MELONI PRESENTA IL “RIVOLUZIONARIO” PIANO MATTEI, MA PROGETTI E FONDI SONO RICICLATI DAL PASSATO
MESI DI ATTESA, POI AL FORUM ITALIA-AFRICA NON C’E’ ALCUN PROGRAMMA
Doveva essere il grande giorno del piano Mattei. Lunedì 29 gennaio, in occasione del forum Italia-Africa a palazzo Madama, la premer Meloni avrebbe dovuto svelare il dettaglio del grande progetto di cooperazione italoafricana del governo, il cui varo era stato annunciato per mesi e più volte ritardato.
A fine giornata, in realtà, le carte del piano (se esistono) rimangono ben custodite a palazzo Chigi. Né il testo, né delle schede di sintesi vengono resi pubblici. Per capirne di più, allora, non resta che affidarsi al discorso pronunciato da Meloni in apertura dei lavori del forum, svolti poi per la maggior parte a porte chiuse. Quello che sembra emergere è che il grande programma italiano per l’Africa in realtà per ora ha ben poco di rivoluzionario, ma si basa su fondi già stanziati e su progetti riciclati dal passato.
Davanti ai leader africani, ai vertici dell’Unione Europea e degli organismi internazionali, Meloni è tornata a battere su quello che è a suo giudizio sarà il grande elemento di discontinuità del piano Mattei, ovvero un modello di cooperazione non “predatoria” ma da pari a pari, per riuscire a promuovere lo sviluppo dei Paesi africani e rimuovere alla radice le cause delle migrazioni. Nella pratica, si fatica però a cogliere dove sia questa discontinuità. Non nella misura delle risorse iniziali stanziate, solo 5 miliardi e mezzo, da dividere in più anni. Soldi provenienti da due fondi già esistenti, quello per il Clima e quello per la Cooperazione e lo Sviluppo.
Forse allora, l’aspetto innovativo del piano Mattei va cercato nel tipo di interventi da finanziare?
Difficile dare una risposta compiuta visto che, come detto, non sono stati forniti dettagli. Meloni ha accennato in maniera generica ad alcuni “progetti pilota”. Per la maggior parte, si tratta di azioni già in essere o che sembrano ricalcare iniziative promosse negli anni scorsi, la cui origine risale anche a diverso tempo addietro. In alcuni casi, è la stessa premier ad ammetterlo, come per i grandi collegamenti energetici: l’elettrodotto Elmed o il corridoio Sud dell’idrogeno, infrastruttura peraltro sviluppata a livello europeo. E ancora è già avviato il progetto, spiega Meloni nel suo discorso, per potenziare stazioni di depurazione di acque non convenzionali in Tunisia e irrigare un’area di 8mila ettari.
I progetti riciclati
Anche quando la premier non ne fa cenno, tuttavia, è possibile trovare nei progetti presentati come nuovi, tracce di passato. Prendiamo l’idea di sviluppare la filiera dei biocarburanti in Kenya. Si tratta in realtà di un’operazione farina del sacco di Eni, che la stessa azienda dell’energia descrive sul suo sito come “in stato avanzato”. L’iniziativa è partita nel 2021, durante il governo Draghi e secondo il Cane a Sei Zampe attiva attualmente 50mila agricoltori in territorio keniota. Meloni si è limitata a cambiare obiettivo: dai 200mila soggetti coinvolti entro il 2026, si passa a 400mila, entro il 2027. Le stime peraltro erano già state riviste al rialzo dalla compagnia energetica.
La premier cita poi l’idea di riqualificare le scuole in Tunisia. Anche qua, in realtà, già dal 2019 c’era traccia di un programma di questo tipo, che prevedeva di finanziare con i fondi alla Cooperazione allo Sviluppo la ristrutturazione di scuole primarie, la creazione di mense e servizi igienici. A settembre 2023 poi, il progetto è stato rilanciato dall’allora ambasciatore a Tunisi Fabrizio Saggio, oggi consigliere diplomatico di palazzo Chigi. Stesso discorso si per un altro degli interventi citati da Meloni, quello relativo alla creazione di un centro agroalimentare, che valorizzi le esportazioni dei prodotti locali, in Mozambico. Il riferimento della premier sembra essere al complesso di Manica, distrutto da un ciclone nel 2019. Per la sua ricostruzione, il nostro governo ha stanziato tra il 2021 e il 2022 quasi 40 milioni di euro.
Anche sul lato dell’energia e del clima, la presidente del Consiglio elenca interventi, che somigliano molto ad azioni già programmate dal ministero competente. Prendiamo il “recupero ambientale di alcune aree e risanamento delle acque” in Etiopia. Qua il riferimento potrebbe essere alle zone di Somali e Afar, afflitte dalla siccità. A dicembre 2023, il ministro l’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin aveva siglato un’intesa con il Paese del Corno d’Africa per la “fornitura di un sistema di captazione delle risorse idriche”. in quelle aree. Impegni dello stesso tipo sono rintracciabili anche in accordi siglati anche in periodi precedenti.
Sempre il ministero dell’Ambiente a fine 2022 ha firmato un memorandum con il Marocco che prevede, tra l’altro, la formazione di giovani imprenditori nel campo della green economy, l’incentivo per il lancio di nuove startup, la creazione di cinque incubatori di impresa a livello universitario e di una piattaforma per lo scambio e la condivisione sui temi delle tecnologie verdi. Un progetto che ne ricalca uno simile, mai completato, sviluppato negli anni precedenti. E che somiglia molto all’idea lanciata da Meloni nel corso del suo intervento al forum Italia-Africa, per realizzare nello Stato maghrebino “un centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema energie rinnovabili”.
Intendiamoci, non vogliamo qua mettere in discussione la validità dei progetti presi in esame. Solo non si capisce in cosa consisterebbe il cambio di passo del piano Mattei, il passaggio da una cooperazione “predatoria” a una “paritetica”, se le iniziative presentate da Meloni già esistevano, oppure ce ne erano di molto simili.
Va dato atto alla presidente del Consiglio di aver descritto la giornata di oggi, come il punto di partenza di un cammino, non la sua conclusione. Probabilmente, il successo dell’impresa si misurerà nella capacità di coinvolgere, oltre alle aziende private, anche i partner internazionali, finora molto restii a partecipare. Per il momento, la sensazione è che sotto il nome roboante del piano Mattei si sia raccolto quello (non molto) che l’Italia già faceva, nella sua opera di cooperazione con il continente africano.
(da agenzie)
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