LA NAZIONALE DEL BIKE POLO DAL LEONCAVALLO AGLI EUROPEI
A MILANO NEL CENTRO SOCIALE CI SI ALLENA PER IL TORNEO CONTINENTALE
Dal Leoncavallo di Milano ai campionati europei di Perpignan in sella a una bici.
Forse non diventerà mai uno sport olimpico, ma il bike polo ha conquistato una nicchia di appassionati. La squadra milanese è una piccola comunità impregnata della cultura dei messenger americani e andrà il 2 agosto in Francia per cercare di vincere il titolo europeo. Per prepararsi si ritrovano ogni mercoledì nel salone dei concerti del centro sociale trasformato in campo per gli allenamenti.
Sono i migliori in Italia, insieme a due squadre di Vicenza, e sfideranno 32 team continentali.
Quattro giorni immersi in gare da 10 minuti per un ritrovo diventato esperienza sportiva collettiva. Per cimentarsi occorrono bici, mazze, protezioni e un campo in cemento. E poche regole: si gioca 3 contro 3, si segna un punto nella porta avversaria colpendo la pallina solo con la mazza dal verso più piccolo, vietato appoggiare i piedi per terra. Il resto è sudore e polso.
Lo spirito è quello degli sport underground: gioco pulito, pochi soldi e tanta voglia di condivisione.
Il polo metropolitano ha sostituito il cavallo con una bici ultraleggera alla fine degli Anni 90 a Seattle, e poi New York tra i corrieri che consegnano la posta.
In quegli anni erano i «fissaioli» di tutto il mondo a dettare la linea: un solo rapporto a scatto fisso per la ruota di dietro che non permette di pedalare a vuoto ma solo di rallentare bruscamente l’andatura. Nata per i velodromi è diventata una vera e propria moda globale. Sbarcata in Italia alla fine degli anni zero, ha coinciso con le prime reunion di bike polo a Milano. Replicate nel Nord Est, nelle Marche fino a Taranto, Catania e Cagliari. Oggi nella Penisola si contano venti squadre, sfide ogni mese e nell’ultimo anno anche un torneo tutto femminile.
«Dopo anni di vagabondaggio nei parchi e in piazza San Fedele abbiamo trovato casa al Leoncavallo dove abbiamo un campo dotato di sponde, porte regolamentari e fari per giocare di sera», racconta Davide, 39 anni, uno dei primi fondatori della onlus Bike Polo Milano: «Siamo partiti nel 2008, trovandoci tra “fissaioli” uniti dalla stessa cultura e passione. Una ragazza finlandese del nostro gruppo ci ha raccontato di questo sport e ci siamo fatti le prime mazze da soli».
La voglia di sfide non si è fermata alla penuria di spazi ad hoc da 40 metri per 20.
Matteo ha 42 anni, gioca ed arbitra: «A metà strada tra l’hockey e il basket, all’inizio valeva tutto: blocchi, bici contro bici e spintoni. Spesso si rischiava la rissa. Poi è arrivato il fair play, si gioca più pulito, più veloce. È diventato quello che noi chiamiamo “polo pleasure”, piacere puro che ci unisce con le altre realtà francesi, svizzere, tedesche e polacche che ospitiamo quando organizziamo i tornei».
La breve storia del polo su cemento coincide con l’esplosione dei social media. In Rete si discute di regolamenti, location adatte per infinite partite e altrettanti infiniti dibatti se aprire a sponsorizzazioni e brand del settore.
«Noi abbiamo scelto di restare autonomi, fedeli allo spirito della cultura di strada. Nessuno di noi vuol diventare ricco e preferiamo restare puri: a Perpignan c’è in palio una coppa e tanta gloria», sottolinea Riccardo che ha unito passione e professione con il lavoro di corriere.
Puri e senza sponsor oggi gravitano a Milano una ventina di giocatori dai 20 ai 40 anni: si fanno costruire telai su misura e montano freni a disco potenziati. I prezzi variano da 500 a oltre duemila euro. Le bici le usano esclusivamente in pista e per andare agli allenamenti. In pochi hanno resistito al fascino dello scatto fisso e sono passati a quelle classiche con un solo rapporto per accelerazioni e frenate violente. Tutti i biker concordano che uno dei limiti alla sua espansione è la difficoltà di trovare nuove leve.
«Per chi si avvicina non è facile: in equilibrio su due ruote, una mano sul manubrio e l’altra a provare di colpire la pallina. Senza cadere nè investire gli altri giocatori. In tanti provano e mollano», racconta Pietro, 31 anni, grafico. Resiste uno zoccolo duro di vecchi e new entry, dotati di resistenza e abilità . Anche due ragazze in questa comunità che condivide viaggi e serate.
Anastasia, insegnante di yoga metà russa e metà americana si è appassionata dopo che ha visto un cortometraggio: «Ho cercato questo gruppo su Facebook, sono venuta qui, mi hanno prestato una bici e dopo un po’ di pratica ho giocato. Mi è piaciuto subito questo spirito, molto poco milanese».
Uno spirito così forte che spinge Eleonora, 35 anni, ad arrivare ogni mercoledì da Genova per gli allenamenti: «Tre anni fa ero in una fase di noia e cercavo un nuovo sport. Nel bike polo devi crederci, farti male, è uno gioco fisico e pericoloso».
(da “La Stampa”)
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