Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL MEZZO ERA STATO SEQUESTRATO PERCHE’ I LADRI LO AVEVANO UTILIZZATO PER COMPIERE UNA RAPINA E SI TROVAVA IN UN CAPANNONE DISMESSO USATO COME DEPOSITO GIUDIZIARIO… LA MOTOCICLETTA È STATA SOLO RITROVATA GRAZIE A UN CARABINIERE APPASSIONATO DI MOTO
Quando l’aveva comperata faceva la sua bella figura sfrecciando con il Benelli 250 per
Mestre (Venezia), ma ora che è stata ritrovato dopo 36 anni dal furto è un bel pezzo di moto d’epoca che, magari, farà gola agli appassionati.
Già, perchè il proprietario, ormai 69enne, non più con lo spirito da ‘easy rider’, come riferiscono i giornali locali, si è visto restituire dai carabinieri il suo Benelli, ancora con il suo rivestimento in pelliccia sulla sella, sebbene arrugginita nelle parti metalliche, ma con i freni ancora attivi. Nel 1989 era stato rubato e poi si scoprì che il mezzo era stato usato per compiere una rapina e per questo venne posto sotto sequestro. Poi sparì nel nulla, nessuno informò il ‘biker’ e questa storia finì nel dimenticatoio.
Ormai il proprietario aveva perso la fiducia di ritrovarla e all’epoca non l’aveva sostituita con un’altra motocicletta perchè le sue finanze non glielo permettevano. Quando alcuni giorni fa suonano i carabinieri, l’uomo li ha accolti scoprendo che il suo amato Benelli era stato ritrovato in un capannone dismesso usato come deposito giudiziario. Nel frattempo la motorizzazione aveva distrutto la documentazione del mezzo e cancellato la punzonatura del telaio, lasciando però la targa. Da questo elemento un carabiniere, appassionato di moto, ha ricostruito la storia del mezzo per ritrovare il legittimo proprietario.
(da agenzie)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
“E’ UN MECCANISMO NON DEMOCRATICO, BLOCCA OGNI DECISIONE. IL POTERE È PASSATO DALLA COMMISSIONE, ORGANO SOVRANAZIONALE, AL CONSIGLIO CHE RAPPRESENTA I SINGOLI PAESI”… LE SPESE MILITARI? SERVE UNA DIFESA COMUNE EUROPEA. SE OGNUNO SI FA IL SUO CARRO ARMATO NE AVREMO 12 DIVERSI. IL RISULTATO? LA TECNOLOGIA AVANZATA LA COMPREREMO DAGLI STATI UNITI”
Presidente Prodi, in questi mesi ha visto in Cina qualcosa di cui in Europa non si ha ancora la percezione?
Ho trovato la Cina in un profondo periodo di transizione […] È oramai finita l’epoca della crescita grandiosa. Hanno problemi di ridefinizione interna, sia economica che politica. […] c’è una grande capacità produttiva e non è facile trasformare un Paese in cui gli investimenti sono prioritari rispetto ai consumi. Ma non essendoci ancora un sistema di welfare, di pensioni e di garanzie per la salute, è difficile spingere il cittadino a cambiare abitudini.
Pechino ha trovato nuove strade anche per i suoi investimenti
Hanno cominciato una grande trasformazione verso gli investimenti in alta tecnologia. Pensiamo solo che per ogni addetto dell’industria ci sono più robot in Cina che in Germania. E poi soprattutto c’è un’attenzione esasperata per l’intelligenza artificiale, verso il futuro. Quindi è uno sforzo grosso, per un Paese che è il 19 per cento dell’intera umanità.
Per quanto riguarda i rapporti con Pechino, che fine ha fatto la Via della seta?
La Via della seta aveva emozionato perché sembrava la ripresa del grande rapporto fra Europa e Cina nel nome di Marco Polo. Anche io ero favorevole, ma è diventato uno strumento di politica estera. Molto utile per loro, sono andati in Africa, verso il Pakistan, un po’ in tutto il mondo. E gli europei alla fine ne sono rimasti fuori.
Com’è oggi il rapporto tra Cina e Europa?
C’è il gran problema dell’incertezza della politica. Ci vedono come una istituzione che non sa decidere. Pensano che Bruxelles possa comunque essere un mediatore importante, come lo era stato in passato
Lei ha parlato di un mondo che sta cambiando. Del fatto che stiamo andando verso un equilibrio di autoritarismi.
