LAUREATI BOOM DI FUGHE ALL’ESTERO, LONDRA E BERLINO LE CITTA’ PIU’ SOGNATE
SECONDO I DATI ISTAT LA PERCENTUALE DI GIOVANI CHE LASCINO L’ITALIA E’ PASSATA DALL’11,9% DEL 2002 AL 27,6% DEL 2011
L’Italia non è un Paese per laureati. O almeno, non lo è più.
Lo dice il rapporto Istat sulle migrazioni internazionali e interne della popolazione residente, secondo cui la percentuale di giovani dottori che lasciano il Belpaese è passata dall’11,9 per cento del 2002 al 27,6 per cento del 2011: più del doppio in appena dieci anni.
La meta preferita?
Il Regno Unito che accoglie l’11,9 per cento dei nostri cervelli. In coda Svizzera, Germania e Francia, ma anche mete più distanti come Stati Uniti, Brasile e Australia.
Al contrario, la quota di emigrati con titolo di studio fino alla licenza media è scesa dal 51 al 37,9 per cento.
A fuggire dall’Italia, insomma, sembrerebbero soprattutto i giovani con alte aspettative d’impiego.
Nulla di nuovo, in realtà .
Già negli Anni ’50, si legge nel testo di Goffredo Fofi L’Immigrazione meridionale a Torino (Feltrinelli Editore, 1964), i primi a lasciare il Meridione per le ricche città del Nord furono gli esponenti della piccola-media borghesia: sarti, artigiani, commercianti che potevano permettersi il sogno di una nuova vita.
Ora, in tempi di precariato e disoccupazione giovanile alle stelle, a partire sono sempre i figli della classe media: hanno un titolo di studio elevato, soldi sul conto corrente e, spesso, il sostegno delle famiglie.
Ma che cosa cercano i ragazzi in fuga dall’Italia?
Mariolina Eliantonio, 34 anni di Pescara, ricercatrice e insegnante presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Maastricht, non ha dubbi: lavoro, meritocrazia e senso civico.
«In Italia – spiega in una recente intervista a La Stampa – la carriera universitaria è impossibile, tutti sanno che le selezioni per i dottorati non sono trasparenti. E non parliamo dell’avvocatura, per anni non vedi un soldo. In Olanda, invece, ho trovato rispetto e solidarietà sociale. Qui lo Stato non è percepito come un’entità estranea che chiede tasse e non restituisce. Il senso di comunità è molto forte. Se tornerei indietro? Assolutamente no».
Le statistiche, d’altronde, le danno ragione.
L’Istat rileva che il numero di italiani che, sempre nel periodo 2002/2011, si è iscritto dall’estero nel registro dei residenti è diminuito da oltre 35mila a 22mila unità .
Anche in questo caso, però, risulta in aumento la quota dei laureati (dal 13,7 al 25,9 per cento), mentre diminuisce quella di coloro in possesso di titolo fino alla licenza media (dal 66,7 al 48 per cento).
Ciononostante, nel 2011 il saldo migratorio risulta negativo sia per gli individui in possesso di titolo di studio fino alla licenza media (-5 mila 200) sia per diplomati (-6 mila 300) e laureati(- 4 mila 800): gli italiani che lasciano l’Italia sono sempre in numero maggiore rispetto a quelli che rientrano.
Enrico Caporale
(da “la Stampa“)
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