L’OPINIONE DI LIVIO ABBATE: “ACCA LARENTIA, LE BRACCIA TESE E IL PRESENTE SONO UN REATO E UNA MINACCIA AI VALORI COSTITUZIONALI”
“I PARTECIPANTI ANDAVANO IDENTIFICATI ED E’ GRAVE IL SILENZIO DELLA MELONI”
Un movimento del braccio, un gesto della mano, una parola urlata in
pubblico, portano a comunicare ciò che nostalgicamente si vuole mostrare per divulgare l’appartenenza nera, di una destra fuori legge che di fatto manifesta quelle che erano le azioni del partito fascista. Tutto ciò costituisce un reato. La chiamata del “presente”, così come il “saluto romano”, sono manifestazioni che continuano ad essere previste nel codice penale soprattutto quando c’è il concreto pericolo che l’ostentazione di quei gesti e simboli vietati siano in grado di diffondere e divulgare nella società l’idea fondante dell’ideologia fascista, mettendo in pericolo l’ordinamento democratico.
Chi non osserva questa regola dovrebbe essere punito dalla magistratura, come spesso è avvenuto. Ma non è sempre accaduto. A Roma però, come ogni anno, il 7 gennaio, ritorna un gruppo di neofascisti che celebra i camerati caduti nella strage di Acca Larentia nel 1978, in un rituale lugubre in cui la destra romana mette in scena le sue truppe, richiama le gerarchie e accoglie gli estremisti che arrivano da ogni parte del Paese. Perché sanno che in questa cerimonia si possono schierare, allineare, squadrarsi, e alla fine alzare pubblicamente il braccio e urlare il loro presente, sotto gli occhi degli agenti di polizia che sono sul posto per far rispettare l’ordine pubblico e assistere, come in una comunicazione mediatica davanti alle telecamere dei giornalisti e dei fotografi, alla loro manifestazione che si rifà al partito fascista. Che si basa sul proselitismo di destra.
È una scena che non può essere equivocata. Il messaggio trasmesso è chiaro e mette in pericolo i valori su cui si basa la nostra Costituzione. Non è la manifestazione esteriore che deve essere incriminata, ma la propaganda in cui viene trasformato il raduno, tale da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del movimento di Mussolini.
Il “saluto romano” e l’intonazione del coro “presente” durante una manifestazione integrano un reato per la connotazione di pubblicità che qualifica queste espressioni, evocative del disciolto partito fascista, “contrassegnandone l’idoneità lesiva per l’ordinamento democratico ed i valori ad esso sottesi”.
Se quindi alla prima della Scala, lo scorso mese, l’appassionato di lirica Marco Vizzardelli al termine dell’inno di Mameli ha urlato “viva l’Italia antifascista”, risuonato dal loggione a pochi secondi dall’inizio del Don Carlo, è stato subito identificato dalla Digos, nella Capitale, invece come accade da molti anni, davanti all’ex sede del Movimento sociale italiano si radunano in centinaia e tendono il braccio senza essere identificati.
Questo raduno è diventato nel corso degli anni un esempio per la destra estrema che viene imitato da molti fascisti anche in altri contesti, come se fosse stato sdoganato, e così lo abbiamo visto fare pure nelle aule dei tribunali: alzare e stendere il braccio, lo ha fatto Massimo Carminati salutando i suoi camerati, lo ha ripetuto davanti ai giudici Giuliano Castellino, ed è stato fatto anche da alcuni camerati dopo la sentenza letta in tribunale per l’assalto alla sede della Cgil a Roma.
Come si fa quindi a distinguere quando il saluto romano è “commemorativo”, e quando invece “violento” e fascista? Perché qualcuno vuole giustificare il primo e condannare il secondo. Sono di fatto entrambi gesti fascisti, emulativi, che comunque devono essere stigmatizzati, almeno politicamente, da tutto l’arco costituzionale. Dinanzi a episodi come Acca Larentia il silenzio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, si allunga su quelle braccia tese e sui cori ed emerge una sbavatura politica e sociale importante che «in un anno di governo non ha mai pronunciato tra l’altro la parola antifascista», come ricorda il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo.
Umberto Eco nel suo libro Il fascismo eterno mette in luce i caratteri fondamentali di una mentalità fascista, che viene alimentata in determinati momenti di crisi e avverte che il fascismo può ritornare anche senza campi di concentramento, “ma sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme”. Anche per questo motivo occorre ricordare sempre più spesso che l’Italia è una Repubblica antifascista, per legge, non per opinione.
(da La Repubblica)
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