MEDICO INTERNISTA E 18 ORE DI FILA DI LAVORO: “NON DORMIVO PIU’ PER LO STRESS E ORA CI RIDUCONO LA PENSIONE”
“SIAMO PURE MINACCIATI DAI PARENTI, NON E’ PIU’ VITA QUESTA”
Marco Evangelista, 37 anni, medico internista napoletano e responsabile regionale giovani del sindacato Anaao, il pensiero di mollare tutto lo ha fatto. «Lavoro anche 18 ore di fila, subisco le minacce dei familiari dei pazienti e con i carichi di lavoro che ho non dormo la notte per paura di aver commesso qualche errore».
Evangelista, alla fine cosa ha deciso?
«Due mesi fa stavo per mollare tutto e tornare al privato poi ho optato per il passaggio da un ospedale di prima linea com’è quello di Frattamaggiore a un più tranquillo, come il Monaldi di Napoli. Ma ho vissuto la scelta come una sconfitta professionale, perché dovremmo essere messi nelle condizioni di lavorare meglio proprio dove c’è più bisogno».
Ha ricevuto anche minacce e aggressioni?
«Altro che. E questo ha finito per non farmi più lavorare serenamente. Magari evito un intervento necessario perché a rischio o chiedo aiuto a un collega del quale prima non avrei avuto bisogno».
Com’era la sua precedente vita nel privato?
«Sicuramente migliore, ma ero e resto innamorato del servizio pubblico e per questo avevo scelto di lavorare in quello che qui chiamano il triangolo della malavita. Ma sono arrivato a non vedere più moglie e figli, lavorando in questo modo si rischia anche di commettere errori».
Ne ha fatti?
«Per fare un’anamnesi serve tempo, quello che soprattutto nei reparti di emergenza e urgenza spesso manca. Quando arrivi in pronto soccorso devi occuparti di 10-20 pazienti del turno precedente e ce ne sono anche di più che aspettano di essere presi in carico. Così l’errore più facile è lo scambio di paziente. E poi si rischia di non seguire fino in fondo i percorsi assistenziali o di somministrare una terapia che andava data a un altro».
Un bello stress…
«A volte non sono riuscito a dormire per l’angoscia di aver sbagliato qualcosa, come non aver ordinato una tac o un ricovero».
Come vede il suo futuro professionale?
«Come per molti colleghi con inquietudine e poche prospettive di carriera, visto che andrò in pensione a 72 anni e con un assegno modesto, comunque lontano dalle aspettative precedenti a questa manovra che ha messo in discussione diritti che sembravano acquisiti. Un bel modo per avvicinare i giovani al Ssn».
(da La Stampa)
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