“NON DIREMO SI’ A TUTTO. L’UCRAINA NON RINUNCIA ALLA DIGNITA’”
“NON SIAMO COSI’ DISPERATI DA ACCETTARE QUALSIASI COSA”… L’EX DIPLOMATICO RUSSO BONDAREV: “I 28 PUNTI? SCRITTI DA INCOMPETENTI, PUTIN VUOLE MOSTRARE AGLI USA CHI COMANDA”
Più che una proposta negoziale è un ultimatum. Va bene che Donald Trump ha precisato che il “piano di pace” non è definitivo. Ma mantiene il termine del 27 novembre. Gli ucraini devono dire di sì entro giovedì. Li vuole puntuali e senza speranze. Come il tacchino sulla tavola degli americani, che quel giorno festeggeranno il Thanksgiving. Trump vuole far accettare a Kyiv una trattativa prima di ogni eventuale cessate il fuoco. Come ha sempre voluto Vladimir Putin. E che accettino subito.
Sennò, niente più armi e intelligence dagli Usa.
Punti fuori posto
Il problema è che per l’Ucraina avallare i 28 punti del documento Witkoff-Dmitriev significa legittimare presupposti che di fatto negano la sua sovranità. Anche se il piano non è conclusivo, la base di partenza è la peggiore possibile. E non è detto che a Kyiv si sia poi così disperati. Ma c’è anche un altro ostacolo sulla strada dell’iniziativa statunitense: alcune condizioni sembrano inammissibili anche per il Cremlino. A meno che non vengano subito cambiate per farle corrispondere agli obiettivi di guerra russi.
Se così fosse, e se al contempo Volodymyr Zelenskyy acconsentisse al volere di Trump, Putin potrebbe proclamare vittoria su tutti i fronti. Avrebbe sconfitto non solo Kyiv ma anche e soprattutto gli Stati Uniti. Quindi, l’Occidente. Ammesso che l’involuzione autoritaria in corso negli Usa e il sostanziale allineamento con Mosca consenta di considerare ancora il Paese di Thomas Jefferson, Franklin D. Roosevelt e John F. Kennedy parte dell’idea di Occidente.
In realtà il “piano in 28 punti” ha poco a che vedere con un’iniziativa diplomatica. Non si sa bene come nasce, è pasticciato nella forma e poco credibile nei contenuti. Improbabile che possa metter fine alla carneficina.
Queste riflessioni nascono da un’analisi dei termini che il piano contiene, della sua atipica genesi e delle sue prospettive. Corrispondono alle valutazioni di esponenti della élite ucraina
di insider della politica estera russa. Con alcuni abbiamo parlato in via confidenziale. Altre, li abbiamo intervistati.
Compromessi possibili
“Se invece di un ultimatum fosse davvero un’offerta preliminare su cui discutere, sarei quasi ottimista”, dice a Fanpage.it il politico ed economista Timofyy Mylovanov, già ministro dello Sviluppo economico di Volodymyr Zelenskyy, oggi adviser del governo e presidente della Kyiv School of Economics.
“Non sarebbe impossibile accordarsi su alcuni temi. Forse in modo provvisorio. Per definirli in un secondo tempo”. Un esempio? L’entità delle forze armate ucraine. Il piano prevede che vengano dimezzate. “Ma ci si potrebbe venire incontro su dove possano essere dispiegate. E ci si potrebbe confrontare sugli armamenti permessi”, nota l’accademico.
La condizione di escludere la presenza militare di Paesi terzi sul territorio ucraino per assicurare il rispetto degli accordi, a Kyiv viene considerata un falso problema: “Non è una garanzia reale: in caso di un nuovo attacco russo, le ‘forze di pace’ prenderebbero armi e bagagli e se ne andrebbero”. Mylovanov ritiene incontestabile la volontà da parte ucraina di cercare in modo costruttivo soluzioni e offrire alternative credibili, ribadita da Zelenskiyy nel suo ultimo, drammatico discorso alla nazione.
Questione di dignità
Ma il presidente ha anche chiarito come la dignità e la libertà dell’Ucraina non siano negoziabili. Una linea rossa è l’eventuale partecipazione della Russia al sistema per garantire la sicurezza.
“È fuori discussione”, dice Mylovanov. Su questo punto saltò il tavolo di Istanbul nell’aprile 2022, quando, dopo la batosta presa dalle forze armate di Putin nella battaglia di Kyiv, qualche compromesso da parte del Cremlino era sembrato possibile.
“L’Ucraina ha fretta di chiudere il conflitto, ma non tutta la fretta che credete”, spiega Timofyy Mylovanov: “Non diremo di sì a tutto”. Zelenskyy “è più debole” dopo lo scandalo della corruzione, ma “ha fatto pulizia”. E sta aumentando il suo spazio politico: “Potrebbe coinvolgere nel governo esponenti dell’opposizione. Serve una coalizione ampia, perché le pressioni sono enormi”. Pressione sui fronti di guerra, per le inchieste sulla corruzione. E ora, quella di Washington.
