NATALE, TEMPO DI SCAZZI IN FAMIGLIA, AUMENTANO GLI ADULTI CHE, DURANTE LE FESTE, SI TENGONO LONTANI DA GENITORI E PARENTI
IL NATALE E’ UN DETONATORE DI MALESSERI: RITROVARSI A DOVER, A TUTTI I COSTI, FESTEGGIARE CON CUGINI, ZII E COGNATI CHE NON SI SOPPORTANO HA LO STESSO EFFETTO DI UNA GABBIA, RIEMERGONO VECCHIE SCORIE, ATTRITI MAI SOPITI E INSOFFERENZA GENERALIZZATA
Natale no contact. Sono sempre di più in Italia le persone che scelgono di recidere i
rapporti con i genitori. E non ci sono feste comandate che tengano.
La decisione, spesso dolorosa ma consapevole, di smettere di vedere e sentire la famiglia d’origine nasce dal bisogno di prendere le distanze da relazioni vissute come tossiche o invalidanti. E così proprio il Natale, con il suo carico simbolico di affetti e rituali, diventa il punto di rottura e l’inizio di una scelta di tutela di sé, ancora stigmatizzata ma sempre più raccontata.
“Sono due anni che non parlo con i miei, la prima cosa di cui mi sono liberata è stato il mal di stomaco”, scrive Luca, 29 anni. “Pensavo di odiare il Natale, invece il problema era trascorrerlo con i miei”, racconta Valentina Tridente, content creator di
Parma, 42 anni, una delle poche ad aver deciso di parlare apertamente della scelta di interrompere i contatti con un genitore. Cercando l’hashtag #nocontact le storie di questo tipo condivise in rete sono tantissime, segno visibile di un fenomeno che anche in Italia sta prendendo piede.
Negli Stati Uniti già riguarda circa una persona su sei
Ma raccontare la scelta di spezzare il legame più sacro, quello tra genitori e figli, non è facile e porta con sé una valanga di commenti e reazioni che evidenziano un tabù persistente: “Se rompi con un partner tossico, tutti ti dicono che fai bene. Se rompi con un genitore che ti manipola o ti controlla, sei un figlio ingrato”, dice Tridente a Repubblica.
Nel suo caso non si è trattato di una decisione improvvisa. “Ci ho messo una vita intera per arrivarci. Non mi sono svegliata una mattina dicendo: oggi vado in no contact. Non ho mai avuto un rapporto sano: infanzia infernale, adolescenza difficile, poi da adulta continui allontanamenti e ritorni. Ma, come il figliol prodigo, tornavo sempre”. L’ultimo tentativo risale a sette anni fa. “Avevo più di 30 anni e sono stata trattata come una bambina. Io stavo cambiando, lui no”.
Ansia, stress, dolore, stare sempre sul chi va là, è stato “come chiudere una relazione sentimentale”. Nel suo caso c’erano violenza psicologica, sbalzi d’umore, controllo, ricatti emotivi. “Se questo comportamento lo avesse avuto un fidanzato o un’amica, lo avrei bloccato subito. Con un genitore invece ti senti obbligata a resistere”.
A spiegare perché proprio le feste siano il detonatore del disagio in famiglia è Elisa Stefanati, psicoterapeuta Emdr esperta in
terapia familiare: “Il no contact è l’interruzione- temporanea o permanente- dei rapporti con la famiglia d’origine. Si tratta di un fenomeno in crescita soprattutto tra i giovani adulti”. Natale è il momento più critico.
“Le festività amplificano il disagio: riunioni forzate, aspettative, domande su lavoro, coppia, figli. Non è una festa, diventa un esame. Arrivare al no contact è una scelta molto dolorosa, accompagnata da sensi di colpa. Scatta quando una persona sente minacciate la propria libertà, autonomia o crescita”. I casi più frequenti riguardano storie di maltrattamenti, abusi psicologici, comunicazione manipolatoria, famiglie rigide o ipercontrollanti”.
La scelta, però, deve arrivare alla fine di un percorso. “L’evitamento del conflitto tout court non è evolutivo”, avverte la psicoterapeuta. “Prima andrebbe tentato un dialogo autentico. Solo quando questo è impossibile, proteggersi dagli altri, genitori compresi, diventa necessario”.
(da Repubblica)
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