L’ORRORE DI CAGLIARI: QUEL “DEVI MORIRE” URLATO A UNA PERSONA CHE STA MORENDO D’INFARTO SUGLI SPALTI
ALTRO CHE DARE LA MANO AGLI ULTRAS PREGIUDICATI, IERI A CAGLIARI BISOGNAVA SIGILLARE LA CURVA E IDENTIFICARE QUEI QUATTRO DEMENTI ULTRAS CHE HANNO INFANGATO IL TIFO VIOLA E METTERLI IN GALERA
L’orrore di Cagliari-Fiorentina, quel “Devi morire” urlato a una persona che sta morendo davvero di infarto.
Ci può essere qualcosa di più schifoso o barbaro? Come possiamo accettare qualcosa del genere? Serve tolleranza zero.
E stroncare anche quei comportamenti antisportivi che in un’escalation fuori controllo hanno ridotto il calcio ad un’arena barbara e selvaggia. Da cui tenersi lontani…
C’è una corsa spaventosa all’imbarbarimento del calcio. C’è un diffuso inselvatichirsi dei comportamenti ovunque: allo stadio, nelle strade, sui social.
Violenza fisica (gli scontri di Milano, con un tifoso morto), violenza espressiva, morale, gli episodi di razzismo e cori contro i giocatori di colore.
E’ persino complicato fare una lista completa ora, tale è la gamma dell’imbarbarimento.
Ora sappiamo però che c’è anche il “devi morire” verso una persona che davvero sta morendo tra la disperazione dei suoi familiari e gli sforzi vani dei soccorritori.
Sedicenti tifosi della Fiorentina, per fortuna un gruppo piccolo però comunque in grado di farsi notare e sentire, che prima piangono la morte di Astori e poi augurano la stessa fine a un’altra persona. Un uomo con famiglia andato allo stadio e colpito da malore fatale.
Non ci farei molta sociologia nè cronaca intorno, è un atto talmente aberrante, schifoso, disumano che la condanna è così ovvia da essere addirittura banale.
Però vorrei anche che il calcio attuasse davvero quella “tolleranza zero” che dopo ogni fatto del genere sbandiera per poi volutamente dimenticarsene appena passata l’ondata di indignazione.
Certe persone vanno trovate, individuate, processate, condannate penalmente e cacciate per sempre dagli stadi.
In parte lo si fa, in parte si scende a compromessi, si annacquano regole e provvedimenti, si chiude un occhio, per non disturbare troppo, per non rovinare i rapporti tra club e ultras.
Si accetta cioè che lo stadio (e tutto quello che vi è connesso intorno di fisico o virtuale) diventi un’arena, si accetta un po’ quell’imbarbarimento dei costumi.
E poi al peggio del peggio. Perchè allo stadio così si fa, e tutto alla fine è ammesso. Fino ad arrivare a questo orrore insopportabile, fino a quando non c’è più ritorno.
(da “La Repubblica”)
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