Ritorniamo alla guerra fredda con protagonisti rinnovati. Cioè ormai ogni giorno il confronto è tra Trump, Putin e Xi . Ma soprattutto tra Trump e Xi. Cioè tra America e Cina. Il fatto nuovo è che questo confronto è fuori da ogni intermediazione e sta tagliando fuori la democrazia. […] Sembra quasi che gli Stati Uniti abbiano imparato dalla Cina a sviluppare il capitalismo riducendo gli spazi democratici.
Io dico con ironia che fa più antitrust Xi Jinping punendo Alibaba che non Trump che lascia assolutamente libere le imprese di fare quello che vogliono. L’economia è tornata in mano alla politica nel senso stretto. Gli autoritarismi hanno lavoro più facile perché non hanno ostacoli. Le regole di mercato sembrano in qualche modo essere state messe da parte.
Perché l’identità europea non c’è ancora?
Il problema è che siamo impiccati alla regola dell’unanimità, e questo blocca ogni decisione. Il potere è passato dalla Commissione, organo sovranazionale, al Consiglio che rappresenta i singoli Paesi. Può anche andare bene ma non può essere accompagnato da una regola come questa perché non è democratica. Ogni Paese ha come il diritto di bloccare qualsiasi decisione. Quindi questo vuol dire non decidere.
La Russia è una minaccia per l’Europa?
Quando parlo ai miei studenti, spiego che nei dieci anni prima del Covid, la Cina è cresciuta di una Russia l’anno. Quindi la Russia è una grande potenza ma la bilancia è tutta per Pechino.
Giusto aumentare le spese militari europee?
È ovvio dire che negli ultimi anni le abbiamo calate troppo. Però o si risponde con la difesa comune europea oppure noi stiamo aumentando la spesa militare non europea, ma delle nazioni europee. Se ognuno si fa il suo carro armato, non c’è un carro armato europeo ma avremo 12 carri armati diversi. Qual è il risultato? La tecnologia avanzata la compreremo dagli Stati Uniti. Quindi avremo più spesa ma non avremo una industria militare indipendente.
Dov’è finito il rapporto Draghi, nei cassetti ?
Finora è in un cassetto e chiuso a chiave appena uscì ilrapporto Draghi la Germania disse che costava troppo. Vedo solamente delle belle proposte ma nessuna decisione. sta succedendo che i giovani non hanno mai visto una grande decisione dell’Europa. Il risultato è che dalle inchieste sociologiche risulta che sono i meno favorevoli all’Europa.
(da “Sole 24 Ore”)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
MUSK CRITICA E TRUMP LO MINACCIA
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito al suo dipartimento per
l’efficienza energetica di valutare la possibilità di tagliare i sussidi ricevuti dalle aziende del Ceo di Tesla, Elon Musk. Per far risparmiare denaro al governo federale. «Elon potrebbe ricevere più sussidi di qualsiasi altro essere umano nella storia, di gran lunga, e senza sussidi, Elon dovrebbe
probabilmente chiudere i battenti e tornare a casa in Sudafrica», ha dichiarato Trump su TruthSocial. E ancora: «Basta con lanci di razzi, satelliti o produzione di auto elettriche, e il nostro Paese risparmierebbe una FORTUNA. Forse dovremmo chiedere a DOGE di analizzare attentamente la questione? UN SACCO DI SOLDI DA RISPARMIARE!!».
Dietro l’attacco
Cosa ha fatto Musk per scatenare di nuovo l’ira del presidente? L’imprenditore messo a capo del suo piano di riduzione dei costi governativi prima di un litigio pubblico tra i due a giugno sulla legge di bilancio ha minacciato lunedì di attaccare i Repubblicani in vista delle elezioni di medio termine del 2026. «Ogni membro del Congresso che ha fatto campagna per la riduzione della spesa pubblica e poi ha immediatamente votato per il più grande aumento del debito pubblico della storia dovrebbe vergognarsi!», ha scritto Musk su X.
L’imprenditore di Tesla ha anche ribadito il suo interesse per un nuovo partito politico. E ha accusato i legislatori di entrambi i partiti di appartenere al “porky pig party”, una critica ai livelli di spesa pubblica. La Camera di Commercio degli Stati Uniti, che afferma che la maggior parte dei suoi membri sono piccole imprese, sostiene la legge. Tuttavia, John Arensmeyer, che rappresenta oltre 85.000 piccole imprese presso la Small Business Majority, ha avvertito che le agevolazioni fiscali per le imprese sono attualmente sbilanciate a favore delle piccole imprese più ricche.
