NESSUNA SOLUZIONE EUROPEA SUI MIGRANTI PRIMA DELL’ESTATE
LA SPERANZA DELLE COOPERAZIONI RAFFORZATE
“Nessuna soluzione arriverà prima dell’estate: servirà più tempo”. Alte fonti diplomatiche europee, rappresentanti dell’Europa ‘frugale’, frenano sulla discussione sull’immigrazione che Mario Draghi e il premier spagnolo Pedro Sanchez intendono aprire al summit europeo di lunedì e martedì prossimi a Bruxelles.
Frenano, oppure semplicemente aggiungono del realismo ad un dossier sul quale l’Ue non è mai riuscita a trovare un accordo comune efficace e funzionante.
Sembrerebbe che nemmeno questa sarà la volta buona. C’è poco tempo da qui all’estate, stagione che, visti gli ultimi sbarchi a Lampedusa e la crisi col Marocco a Ceuta, si annuncia complicata dal punto di vista degli arrivi dall’Africa.
E soprattutto ci sono pochi vertici in programma: quello informale della prossima settimana e quello formale del 24 e 25 giugno. Summit straordinario? Difficile. L’ultimo Consiglio Europeo straordinario sull’immigrazione risale al 2015, quando ci fu la maxi ondata dall’Africa e dall’est e Angela Merkel chiese e ottenne l’accordo europeo con Erdogan, firmato nel 2016 per fermare i flussi dai Balcani diretti prevalentemente in Germania (6 miliardi di euro di finanziamenti Ue alla Turchia).
Pur comprendendo le ragioni di Roma e Madrid e la necessità di riprendere la discussione sull’immigrazione, per i paesi del nord Europa questo resta un tema non prioritario. La speranza italiana è di riuscire a ottenere per lo meno delle cooperazioni rafforzate con i paesi disponibili a dare solidarietà almeno per gli arrivi dell’estate.
Per questo, da tempo è in corso un’interlocuzione del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese con gli omologhi di Germania e Francia, paesi che si sono offerti di collaborare per “non lasciare da sole Italia, Spagna, Grecia”. Ma, vista dal nord Europa, anche la via delle cooperazioni rafforzate non è così diretta e breve.
Perché, spiegano le stesse fonti europee, pur volendo escludere da un’eventuale intesa i paesi dell’est, non toccati dalle frontiere esterne e ideologicamente indisposti a discutere di questi temi, “occorrerà comunque trovare un accordo tra nord e sud Europa e questo ancora non c’è”.
Tradotto: non si fa in tempo prima dell’estate. Seconda traduzione: la cooperazione rafforzata al massimo potrà riguardare la Germania, ma non i frugali del nord, Olanda, Danimarca, Finlandia e affini.
Perché la loro richiesta è che il tema delle riallocazioni dei migranti vada di “pari passo con una procedura armonizzata di controllo delle frontiere”, per frenare i movimenti irregolari da sud a nord dell’Unione. La richiesta all’Italia di stare più attenta ai cosiddetti ‘movimenti secondari’ è sempre arrivata anche da Berlino, ma mentre la Germania tratta, i ‘frugali’ hanno un atteggiamento molto più rigido su questo punto.
Ieri a Bruxelles il segretario del Pd Enrico Letta ha messo nel mirino “ungheresi e polacchi” per fare un esempio dei paesi membri meno inclini alla solidarietà e dunque da non prendere in considerazione nella ricerca di una cooperazione rafforzata con gli Stati disponibili a trattare per scavalcare il meccanismo dell’unanimità, che però, ricordano le fonti nordiche, ”è previsto dai Trattati”.
Ecco, ma il problema non è circoscritto ai paesi dell’est, la cui fama nazionalista, sovranista e anti-comunitaria è ormai solida. Sull’immigrazione il problema è più generale, come si è visto da quando il piano Juncker sulle riallocazioni dei migranti è stato affossato nel 2015 perchè la maggior parte degli Stati membri si è rifiutata di accogliere.
Da qui, il patto europeo con la Turchia, soldi in cambio di ‘stop ai flussi’, con le sue nefaste conseguenze in termini di potere di ricatto di Ankara verso Bruxelles, ‘modus operandi’ che pare sia anche il motore dei rapporti tra Ue e Nord Africa.
Intanto la nave dell’ong Sea Eye 4 attracca a Pozzallo dopo una settimana di navigazione con a bordo 414 migranti salvati in mare. Ma il pessimismo non abita solo al nord Europa.
Anche Papa Francesco ritiene che la comunità internazionale sia incapace di affrontare le sfide comuni come l’immigrazione e i cambiamenti climatici. “La pandemia ci ha resi più consapevoli della nostra interdipendenza in quanto membri dell’unica famiglia umana”, ma “ci ha reso anche consapevoli che la comunità internazionale sta vivendo una crescente difficoltà, se non l’incapacità, di cercare soluzioni comuni e condivise ai problemi del nostro mondo”, dice il Pontefice.
(da Huffingtonpost)
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