LA STRATEGIA MELONI SUL PNRR, INCASSA IL MALLOPPO E POI SI VEDRÀ: SUI 102 MILIARDI DI FONDI DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA RICEVUTI DA BRUXELLES FINORA NE SONO STATI INVESTITI APPENA 45, MENO DELLA META’
E LA MAGGIOR PARTE È STATA “MESSA A TERRA” DAL GOVERNO DRAGHI – EPPURE LA DUCETTA SI VANTA DEI RISULTATI OTTENUTI: “RICORDATE I CATASTROFISTI DELLA SINISTRA? ‘IL GOVERNO MELONI CI FARÀ PERDERE I SOLDI DEL PNRR, SPERIAMO’. È ANDATA DIVERSAMENTE…”
A metà percorso in vista della scadenza del 2026, la spesa rendicontata del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha raggiunto quota 46,5 miliardi di euro su 191,49 totali da investire entro i prossimi due anni e mezzo. Di questi, 24,48 miliardi sono stati spesi nel 2021 e 2022, in gran parte dal governo di Mario Draghi.
Nel 2023 invece sono stati spesi 21,17 miliardi di euro. È questa la principale novità contenuta nella Relazione sull’attuazione che il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto sta per presentare oggi alla Cabina di Regia prevista a Palazzo Chigi.
Il traino dei ministeri Ambiente e Imprese
Una parte importante della spesa effettuata fino ad ora sembra attribuibile agli incentivi automatici, tramite i crediti d’imposta previsti con il Superbonus 110% (ristrutturazioni immobiliari) e Transizione 5.0 (investimenti delle imprese nell’autoproduzione di energia, in gran parte). Lo si desume dal fatto che i ministeri ai quali fanno capo i due progetti, Ambiente e Imprese, sono fra i più avanti nell’esecuzione delle proprie parti di Pnrr. L’Ambiente ha già speso 14 miliardi sui 34 (il 41% del totale), in gran parte a titolo di crediti d’imposta sul Superbonus. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha già speso 13,6 miliardi su 19,6
Gli altri ministeri
Fuori da queste somme (cioè fuori da una gran parte dei quasi 28 miliardi spesi tramite i crediti d’imposta a famiglie e imprese) c’è il resto della spesa del Pnrr realizzata fin qui. In particolare la Relazione oggi in Cabina di Regia indica che nel 2023 il ministero dell’Ambiente ha assorbito 5,2 miliardi di spesa (in gran parte da Superbonus) e il ministero delle Imprese altri 7,2 miliardi (in gran parte da Transizione 5.0).
Il resto dei ministeri, quelli che devono presiedere alla realizzazione di bandi, aggiudicazioni, appalti e realizzazioni delle opere, hanno speso in totale altri nove miliardi circa sempre nel 2023. E dovrebbero spendere ben più di altri cento miliardi nei due anni e mezzo che mancano fino alla fine del piano.
I ritardi da colmare
Di certo l’attuazione concreta del Pnrr nei ministeri e nei dipartimenti che non possono affidarsi a incentivi automatici, ma devono far funzionare le amministrazioni sulla realizzazione degli appalti, presenta ancora dei ritardi. In alcuni casi, drammatici.
Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a fine 2023, ha appena lo 0,81% di spesa rendicontata sul proprio portafoglio del Recovery da 7,2 miliardi di euro. Anche il dipartimento Affari regionali e Autonomie è appena allo 0,81% sul proprio portafoglio, pur piccolo, da 135 milioni.
Fortissimi ritardi si registrano anche nel ministero del Turismo – in teoria una delle grandi risorse per sostenere la ripresa – con un assorbimento di appena il 2,8% del budget e appena 24 milioni spesi l’anno scorso su progetti totali per 2.400 milioni
Il caso del ministero dei Trasporti
Il ministero dell’Interno è al 23,4% di spesa rendicontata, mentre un discorso a parte merita uno dei fronti più delicati: il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti guidato da Matteo Salvini. Si tratta di un portafoglio di particolare importanza, anche perché include tutte le opere ferroviarie e portuali, con un budget complessivo di 39,7 miliardi di euro. Qui la realizzazione rendicontata appare piuttosto bassa, al 15,3%, ma è possibile che alcune opere di Rete ferroviaria italiana siano già in fase più avanzate ma senza ancora la piena rendicontazione della Ragioneria dello Stato.
In ritardo anche il dipartimento della Trasformazione digitale (situato a Palazzo Chigi) che con 12,8 miliardi sovrintende alla posa della banda larga, alla digitalizzazione delle amministrazioni e all’installazione della capacità di cloud. Qui a fine 2023 la spesa ha raggiunto appena il 9,6% del totale.
Nel complesso dunque la strada per la realizzazione del Pnrr è ancora lunga e il ritmo per percorrerla tutta – al netto dei crediti d’imposta – non è ancora quello giusto
(da La Repubblica)
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