Il voto al Senato
Stamattina i senatori repubblicani sono ancora alle prese con il Big Beautiful Bill. La legge di tagli e spese del presidente avrà un impatto di 3,3 trilioni di dollari sul debito. La maratona si chiama vote-a-rama e prevede una serie di emendamenti per aggirare le regole del Senato. Il voto è iniziato lunedì ed è
andato avanti per 16 ore. Il processo è stato rallentato dalla valutazione sulla conformità degli emendamenti alle norme di bilancio. Il Congressional Budget Office, un ente apartitico, ha pubblicato domenica la sua valutazione dell’impatto della legge sul debito statunitense di 36,2 trilioni di dollari. Si stima che la versione del Senato costerà 3,3 trilioni di dollari. Ovvero 800 miliardi in più rispetto alla versione approvata il mese scorso dalla Camera dei Rappresentanti.
(da agenzie)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
GLI EREDI DEL CAV GIÀ SI SONO ACCOLLATI I 90 MILIONI DI FIDEIUSSIONI, TANTO BASTA
C’è tempo ancora nel secondo semestre, ma per la prima volta nei primi sei mesi del 2025 alle casse di Forza Italia è mancato l’apporto della famiglia Berlusconi e della Fininvest.
Zero euro versati rispetto ai 600 mila arrivati nell’anno precedente, quando tutti e cinque gli eredi Berlusconi (Marina, Piersilvio, Eleonora, Barbara e Luigi) avevano versato entro aprile il massimo consentito dalla legge per finanziare un partito: 100 mila euro a testa.
E a loro si era aggiunto con lo stesso identico versamento al partito guidato da Antonio Tajani anche lo zio Paolo, fratello di Silvio ormai scomparso da un anno.
Fra febbraio e marzo del 2023, con il fondatore del partito ancora in vita, erano arrivati in cassa 700 mila euro: 100 mila testa dai cinque figli, dallo zio e anche dalla Fininvest spa. Quest’anno zero, e rischia di diventare un problema per Tajani. Il contributo più elevato fin qui è rappresentato dai 30 mila euro versati dallo Studio Pichetto e associati srl trasmessi alla tesoreria delle Camere il 30 gennaio scorso.
È ancora presto per escludere un “ravvedimento operoso” degli eredi Berlusconi da qui alla fine dell’anno, ma in questo momento il piatto di Forza Italia piange. Ancora di più perché la palma del finanziamento più consistente ricevuto quest’anno passa dagli azzurri a un partito rivale, il Pd di Elly Schlein.
Anche qui il caso non è diversissimo da quello Berlusconi-Forza Italia, perché a versare 90 mila euro in due diverse tranche (una da 80 mila e una da 10 mila euro) è l’ex conduttrice Mediaset e Rai, Cristina Parodi. I due versamenti sono stati fatti alla amministrazione del Pd di Bergamo […].
Risalgono però all’anno precedente, e sono anche in questo caso un finanziamento avvenuto tutto in famiglia.
La Parodi infatti è la consorte dell’ex sindaco di Bergamo (ed ex manager Fininvest) Giorgio Gori, che proprio nel 2024 il Pd ha candidato con successo all’europarlamento.
Al giro di boa del primo semestre sia il Pd che Fratelli di Italia e il Movimento 5 stelle non hanno ricevuto nemmeno un contributo da società esterne.
La forza politica più attrattiva per il mondo delle imprese è risultata essere Coraggio del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro.
Ma anche in questo caso si tratta di una partita di giro in famiglia, perché a contribuire oltre al diretto interessato sono state soprattutto imprese del Gruppo Umana che appartiene proprio a lui.
