QUEI VIZIETTI DI NIGEL FARAGE CHE IMBARAZZANO BEPPE GRILLO
PREDICANO LA LOTTA ALL’EVASIONE, MA IN PATRIA IL LEADER DEL UKIP E I SUOI HANNO DOVUTO RISPONDERE DI RECENTE DI ALCUNE OPERAZIONI POCO CORRETTE …E ALL’EUROPARLAMENTO IL GRUPPO EDF HA SUBITO MOLTE DEFEZIONI
Mentre i grillini decideranno entro la fine del mese se aderire all’Edf, Nigel Farage deve affrontare nuove polemiche in Gran Bretagna.
Gli argomenti su cui si dibate sono la lotta all’evasione fiscale e l’immigrazione su cui il M5S dovrà pur fare alcune attente riflessioni prima di chiudere definitivamente l’accordo.
Sul primo tema Nigel Farage è recidivo.
Già lo scorso anno si scoprì che aveva aperto un fondo in un paradiso fiscale offshore, per aggirare il fisco e ridurre l’importo delle tasse da pagare. In quell’occasione si scusò con gli elettori: “Sono stato uno stupido, ma in fondo non sono ricco e non lo sarò mai”.
Pochi giorni or sono il leader dello Ukip ha ammesso di aver fatturato nel 2013, attraverso una società di cui è proprietario, la Thorn in the Side Limited, tutti i cachet delle apparizioni televisive e degli eventi a cui era stato invitato.
Così facendo ha pagato al fisco solo il 20% delle 40mila sterline guadagnate anzichè il 40%.
Non male per chi in campagna elettorale si è battuto, a parole, contro l’evasione fiscale dei ricchi e delle aziende.
Non male per chi aveva attaccato il sindaco di Londra Livingston per aver fatto altrettanto: “Un’ipocrisia tipica della sinistra inglese”, aveva tuonato.
Ora sono i suoi colleghi alla Camera dei Deputati a urlargli contro. Primo fra tutti il Ministro del Tesoro: “E’ un pessimo esempio per i cittadini inglesi”.
E a poco sono valse le sue scuse – “un’ingenua distrazione, la legge me lo permette, in pratica è una forma legale di evasione” – quasi peggio del silenzio.
E se il giochetto gli ha portato un bel risparmio, 9 mila sterline al Fisco inglese contro le 20mila circa se avesse fatturato individualmente, la polemica monta a dovere.
E lui non fa nulla per spegnerla: “In fondo è legittimo se si riesce a non pagare più tasse del dovuto”.
Chi lo decida non è chiaro, ma Farage non si scompone.
Il che deve essere una caratteristica comune a molti dei membri dello Ukip.
E’ il caso anche dell’europarlamentare Nathan Gill, “smascherato” da un quotidiano gallese mentre ammette di impiegare nelle proprie aziende numerosi immigrati filippini e dell’est Europa, affollati in dormitori, a dispetto di una campagna elettorale fondata sul blocco immediato dell’immigrazione che ruberebbe il lavoro agli inglesi (“Stop Open Door, Enough’s Enough” recitava uno dei più popolari slogan dello Ukip).
Anche Gill, come il suo leader, non ha perso tempo a cadere dall’albero: “Ma noi non diciamo che bisogna bloccare l’immigrazione ma solo porvi un limite”. In realtà non è così e per farsi un’idea basta leggere il programma elettorale.
Ma a seconda delle situazioni, per lo più personali, lo Ukip cambia versione facilmente.
Lo stesso Manifesto del partito, redatto nel 2010 sulla falsariga delle politiche liberiste thatcheriane, è oggi ripudiato da Farage (“Un centinaio di pagine di spazzatura che onestamente non l’ho mai letto”) e sostituito con un cocktail di politiche assistenzialiste e generiche promesse di riduzione delle tasse.
Nel frattempo il gruppo di Farage all’Europarlamento subisce continue emorragie di adesioni.
L’Europe of Freedom and Democracy, che nella precedente legislatura contava ben tredici nazioni e 25 europarlamentari ora si vede costretta a fare a meno del “Partito del Popolo Danese” e dei “I Finlandesi” che sono stati accolti due giorni fa nel Gruppo dei Conservatori e Riformisti.
Al momento l’EDF ha come membri certi solo lo UKIP e i fiamminghi dello Staatkundig Gereformeerde Partij. Mentre il Partija Tvarka ir Teisingumas (Lituania) e i nazionalisti slovacchi sono in trattativa per aderire all’Alleanza per la Libertà di Marine Le Pen. La Lega Nord, ex membro dell’EDF nella precedente legislatura, aveva già optato per la leader del Front National.
Così in poche ore Nigel Farage si trova con soli due partiti e una trattativa promettente con Beppe Grillo, nonostante le molte perplessità dei neoletti grillini.
Un lavoro che potrebbe rivelarsi del tutto inutile a fronte dell’esigenza di trovare almeno altre quattro Nazioni per fare finalmente gruppo.
Pensieri e problemi, soprattutto per i grillini che si trovano davanti un alleato scomodo se non addirittura sconveniente.
Marzio Brusini
(da “L’Espresso“)
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