MARO’, ORA LO AMMETTE ANCHE CICCHITTO: “LA RUSSA E MONTI, ECCO CHI LI HA CONDANNATI”
“ALL’ESTERO GLI ARMATORI INGAGGIANO CONTRACTORS, LA RUSSA HA VOLUTO I MILITARI SENZA DELINEARE UNA LINEA DI COMANDO”…”QUANDO SONO TORNATI BASTAVA UN AVVISO DI GARANZIA PER TRATTENERLI”
Una sequela di tragici errori, che ha raggiunto l’acme con la gestione dell’esecutivo guidato Mario Monti: per giungere a una positiva soluzione della questione marò Fabrizio Cicchito, presidente della Commissione Esteri della Camera, esorta a evitare propaganda e strumentalizzazioni, proseguendo sulla strada dell’internazionalizzazione della querelle giudiziaria con l’India e di un delicato negoziato con il nuovo governo nazionalista da poco insediatosi a Nuova Delhi.
Onorevole Cicchitto, i fucilieri del San Marco sono prigionieri da ventotto mesi. Di chi è la responsabilità ?
«Allo stato gravano errori non ascrivibili all’attuale governo. Gli indiani hanno giocato una partita tattica, come il gatto col topo, favoriti dagli errori dei precedenti esecutivi».
Ne sono stati commessi tanti?
«Il primo risale al governo Berlusconi, il ministro della Difesa era Ignazio La Russa. Fu assunto un provvedimento per contrastare il dilagante fenomeno della pirateria. All’estero gli armatori ingaggiano contractors. In Italia si è scelto di incaricare i militari del servizio antipirateria, e non sono nemmeno pagati moltissimo. Bisognava definire regole d’ingaggio e la linea di comando nel caso di interventi armati. La gestione non doveva rimanere interamente nelle mani dell’armatore e del capitano della nave. Ci voleva l’intervento del nucleo presente sulla nave, insieme alla Difesa».
Poi c’è stato l’incidente sulla Enrica Lexie.
«Dalla nave si è sparato. Non sappiamo come nè in che circostanze, nè chi ha sparato. Trovandosi in acque internazionali, doveva prevalere il diritto giuridico italiano. Qui si è fatto il madornale errore».
Attraccando in India?
«Sì. È passata la vulgata che gli indiani avevano arrestato i privati e noi li dovevamo riconoscere. Una linea più avveduta avrebbe dovuto prevedere il rientro in patria della nave. Non si sa se la decisione sia stata del comandante della nave o se è stata consultata la Marina. Questo è uno dei segreti della vicenda. Dopo c’è stato un nuovo passo falso, facendo scendere i militari a terra».
Una commedia degli equivoci.
«Successivamente si è lasciato intendere che se non si fosse troppo alzata la voce, passata l’emozione in Kerala per la morte dei pescatori, il tempo sarebbe stato il “grande medico”, risolvendo la crisi. Una colossale presa in giro degli indiani».
Cosa viene addebitato a Latorre e Girone?
«I magistrati indiani non hanno mai indicato un’imputazione. I marò sono prigionieri da due anni senza un atto di accusa».
C’era da attendersi un intervento di Sonia Gandhi?
«Era in crisi il precedente establishment. La Gandhi non poteva muoversi come “italiana” per non alimentare la ventata nazionalistica che andava crescendo. L’unica conquista negoziale dell’ambasciatore Staffan de Mistura è stata di aver attenuato le condizioni di privazione della libertà dei soldati, passando da uno stato carcerario alla destinazione nell’ambasciata. E comunque è stata cosa non da poco per quanto riguarda le condizioni di vita dei nostri fucilieri».
Eppure i marò sono tornati due volte in Italia.
«E qui dovevano rimanere. Sarebbe bastato un avviso di garanzia per i fucilieri e in presenza di uno scontro tra ordinamenti giudiziari avrebbe prevalso la giurisdizione nazionale. Non si è mai capito perchè ciò non sia avvenuto».
Il governo Monti aveva in un primo momento scelto di non rimandarli in India. Perchè ha cambiato orientamento?
«L’esecutivo del tempo ha incarnato aspetti tragici e grotteschi, assumendo una linea zigzagante, con decisioni prese contro il parere del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, costretto a dimettersi in Parlamento. Sul penoso dietrofront si possono fare ipotesi, come quella di una presunta minaccia di arresto nei confronti dell’ambasciatore italiano in India. In questo caso bisognava disporne il rientro in Italia, come misura precauzionale. Altri paventano pressioni di tipo economico delle imprese italiane operanti in India, come Finmeccanica. Di sicuro il risultato è stato uno dei momenti più bassi nella storia del prestigio dell’Italia nel mondo».
Il governo Letta e quello Renzi?
«Si sono trovati a muoversi con questi macigni sulle spalle. Non può esistere un governo che manda un commandos a riprenderli».
Le prossime mosse di Palazzo Chigi e Farnesina?
«La prima: proseguire sulla strada di una vertenza internazionale. La seconda: aprire un negoziato con il nuovo esecutivo del nazionalista Narendra Modi, accompagnato da un canale diplomatico che faccia riflettere l’India sul caso. È auspicabile che ci sia una comprensione complessiva».
Cosa può fare il Parlamento?
«Sul tema si è verificato un miracolo, l’unità di tutte le forze politiche nelle Commissioni Difesa e Esteri di Camera e Senato. A luglio promuoveremo una nuova missione per prendere contatti con l’assemblea parlamentare indiana».
Il pallino resta nelle mani dell’India.
«Vanno evitati gli atti dimostrativi. Ci vuole grande equilibrio. Bisogna convincere gli indiani, non offenderli».
Michele De Feudis
(da “il Tempo”)
Leave a Reply