LE PROVANO TUTTE, MA UNA MAGGIORANZA NON C’E’: NEANCHE FACENDO FUORI I PICCOLI PARTITI TROVANO 316 VOTI ALLA CAMERA
SECONDO EMG-LA7, ALLO STATO ATTUALE I SEGGI SAREBBERO QUESTI: M5S 219, PD 208, FORZA ITALIA 96, LEGA 94…. PD + FORZA ITALIA + AUTONOMIE ARRIVEREBBERO A 310, M5S + LEGA A 313
Se non fosse tragica, sarebbe da ridere: dopo aver discusso per mesi di maggioritario e premio di lista o di coalizione, ora Pd, M5S e Lega sono diventati gli alfieri del proporzionale alla tedesca con soglia di sbarramento al 5%., ovvero quel sistema che per Cinquestelle e padani fino a pochi giorni fa era un “attentato alla democrazia”.
Ma per chi segue le simulazioni dei sondaggisti c’è un aspetto ancora più esilarante: se con il maggioritario nessuno sarebbe riuscito a raggiungere quota 316 deputati alla Camera (quota minima per formare un governo che duri almeno un mese), ora si scopre che non si riesce a fare neppure, allo stato attuale, un governo di coalizione.
Non ci sono infatti i numeri nè per un governo Pd-Forza Italia, nè per uno targato M5S-Lega: il primo si fermerebbe a quota 310, il secondo a quota 313.
E se anche vi fossero minimi spostamenti da qui a settembre-ottobre sarebbe sempre un governo dai numeri risicati, esposto alla prima influenza stagionale di due-tre parlamentari.
In questa prospettiva fanno davvero ridere tutti, in primis i quattro megalomani che guidano i partiti maggiori e che parlano come se fossero già premier senza aver fatto due semplici conti.
Per non parlare dei partitini destinati al massacro che fingono di non temere quota 5% ma se la stanno facendo sotto perchè rischiano di scomparire.
Cominciano da questi:
All’estrema sinistra ce ne sono tre: Mpd ha circa il 3,2%, Sinistra Italiana il 2,2%, il movimento di Pisapia potrebbe arrivare a un 2%.
Diciamo che esiste una sinistra radicale che in teoria potrebbe raccogliere un 6-7% se fosse unita, ma unita non è. E non è detto che se si unisse raccoglierebbe quella percentuale. Metterli d’accordo è quasi impossibile, l’unico collante potrebbe essere la paura di perdere le poltrone.
Quanto a leadership, tolte le mezze tacche e le vecchie glorie, vediamo solo due personalità di livello che potrebbero avere le phisique du role: Landini (che non ci pensa neppure) e Pisapia. Chi vivrà vedrà .
Al centro è rimasto con il cerino in mano Alfano: ha due alternative, inserire qualche suo uomo nelle liste del Pd e qualcun altro in quelle di Forza Italia o tentare qualche aggregazione estemporanea. Il problema è che non esistono più altri partiti di centro e AP parte da un 2,8%-3% e qui rischia di rimanere.
O trovano un leader credibile e nuovo o le esequie sono annunciate.
A destra con il cerino in mano è rimasta Giorgia Meloni, con il suo 4,5%: passare dalla certezza di 30 deputati a zero è una brutta botta, anche se cerca di ostentare ottimismo.
Che fare? Due possibilità : andare da soli e rischiare di scomparire o fare con Salvini il partito sovranista unitario, ma quanti posti può cederle Salvini?
Non certo al Nord, qualcuno al centrosud, ma non certo trenta. Senza contare che finora la Meloni, con il suo partito personale, ha potuto promettere posti a destra e a manca perchè avrebbe triplicato i deputati, in un’alleanza non sarà possibile.
Altro problema: farsi assorbire da Salvini sarebbe digerito dalla base elettorale? Vedremo se la Meloni avrà il coraggio di andare da sola, rischiando anche la propria poltrona.
E arriviamo ai quattro partiti che passeranno il turno.
Salvini aveva solo una priorità , andare a votare prima di perdere altri voti e monetizzare il numero dei parlamentari: se fossero 94 vorrebbe dire quadruplicare gli attuali e sistemare le fameliche truppe padane. Di governare non gliene frega nulla, l’unica possibilità è farlo con il M5S ma i numeri non ci sono .
Berlusconi è stato il più abile nella trattativa, ma se non riesce ad arrivare a un 16% recuperando altri 10-15 deputati, oltre ai 96 che gli sono attribuiti oggi, non riesce nell’operazione “grande alleanza” con Renzi e resta al palo pure lui. Come chi, in vista del traguardo, fora la gomma allo striscione dell’ultimo chilometro.
Renzi è l’altro leader capace di cambiare le carte in tavola in 24 ore: ha massacrato la sinistra, cacciandola di fatto fuori dal partito, ha “tradito” i centristi, ha fatto un accordo con Forza Italia, sperando di tornare premier con l’aiuto di Silvio.
Vale per lui lo stesso discorso: se non sale almeno al 32% la sua corsa è finita, i numeri per governare non ci sono. E quanto sia difficile mettere insieme due “faccio tutto io” sarà uno spettacolo per i mesi a seguire.
Infine il M5S che ha la solita posizione ambigua: da solo non va da nessuna parte, solo Di Maio non l’ha capito, ma prima o poi ci arriverà anche lui.
La preniata azienda Grillo-Casaleggio (lo scriviamo da mesi) ha in mente un governo con la Lega, ma si vergogna a dirlo, nel timore di perdere voti.
Ma vale lo stesso discorso di Renzi: dato che la Lega è bollita e non arriva al 12%, per superare quota 316 occorre che Il M5S arrivi ben oltre il 32% o tutte le contorsioni xenofobe non sono servite a nulla e dobbiamo chiamare Frontex per salvare i profughi grillini.
Il modello tedesco dovrebbe insegnare una cosa: le grandi coalizioni si fanno tra due grandi partiti, non basta uno grande e uno medio-piccolo.
In Italia vorrebbero governare due soli partiti con uno al 29-30% e altro al 12-13%.
Mi sa che hanno sbagliato i conti anche questa volta.
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