“MIO ZIO UCCISO COME UN TOPO, NON C’E’ STATA GIUSTIZIA PERCHE’ ERA UN SENZATETTO, CONSIDERATO MENO DI ZERO”
LA DENUNCIA DEL NIPOTE DEL CLOCHARD BRUCIATO VIVO DA UN 17ENNE CHE NON ‘ STATO NEANCHE CONDANNATO
Non si dà pace Salah Fdil. Il nipote di Ahmed Fdil, il clochard marocchino 64enne morto carbonizzato la sera del 13 dicembre 2017 a Santa Maria di Zevio (Verona) dentro l’auto che era diventata la sua casa, chiede giustizia all’indomani della decisione del Tribunale per i minorenni di Venezia che non ha emesso nessuna condanna per l’unico dei due responsabili dell’omicidio rimasto imputato, l’altro – 13enne all’epoca dei fatti – non era processabile.
Il nipote della vittima era arrivato appositamente con la moglie da Barcellona per la sentenza del processo.
“In Spagna – dice all’ANSA – esiste il carcere minorile, c’è una pena che è identica per i maggiorenni responsabili di omicidio e non ci sono sconti di pena per fatti così gravi. Altro che messa alla prova, qui c’è un assassino libero che non farà un giorno di carcere”.
Dopo la lettura dell’ordinanza Salah Fdil ha imprecato e il giudice lo ha cacciato dall’aula, ma adesso è tornato a puntare il dito contro una giustizia che “non è giustizia, perchè mio zio è considerato meno di zero, è morto bruciato vivo ma nessuno pagherà per questo delitto orrendo”.
“Mi aspettavo giustizia, solo quello. Non chiedo vendetta. Invece mi vergogno di questa sentenza, inaccettabile per l’Italia – conclude -. Un sistema giudiziario che non rispetta gli essere umani oltraggia la vostra bandiera”
Salah ha parlato anche al Corriere della sera:
Era un brav’uomo, uno spirito libero. Aveva lavorato in Italia per 35 anni come operaio, poi aveva perso il lavoro e si era ridotto a vivere in quella vecchia auto abbandonata. A lui stava bene così, in fondo non dava fastidio a nessuno e in paese era ben voluto da tutti. Tranne che da quei ragazzini. Lui e il suo amico hanno ammazzato un essere umano come fosse un ratto, bruciandolo vivo. Quei ragazzini sono il risultato di tutto ciò che non funziona: una cattiva scuola, una cattiva educazione, una vita di strada… E questo tribunale, invece di punirli cogliendo l’occasione per lanciare un messaggio a tutti i loro coetanei, ha scelto di premiarli evitando – anche all’unico che poteva essere perseguito – la condanna che meritava.
(da agenzie)
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