LO STATO LUMACA: 388 GIORNI LA MEDIA PER APPROVARE UN DISEGNO DI LEGGE URGENTE
UNO STUDIO DEL DIPARTIMENTO DI PALAZZO CHIGI DIMOSTRA CHE IN MEDIA OCCORRONO 388 GIORNI PER APPROVARE UNA NORMA… MOLTE SI PERDONO PER STRADA… UN SISTEMA BUROCRATICO CHE OSTACOLA INVECE CHE FAVORIRE… E I GOVERNI RICORRONO AI DECRETI LEGGE, ESAUTORANDO IL PARLAMENTO
Non vogliamo neanche fare paragoni con altri Stati europei, in questo caso, perchè il nostro Paese ne uscirebbe, come al solito, con le ossa rotte. Parliamo di quanto tempo un disegno di legge per regolare una materia urgente ci mette per essere approvato in Italia.
Mai meno di un anno, se si trattasse di un’urgenza da pronto soccorso ospedaliero, i pazienti sarebbero già seppelliti da oltre 12 mesi, con tutti gli onori del caso.
Altro che fannulloni da ricercare nella pubblica Amministrazione, in Parlamento vigono i tempi tecnici della siesta e della burocrazia che aggrava invece che snellire le procedure.
Facciamo qualche esempio concreto, lasciando parlare i dati reali, come nostro costume.
Per approvare la legge 124/97 relativa a “disposizioni urgenti” in materia di personale scolastico ci sono voluti 1.026 giorni, quasi tre anni, alla faccia dell’urgenza, verrebbe da commentare.
Ma anche negli ultimi anni non è che le cose vadano molto meglio: in media per approvare un disegno di legge del governo ci vogliono 388 giorni.
E’ quanto emerge dallo studio del Dipartimento Rapporti con il Parlamento di Palazzo Chigi. Vediamo altri dati: nella XIII legislatura ( maggioranza Ulivo) il tempo medio per approvare un ddl governativo ( escluse le ratifiche dei trattati internazionali e le leggi finanziarie) è stato di 374 giorni.
Nella XIV legislatura ( governo Berlusconi) ancora peggio, si è saliti a 388 giorni.
Discorso che vale a maggior ragione per i disegni di legge delega, ovvero quelli in cui il Parlamento autorizza l’esecutivo a legiferare su una specifica materia: siamo a 413 giorni nel periodo prodiano e a 420 sotto il Silvio.
Discorso diverso per i disegni di legge del governo che, approvati dal Consiglio dei ministri, spesso si impantanano in Parlamento e finiscono in qualche cassetto.
E’ successo 4 volte su 10 ai provvedimenti assunti dal governo Berlusconi nel quinquennio 2001-2006. Mentre è successo nell’83% dei casi all’ultimo esecutivo di Romano Prodi, causa anche la chiusura anticipata della legislatura.
Dove sta il problema? Nei parlamentari che lavorano poco e male? Solo in parte.
Il difetto sta nel sistema, è il caso di dire, nel bicameralismo “perfetto”. Due Camere che hanno gli stessi poteri, le stesse prerogative, le stesse lungaggini.
Ogni legge, infatti, va esaminata in Commissione e poi in aula. Una volta approvata passa all’altro ramo del Parlamento e si ricomincia con le trafile. Se viene poi modificata una norma, siamo rovinati. Si ricomincia daccapo: il provvedimento deve essere votato di nuovo.
Ecco perchè gli ultimi governi utilizzano spesso ormai i decreti legge che sono diventati l’antidoto all’incertezza dei tempi.
Essi hanno la scadenza, devono essere convertiti in legge entro due mesi, pena la decadenza. Dall’altro lato si dice giustamente che non si può governare solo per decreti legge, sminuendo il parlamento e rifiutando il confronto con l’opposizione.
Occorrerebbe mettersi d’accordo su degli iter più snelli, cosa che avverrebbe in tutti i Paesi occidentali. In Italia sembra impossibile che se ne parli da anni, che tutti i partiti invochino la riforma dei regolamenti, ma che poi all’atto di sedersi intorno a un tavolo unitariamente, non si faccia mai nulla.
In una democrazia matura il clima non è mai così avvelenato come nel nostro Paese, dove pare impossibile avere un minimo dialogo.
Chi governa impone, salvo lamentarsi degli stessi metodi quando sta all’opposizione.
Confidiamo che tra qualche decennio si possa arrivare, ultimi in Europa, a fissare regole condivise da tutti, le premesse purtroppo non le vediamo ancora. E le leggi restano oltre un anno lettera morta. Per essere “urgenti” non c’è male…
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