Ha numerosi finanziamenti da imprese invece la Lega di Matteo Salvini, ma quelli più alti non superano i 30 mila euro
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL TRIBUNALE HA ARCHIVIATO LA LORO POSIZIONE, MA NEL FRATTEMPO HANNO PERSO IL LAVORO
Tre lavoratori di cittadinanza marocchiane un tunisino sono stati espulsi dall’Italia
nel luglio 2022 per un’accusa di terrorismo. Ma il tribunale di Perugia l’ha ritenuta insussistente e ha archiviato la loro posizione. E ora chiedono allo Stato un risarcimento di due milioni di euro. I quattro nordafricani di 57,
47, 40 e 39 anni avevano il permesso di soggiorno. Lavoravano per sostenere le loro famiglie con contratti a tempo indeterminato. Dopo l’accusa sono stati rimandati nel paese di origine senza alcuna forma di sostentamento
Tutti erano genitori di figli minorenni nati in Italia. Nella richiesta che l’avvocato Hilarry Sedu, legale dei quattro immigrati, ha inviato, tra gli altri, al Ministero dell’Interno, viene sottolineato che questo grave errore giudiziario «ha cagionato loro gravissimi danni, patrimoniali e non patrimoniali». E, soprattutto, «alle famiglie le quali dipendevano dai redditi di ciascuno di loro».
«Lo Stato deve riconoscere e ammettere quando sbaglia. E deve ripristinare le sofferenze dei minori ai quali ha strappato dei genitori già integrati nel contesto sociale italiano. Deve far sì che questi minori non crescano con il risentimento nei confronti della bandiera italiana. Perché non si devono ripetere le tragedie avvenute nelle banlieue francesi», conclude il legale.
(da agenzie)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLE NOZZE DI CLEMENTE E SANDRA TRASFORMA UN PAESE IN UNA MEGA VENEZIA
Ceppaloni. Jeff Bezos, ma vattènne! I Mastella sono Prime, il resto è solo un pacco. Ceppaloni straccia Venezia, l’amore dei
Mastella, Clemente e Sandra Lonardo, è universale, aperto a tutti, incontestabile. Premessa, il racconto intero dell’anniversario, cinquant’anni di nozze, di Sandra e Clemente, ve lo faremo domani ma assaggiate oggi pastelle da un matrimonio, l’entrée. Collassano cavi Generali a Milano, trema la terra flegrea, ma qui a Benevento arriva puntuale l’Italo Alta Velocità e la signora Giulia, se “necessitate, signore”, vi accompagna fino in hotel perché “Benevento vuole bene assai ai Mastella”. Iva Zanicchi, invitata speciale, da due giorni, mangia scarparielli ed è amata più di Taylor Swift. La trasmissione, Rai, “Filorosso” fa la “scarpetta” alla Cnn. Scriviamo sotto lo sguardo dello Spirito Santo, dalla chiesa di San Giovanni in Ceppaloni, 670 abitanti. Clemente è commosso, Sandra è oltre la moda, oltre Vogue. Dio sorride a Ceppaloni.
Rose gialle e ranuncoli, ortensie e ventilatore a pale, celebra il vescovo Felice Accrocca ma concelebra don Lorenzo, che è bello più di Orlando Bloom, e che ci dice: “Clemente e Sandra sono nati qui. Questa mattina sono venuti a pregare. Sono un esempio di famiglia nazionale”. Quanto è triste Venezia, come canta Aznavour, e quanto è tenerissima San Giovanni di Ceppaloni, frazione del mondo, particella di Dio, della Dc, Itaca dei Mastella. Facile portare in jet Leonardo DiCaprio in laguna, facile con tutti i pacchi di Amazon invitare Bill Gates, Kim Kardashian, ma solo per Clemente e Sandra si muove l’aquila di Ligonchio, Zanicchi, solo per loro viene Matteo Piantedosi (le donne se lo mangiano con gli occhi, è abbronzato e ha occhiali hollywoodiani alla Daniel Craig, quello di Luca Guadagnino che cammina sulle note dei Nirvana). Solo per Sandra e Clemente si muovono Diego Della Valle, e Andrea, Pier Ferdinando Casini, Katia Ricciarelli e il Dante della fotografia aerea, Massimo Sestini, lo spericolato. 370 invitati, a Villa Mastella, la pre benedizione di Papa Prevost, che chiama personalmente
Clemente e gli fa: “E non mi dici nulla che è il tuo anniversario?”. Ci sono trentaquattro gradi ma in chiesa si trovano i ventagli “Sandra-Clemente 50”.
