NAS E ISPETTORI IN CAMPANIA: C’ERA UNA VOLTA LO SCERIFFO
DE LUCA HA SMARRITO LA RETORICA DECISIONISTA
Stamattina erano al Cardarelli e all’ospedale del mare. Ispettori del Ministero e Nas, bardati come degli astronauti nei reparti Covid. Per avere un’idea di quei posti andate a vedere il video di Fanpage, un pronto soccorso che pare Beirut. Ce li ha spediti il mite Speranza, dopo aver ricevuto decine di segnalazioni, parlamentari, sindacalisti, operatori sanitari per verificare i dati della Campania.
Bello schiaffo per De Luca, unica regione d’Italia per cui è stato necessario un supplemento di indagine, ma di questo parleremo tra un po’.
I numeri, prima i numeri. Si è capito che non tornano perchè la genialità italica è più forte di tutto, e anche quando si modernizza con l’algoritmo salva lo spazio dell’imbroglio.
A occhio, sennò non avrebbero mandato gli ispettori, quelli sulla sostenibilità del sistema sanitario sembrano arrotondati per eccesso, perchè magari i ventilatori ci sono pure, ma mancano i medici e non sono tutti attivati.
Quelli sui contagi, invece, per difetto perchè il sistema di tracciamento è completamente saltato. Ammesso che si riesca a mettere un punto fermo anche sulle terapie intensive che, secondo il piano sanitario regionale dell’anno scorso, dovevano essere 621, poi però nella fase calda dell’emergenza diventano trecento. E la settimana scorsa 590, compresi i famosi tre ospedali Covid di Napoli, Salerno e Caserta, annunciati con le fanfare in campagna elettorale e adesso funzionanti, ma a ranghi ridotti.
Ci vorrà un po’ di tempo per capire dove è la falla, se nel sistema di raccolta secondo parametri non corretti o nel sistema di trasmissione dei dati, dalle Asl all’unità di crisi e da lì all’Istituto superiore sanità .
In Liguria, di fronte ad anomalie del genere, la procura di Genova ha già aperto un fascicolo, altro copione molto italico. Poi la sentenza cromatica, se cioè la Campania resterà gialla o diventerà rossa. Figuriamoci, si sa come la pensa Speranza che misure più severe le avrebbe già estese su tutto il territorio nazionale perchè, come suole ripetere, “la tempesta sta arrivando”.
È uno che non ne fa mistero di come la pensa. Lo ha detto anche a De Luca nei giorni scorsi: “Sappi che se vuoi fare misure più restrittive, quelle hanno già la mia firma sotto”.
Epperò allo “sceriffo” è caduta la penna. In fondo, sarebbe stato logico: chiudo Napoli e Caserta, dove la situazione è fuori controllo, lascio aperte Salerno, Benevento e Avellino.
Un gioco da ragazzi per un decisionista. E invece no, scavalcato anche da De Magistris che ha annunciato una stretta alle vie di Napoli. .
Ha spento anche il canale facebook, quello dei suoi bombastici video, i lanciafiamme, le pastiere, la minaccia dei confini chiusi, l’esercito.
Si è chiuso nella sua Salerno, lasciando la trincea di via Santa Lucia, in fondo è anche comprensibile che a 71 anni accetti i consigli di chi ti suggerisce di non sfidare la sorte. Non è più lui, vittima esso stesso delle sue macchinazioni.
Perchè, in questa storia, c’è un prima e c’è un dopo. C’è la prima ondata, la narrazione del pugno di ferro, degli attributi sudisti di fronte ai disastri primaverili del nord, il plebiscito di un potere che nell’emergenza ha trovato un racconto e una maschera della sua essenza inefficiente e clientelare.
C’è poi l’onnipotenza del vincitore che per primo chiude le scuole ordina blocchi stradali e minaccia la chiusura totale. Lo dice, eccome. Per primo in Italia, il 9 ottobre; “Con mille contagi sarà lockdown”.
Lo ridice, nei giorni in cui il governo rende obbligatorie solo le mascherine e discetta di aperture e chiusure delle palestre. Segnatevi questa data, l’ultima da sceriffo, il 23 ottobre giorno in cui chiede al governo nazionale il lockdown e lo promette in Campania: “Chiudiamo tutto per 30-40 giorni. Non voglio vedere camion con le bare”. Punto, a capo.
Poi c’è un dopo. Sentitelo il giorno dei morti: “Serve muoversi in maniera unitaria; differenziazioni territoriali porterebbero a reazione diverse, in Campania non sarebbero capite e sono improponibili”.
Insomma, addio autonomia, esulta per il “giallo” e critica quegli “invidiosi” che vogliono trasformare la Campania in una zona rossa, con un certo spregio del pericolo nella misura in cui il pericolo si chiama coerenza.
Tra il prima e il dopo c’è la notte del 23 ottobre, la guerriglia urbana, i cassonetti rovesciati, la rabbia della gente comune, le infiltrazioni della camorra, teppisti da stadio, i gruppi di estrema destra. Raccontano che è rimasto molto colpito perchè la polizia più di tanto non è intervenuta e se fosse intervenuta forse sarebbe andata anche peggio.
Per farla breve, il timore che un nuovo lockdown la gente non lo regge. Qualche molotov e un po’ di fumo, è bastato poco, con buona pace della retorica sugli attributi. E sulla Campania, gialla, rossa o arancione, decideranno gli altri.
Che carnevale, il populismo.
(da “Huffingtonpost”)
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