LA UE PUNTA ANCORA SU CONTE PER LA STABILITA’
NON VEDONO ALTERNATIVE CREDIBILI… ORA SI ATTENDONO LE RISPOSTE SUL RECOVERY FUND
L’eco delle fibrillazioni di maggioranza è arrivata anche a Bruxelles e nelle cancellerie europee. Accade sempre per ogni paese membro, ma in particolar modo accade adesso con un’Italia che concentra su di sè un surplus di attenzione: è destinataria della parte più cospicua del recovery fund, ben 209 miliardi di euro.
Ma è proprio quest’ultimo elemento, centrale in epoca di pandemia, a rafforzare la propensione naturale delle cancellerie europee per la stabilità di governo. Malgrado le fibrillazioni, anche da Bruxelles non si vede un’alternativa pronta per un altro esecutivo in Italia.
Soprattutto a partire dalla crisi economica del 2008, a Bruxelles si tende ad escludere il vuoto di potere negli Stati membri.
Scriverne non è eresia ma realtà di una Unione che, sebbene sia ancora fatta di sovranità nazionali, è così interconnessa da aver introdotto ‘de facto’ un meccanismo di sfiducia costruttiva nei paesi che la compongono.
Se un governo arriva alla fine, è perchè in qualche modo è pronto il sostituto (accadde nel 2011 nel passaggio da Berlusconi a Monti o nel passaggio dal Conte 1 al Conte 2 l’anno scorso) oppure ci sono le elezioni (di solito a fine legislatura).
A quanto confidano fonti Ue a taccuini ovviamente chiusi, nessuno dei due casi si avvicina alla situazione odierna in Italia.
Malgrado la trepidante attesa europea di conoscere come il governo di Roma gestirà il recovery fund, Giuseppe Conte ha ancora quella ‘copertura’ continentale per stare al governo.
Certo le aspettative sono pressanti: la dotazione di 209 miliardi di euro fa della mission italiana una sorta di ‘test pilota’ valido per tutta l’Ue sulla capacità di riagganciare la ripresa dopo la crisi del covid. Ma prima di cambiare cavallo, in Europa vogliono intravedere l’alternativa.
E’ per questi meccanismi che spesso da Bruxelles si intravedono le mosse politiche che poi avvengono in Italia.
A luglio dello scorso anno, la scelta della Lega di sfilarsi dal voto dell’Europarlamento su Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea e la decisione opposta degli eletti cinquestelle di appoggiare questa nomina, lasciarono chiaramente intendere che il legame di governo tra i due partner politici si era rotto.
Di lì a un mese, i noti accadimenti italiani e la nascita del governo Pd-M5s. Conte uscì di nuovo premier dal G7 di Biarritz a fine agosto, dove fece il pieno dei sostegni internazionali a partire da quello di Donald Trump.
Oggi in Europa ci sono quattro eurodeputati che si sono dimessi dal Movimento per aderire ai Verdi europei. La cosa stra provocando scontri interni al calor bianco: da Roma, i vertici del M5s chiedono ai quattro fuoriusciti di dimettersi anche dalla carica di eurodeputati.
Ma tutto questo non è la miccia di deflagrazione dell’alleanza di governo. Agli scontenti del sì pentastellato sulla riforma del Mes, ci pensa Beppe Grillo: “Non vi incaponite, la Mes è finita”. Per dire: abbiamo dovuto tenere ‘contenta’ l’Europa sul sì alla riforma del Salva Stati che però non useremo mai, state tranquilli, il fondatore dà la sua parola.
E in effetti sul Mes le istituzioni europee sono abbastanza soddisfatte del risultato. Dopo un anno di attesa, hanno ottenuto il sostegno italiano, sempre promesso dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, infine maturato nel difficile rapporto tra i due partner di maggioranza Pd e M5s.
Al momento, l’interesse principale di Bruxelles e delle cancellerie europee non è sull’uso della linea di credito istituita per la pandemia all’interno del Salva Stati.
Su questo anche lo stesso direttore del Mes, il tedesco Klaus Regling, ammette: “Per la crisi del covid, l’Europa ha messo in campo anche altri strumenti finanziari”.
Normale, insomma, che il Mes finisca in un ruolo marginale, anche perchè — sebbene Regling non la metta così, ma altri osservatori sì, a partire dall’istituto Jacques Delors di Parigi – la crisi del debito greca ha in qualche modo insegnato agli Stati a starci lontani.
In Europa adesso sono tutti concentrati sulla riuscita del recovery fund. A partire dal suo lancio effettivo: tanto che, confermano fonti europee ancora oggi, l’idea di andare avanti a 25, se non si riuscirà a convincere Ungheria e Polonia, è sempre più realistica. Tutto pur di mandare avanti un piano che, nel bel mezzo di una seconda ondata di contagi che nessun paese europeo riesce a domare, è davvero l’unico fiore all’occhiello di cui l’Ue possa andare fiera in questi tempi complicati.
Viene da qui l’attenzione che si riversa sull’Italia, con il suo bottino di 209 miliardi di euro e la responsabilità di fare bene per tutta l’Europa. Prima di tifare Conte o chi per lui, gli altri partner europei, a cominciare dai maggiori Germania e Francia, tifano stabilità . Dal loro punto di vista, è il bene più prezioso, soprattutto oggi che c’è da mettersi al lavoro per uscire dalla crisi e dalla pandemia.
A pochi giorni dal voto sull’informativa del premier in Parlamento, alla vigilia del Consiglio europeo di giovedì prossimo, anche il capo dello Stato Sergio Mattarella avverte che in caso di crisi si va al voto, rispecchiando la premura europea per la stabilità in un paese, l’Italia, da sempre osservato speciale proprio per le sue fibrillazioni perenni.
(da “Huffingtonpost”)
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