A guidare la delegazione ucraina negli incontri con i rappresentanti di Usa e Russia sarà l’“eminenza grigia” della Bankova, il capo dell’amministrazione presidenziale Andryy Yermak. Si vede che non si teme possa esser coinvolto nella “tangentopoli”, come ipotizzato da alcuni media. “Ha fatto da parafulmine ma non ci sono accuse contro di lui”, sostiene Mylavonov, che a Yermak è molto vicino.
Gli chiediamo di definire con due aggettivi l’attuale stato d’animo degli ucraini. “Sprezzante”, risponde. “Ma siamo anche esausti. E demoralizzati per il tradimento statunitense, oltre che per lo scandalo delle tangenti”.
Pasticcio diplomatico o dezinformatsiya?
“Il testo dei 28 punti è scritto male, senza professionalità né criterio”, commenta a Fanpage.it Boris Bondarev, dimessosi dal
ministero degli Esteri russo perché contrario alla guerra. “Nel documento non c’è alcuna logica diplomatica. Non è una proposta di trattativa. È un ultimatum mascherato”.
Il diplomatico sottolinea come il punto in cui si assicura la sovranità dell’Ucraina sia immediatamente seguito da altri che la negano. Perché limitano l’esercito, vietano l’ingresso nella Nato, danno all’invasore il diritto di dire la sua sulla sicurezza.
“Alcuni punti sono semplicemente ridicoli”, continua Bondarev. “La richiesta che tutti i caccia europei siano concentrati in Polonia non ha senso operativo. Nessuno sa quali aerei, quanti, dove sistemarli. È un esempio di vaghezza e improvvisazione”.
Le incongruenze e la faciloneria del documento creano addirittura il sospetto che sia frutto di una manovra di disinformazione orchestrata dall’inviato del Cremlino Kirill Dmitriev sfruttando i media americani.
Il sito investigativo The Insider ha scoperto che l’incontro di Dmitriev con Witkoff a Miami è durato non tre giorni ma solo poche ore. Troppo poco per elaborare un piano di pace. L’articolo di Axios che ha reso noto il piano citava le parole del solo Dmitriev. Un post dello stesso Witkoff su X, poi cancellato, riferiva che lo scoop di Axios era stato originato da “K”. Kirill Dmitriev, si può supporre.
Fatto compiuto
Strano che la Casa Bianca non avesse alcuna strategia di comunicazione per un documento cruciale per la reputazione del presidente. Strano che il segretario al Tesoro Scott Bessent abbia
bollato Dmitriev come “ignobile propagandista” proprio nel giorno in cui in teoria avrebbe partorito i 28 punti insieme al suo omologo statunitense.
Ancor più strano che il giorno prima gli Usa avessero dato il via libera a Kyiv per colpire il territorio russo con missili ATACMS. E che avessero appena approvato l’invio di sistemi di difesa antiaerea Patriot a Kyiv. Perché, se si stava preparando un documento così amichevole nei confronti del Cremlino? Nel quale si accolgono le sue condizioni massimaliste?
L’ipotesi è che Dmitriev abbia utilizzato colloqui ancora in corso su un piano di pace per mettere gli americani di fronte a un fait accompli. Per quanto coinvolti, hanno dimostrato disorganizzazione interna. Alcuni senatori hanno riferito che secondo il Segretario di Stato Rubio il piano era solo “una lista di richieste della Russia”.
Foggy Bottom — il ministero degli Esteri Usa — ha poi dovuto precisare che il documento è opera statunitense. L’ex inviato di Trump per l’Ucraina, Kurt Volker, continua a ritenere che “sia stato scritto dai russi per costringere Zelensky a rifiutarlo, in modo da avere la scusa per scaricarlo”. E consiglia di far cadere l’iniziativa, chiamando gli europei a dichiararla inaccettabile e proporre alternative.
Non c’è pace senza volontà
Boris Bondarev osserva che la Russia non cerca un accordo con l’Ucraina. Il vero interlocutore è Washington: “L’obiettivo non è la pace, ma imporre la propria volontà agli americani”. Poco
importa se le condizioni poste non rispettano la realtà militare e politica ucraina. E nemmeno quella russa.
“Putin non accetterà mai il consiglio di supervisione a guida americana previsto nel piano”, sostiene Bondarev. L’obiettivo di Mosca è mostrare che gli Stati Uniti e l’Occidente sono deboli. Che la Russia è vittoriosa. “Il segnale agli americani e a Kyiv vuole essere: guardate chi comanda”.
Anche la questione economica è un ostacolo. Difficilmente Putin accetterà la confisca di 100 miliardi di dollari di asset russi per destinarli alla ricostruzione dell’Ucraina. Come lo spiegherebbe agli esponenti della élite che lo sostiene? Sono i loro soldi.
I 28 punti, insomma, non riescono a soddisfare in pieno nemmeno la Russia. Diplomazia infantile. Che deve fare i conti con un popolo intenzionato a rimanere libero in uno Stato sovrano. E con un regime che — come ha ribadito Putin poche ore fa — ha tutta l’intenzione di andare avanti col conflitto se l’Ucraina non capitolerà “a tavolino”. Non c’è pace senza volontà concreta. Difficile che la guerra possa concludersi con questo foglio scritto male.
(da Fanpage)
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