“NON CONOSCE BERLUSCONI, GRILLO E CASINI”: E LA QUESTURA GLI NEGA LA CITTADINANZA
GHANESE, VIVE DA 16 ANNI IN ITALIA, E’ OPERAIO ALL’ELECTROLUX DI PORCIA, PARLA PERFETTAMENTE L’ITALIANO E MANTIENE QUATTRO FIGLI…LA QUESTURA DI PORDENONE GLI FA L’ESAME DI POLITICA E LO BOCCIA…LA FIGLIA LO FA AI CONCITTADINI ITALIANI E SCOPRE CHE NE SANNO ANCORA MENO
Se li conosci li eviti, se non li conosci rischi l’espulsione.
Così insegna la storia di Addai, un ghanese che ha tutti i requisiti ma non ottiene la cittadinanza italiana perchè non sa chi siano Alfano, Berlusconi, Casini.
E a dirla tutta, neppure Grillo, Di Pietro, etc…
Mentre il governo Letta e tutti noi siamo costretti a mandar giù le battute razziste di Calderoli e improbabili autoassoluzioni di Alfano sullo scandalo kazako, l’Italia cambia idea sull’immigrazione: la cittadinanza si ottiene grazie allo “ius partiti”.
Non è uno scherzo, è successo davvero.
Lo rivela il surreale e kafkiano parere con cui l’Ufficio Immigrazione della Questura di Pordenone, lo scorso gennaio, ha addotto quelle motivazioni per negare la naturalizzazione di un immigrato che — altra colpa grave — “conosceva i nomi di Monti e Napolitano, ma non di Ciampi”.
Il solerte funzionario non ha dubbi: respinto. La relazione, trasmessa alla Prefettura perchè finisca al Ministero dell’Interno, mette fine alle speranze di Addai Richie Akoto, operaio, padre di quattro figli in Italia da 16 anni.
Lo incontriamo a Pordenone, scopre da noi la brutta notizia.
La famiglia gli si stringe attorno. A sentire tutta la storia non ci sono dubbi, è un perseguitato politico.
Ma non dalle autorità del Ghana, da cui è scappato nel 1997 passando per la frontiera di Ventimiglia quanto da quei politici che distrattamente vede in tv.
Il rapporto, che è un atto interno, riporta un casellario giudiziale intonso, un quadro sociale sereno.
Vive in appartamento “per il quale versa un affitto di 650 euro” con tre figli e la moglie, tutti cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Versa anche 180 euro al mese per la stanza della figlia che frequenta Geologia a Trieste.
Quei soldi Addai se li suda e lo zelante estensore lo scrive pure: dal 2004 è assunto a tempo indeterminato all’Electrolux di Porcia, cuore industriale di Pordenone alle prese con 150 esuberi e con cassa e mobilità in scadenza a fine mese.
Se perde il posto, lui rischia l’espulsione con tutta la famiglia. Non conta.
Il dirigente vuole invece accertare, come impone la legge, il suo livello di preparazione linguistica e culturale.
Addai parla e legge l’italiano e “comprende anche le parole più complesse”.
Evviva, e allora? “Tuttavia ha una conoscenza storica, geografica e delle Istituzioni del nostro paese non sufficiente, confusa e lacunosa”.
Che avrà mai detto? Non ricorda le date delle feste nazionali, confonde quella della Repubblica con l’Unità d’Italia (istituita appena due anni fa e ignota ai più, ndr), i relativi periodi storici ed “afferma che Garibaldi era prima un politico e poi uno scrittore, senza essere in grado di dare la risposta esatta”.
Alt, parentesi: sul politico si può discutere, ma non c’è dubbio che abbia scritto poemi, lettere, memorie e trattati. Il meglio arriva ora: “Quanto alle istituzioni conosce i nomi di Napolitano e Monti, ma non di Ciampi e neppure la durata in carica del presidente della Repubblica che indica a vita”.
Il doppio settennato di Napolitano, in realtà , sembra anche dargli ragione.
Ed ecco il brivido vero: “Conosce il Parlamento e le due camere, (..) alcuni partiti principali, ma ha sbagliato i leader del Pdl, non conosce Grillo nè Casini e Di Pietro”. Inaccettabile: “si esprime parere sfavorevole”.
Così un dirigente ha deciso il destino di un aspirante italiano e chissà quanti altri. Almeno fino a luglio, quando il Ministero è ricorso a più miti consigli, anche grazie a un’interrogazione parlamentare di Sel sull’anomala parsimonia nelle concessioni.
La legge sulla cittadinanza (L.91/1992) e la circolare con le procedure di concessione fanno riferimento a “principi fondamentali cui si ispira il nostro ordinamento”. Qualcuno qui, ma forse anche altrove, fa a modo suo, assumendo che esponenti dei partiti (e non delle istituzioni) siano parte dell’ordinamento.
E che l’infausto destino dei cittadini italiani sia di doverli conoscere uno per uno. Postilla: con la terzogenita Jonaqline, quarta liceo, siamo andati a fare le stesse domande rivolte al padre ai residenti italiani.
Il risultato è esilarante.
E ora, chi si prende la briga di revocare loro la cittadinanza?
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano“)
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