci.
Era una destra assai più plurale e pragmatica di quella a cui ci ha abituato il Cavaliere. Sicuramente più laica e interclassista.
Batteva la Dc e “rubava” voti a sinistra parlando di lavoro, diritti, integrazione, ambiente.
Con l’anticomunismo si apprestava a chiudere i conti (gente come Pasquale Viespoli, eletto sindaco a Benevento, l’aveva archiviato già da un decennio ) ed era del tutto estranea alle dinamiche estremistiche dei micro-gruppi descritti da Russo Spena e Nalbone.
Vent’anni dopo lo schema è rovesciato.
La destra toccata dal berlusconismo ha enfatizzato il peggio del suo percorso storico — l’attitudine muscolare, la xenofobia, il machismo, le tentazioni extraparlamentari, il reducismo — e cancellato il meglio, a cominciare dallo spirito anticonformista e dal senso della legalità che ne sono stati i fondamenti addirittura “antropologici”.
Le parabole parallele di Cl e della destra postmissina sono la cartina al tornasole del portato storico del berlusconismo, che ha agito sulle filiere politiche italiane più vivaci degli anni ’90 in modo più profondo, e forse definitivo, di quel che appare.
Dal mio punto di vista, se mai dovessi scrivere un saggio su tutto ciò, lo titolerei al contrario di Nalbone e Russo Spena: “Gli sporcati” mi sembrerebbe più opportuno.
Flavia Perina
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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