LE FAMIGLIE ITALIANE SONO PIU’ POVERE DI 15 ANNI FA: CI HANNO GUADAGNATO POCHI SUPER RICCHI
RAPPORTO CENSIS: LA RICCHEZZA REALE DELLE FAMIGLIE ITALIANE DAL 2011 E’ SCESA DELL’8,5%… GLI STIPENDI REALI SONO PIU’ BASSI DI 4 ANNI FA
La ricchezza si è concentrata sempre di più nelle mani di pochi, in Italia, mentre chi
era già in difficoltà diventava sempre più povero. Tra l’inizio del 2011 e l’inizio del 2025, in media, la ricchezza delle famiglie italiane è diminuita dell’8,5%. Si parla di ricchezza reale: hanno più soldi, ma i prezzi sono saliti e così il loro potere d’acquisto è sceso.
Il dato viene dal nuovo rapporto Censis, pubblicato oggi. E lo stesso rapporto mette in luce anche gli aspetti più problematici del nuovo boom di occupazione avvenuto negli scorsi anni. Uno su tutti: a trovare lavoro non sono più i giovani. Un altro, sollevato dall’Istat: gli stipendi reali sono ancora molto più bassi che in passato.
Nove famiglie su dieci impoverite, i più ricchi guadagnano
Per quanto riguarda la ricchezza, come detto, quella reale è scesa dell’8,5% rispetto a quattordici anni fa. Questo è il dato generale, ma la realtà è più sfaccettata. Se si immagina di prendere tutte le famiglie italiane, metterle in ordine di ricchezza, e poi dividerle in dieci gruppi uguali, la metà più povera delle famiglie (i primi cinque gruppi) ha visto la propria ricchezza calare del 23,2%. Molto al di sopra della media.
Perché non riusciamo a tassare i super ricchi?
Ancora peggio è andata – in percentuale – per chi è nel sesto, settimo o ottavo gruppo, e quindi è relativamente benestante. Per loro, il calo del patrimonio è andato dal 35,3% al 24,3%. Anche il nono gruppo, che è al secondo posto per ricchezza
complessiva, ha avuto delle perdite: -17,1%. Qui però arriva l’inversione di tendenza. Dal 2011, mentre il 90% della popolazione di fatto si impoveriva, il decimo gruppo, quello che contiene gli italiani con il patrimonio più alto, si è arricchito: +5,9%.
La situazione, così, è che quel decimo gruppo di super benestanti da solo possiede il 60% della ricchezza nazionale. Se si restringe ancora di più il campo, guardando solo al 5% delle famiglie più ricche in assoluto, il loro patrimonio vale il 48% del totale. Quasi la metà. Al contrario, la metà più povera delle famiglie si spartisce il 7,3% della ricchezza nazionale. Una percentuale che si è abbassata rispetto al 2011, quando era dell’8,7%.
Gli italiani spendono di più per comprare meno
A questo impoverimento della popolazione ha contribuito anche il picco dell’inflazione registrato negli scorsi anni, arrivato subito dopo la pandemia da Covid-19. Dal 2019 al 2024 il prezzo del carrello della spesa – cioè i prodotti alimentari, quelli per la pulizia della casa e l’igiene personale – è salito del 23%. Entrando nello specifico: +31,6% per la verdura, +27,2% per la frutta, +25,2% per il pane, +21% circa per carne e pesce.
Le famiglie sono state costrette a spendere di più per comprare meno. La spesa per gli alimentari è aumentata del 22,2%, ma la quantità di prodotti effettivamente acquistati è scesa del 2,7%. Lo stesso è successo per l’abbigliamento.
Boom dell’occupazione, ma i salari sono più bassi del 2021
Di fronte al caro vita, negli ultimi anni il governo ha rivendicato soprattutto un aumento dei posti di lavoro. Il tasso di occupazione è arrivato al 62,7%, il dato più alto di sempre per l’Italia, anche se ancora lontano dalla media Ue. Il rapporto Censis, in questo caso insieme al nuovo rapporto “Le prospettive per l’economia italiana nel 2025-2026” dell’Istat, solleva però dei punti critici.
Innanzitutto, su 833mila nuovi occupati risulta che oltre 700mila (l’84,5%) abbiano più di 50 anni. In generale il boom ha privilegiato chi è in età più avanzata, e la cosa è diventata ancora più evidente nel 2025. Da gennaio a settembre ci sono stati 251mila nuovi occupati. Ma in realtà sono state 446mila persone over 50 a trovare lavoro, mentre 110mila nella fascia di età 35-49 anni e circa 85mila under 35 perdevano il lavoro. Nello stesso periodo, tra i più giovani sono aumentati gli inattivi, ovvero quelli che non hanno un impiego e nemmeno lo cercano.
L’altro aspetto problematico sono gli stipendi. È vero che negli ultimi anni sono arrivati nuovi rinnovi dei contratti collettivi, che per molti hanno portato aumenti in busta paga. Ma non è bastato. Rispetto al 2021, per l’Istat, gli stipendi reali sono ancora più bassi dell’8,8%. Nel 2024 e nel 2025 questo margine si è ridotto di pochi decimi percentuali: di questo passo, servirebbero decenni per tornare in pari con il periodo prima dell’inflazione.
(da Fanpage)
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