Sandra è vestita di verde, pantalone e giacca, Clemente ha un abito da elezione a presidente della Repubblica. 11 panche, in chiesa, catering con la granita al limone, l’aperitivo Ace, la menta fresca dei fratelli Collarile di Benevento. Prende le parola Sandra prima della preghiera e rivolgendosi agli invitati dice: “Un anniversario non è un avvenimento nostalgico”. Il vescovo, pieno d’affetto, aggiusta le Sacre scritture perché si deve leggere “fortunata la donna che ha un buon marito”. Solo i parvenu cambiano 27 abiti, come la signora Bezos, e si regalano gioiellazzi. A Sandra basta sussurrare: “Clemente ricevi questo anello e questa rosa”. Racconta l’operatore Rai: “Stiamo preparando la diretta per Tg3 e Tg1 e c’è pure il Tgr” e lo dice mentre Sandra e Clemente si scambiano un segno di pace, un bacio sulla guancia. Il piccolo coro di Ceppaloni canta, e per fede, e non per denaro, e canta meglio delle popstar con la panza. Ah, una lezione alla signora Sánchez-Bezos: le vere dive come Sandra Lonardo chiedono “niente foto” e non hanno bisogno di aggiungere il cognome del marito. Sandra è Sandra e Mastella diventa d’oro solo se c’è lei. Il prete rivela: “Sono stato io a dire a Clemente di venire a festeggiare in questo piccolo paese. Ebbene, loro mi hanno detto sì. Ecco io misuro da questo la grandezza del cuore. Cari Clemente e Sandra siete grandi nel poco”.
Casini ci vede e ci schiaccia l’occhio. Vogliono tutti la foto con Casini. Caro Bezos, i tuoi soldi non valgono l’affetto di Andrea Della Valle verso Sandra e Clemente, tanto che si serve la granita da solo perché qui Della Valle si sente a casa. In chiesa, Clemente dedica la preghiera del buonumore: “Donami Signore una vita che non conosce la noia, i brontolamenti, fai in modo
che non mi crucci per l’Io. Concedimi la grazia di comprendere lo scherzo e donarlo a tutti gli altri”. Un paese dove alle tre di pomeriggio si beve Peroni ghiacciata si trasforma in una mega Venezia, un paese dove ci presenta così: “Io sono paesano di Mastella” è felice senza destra e sinistra. E perdonateci qualche errore, ma battiamo parole su un telefono, da Ceppaloni Prime, perché “Clemente vuole che ora si festeggi con Gigi D’Alessio” che per Ceppaloni vale “due Sinatra, un Elton John”. Pensa Casini: “Ho conosciuto tanti politici ma posso dire che Clemente umanamente è uno dei migliori. Alle europee, ai tempi del Ccd, con i suoi voti riuscì, a Benevento, a farmi superare Berlusconi quando Berlusconi era Berlusconi. Per la ferita, il Cav. non rivolse la parola a Mastella per ben tre mesi”. Qui il matrimonio si chiama “sposalizio” e non wedding. Caro Bezos, ne riparliamo fra 49 anni. Nessuno ricorderà Venezia ma tutta Ceppaloni ricorderà il 30 giugno 2025 e dirà ai nipoti: “Io c’ero. Ah, che sposalizio…”.
(da ilfoglio.it)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
GLI STOLTI CHE NON CAPISCONO CHE LA VIOLENZA GENERA ALTRA VIOLENZA
Il problema dei violenti è che spesso sono anche sciocchi. O meglio: non essendo
abbastanza intelligenti, si illudono che la violenza possa risolvere ciò che la loro ragione non arriva a capire.
Prendete questa dichiarazione del signor Ben Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale di Israele e falco del governo Netanyahu: “L’obiettivo finale della guerra (ovvero dell’ecatombe di Gaza, ndr) è la completa sconfitta di Hamas, in modo che nessuno possa mai più massacrare i nostri cittadini e rapirne centinaia”.
Detto che l’aspirazione alla sicurezza degli israeliani, specie dopo il 7 ottobre 2023, è del tutto comprensibile e legittima, è
mai possibile che nessuno riesca a spiegargli che ciò che lui chiama “distruzione di Hamas” ha assunto le forme e i modi della cancellazione di un popolo; e dunque, anche ammesso che la detestabile egemonia di Hamas a Gaza possa avere fine, l’odio dei superstiti sarà inestinguibile, e dopo Hamas nascerà qualcosa di peggiore e di ancora più esiziale per Israele?
Ammesso e concesso che al signor Ben Gvir delle persone palestinesi, bambini e donne compresi, non importi nulla, come può non capire che quello che sta accadendo a Gaza non solo non giova alla sicurezza degli israeliani, ma la rende più precaria che mai?
Le macerie e le stragi chiamano altro sangue, e alla lotteria della Storia non è detto che sia il sangue altrui. Ma i Ben Gvir di tutto il mondo non hanno abbastanza sale in zucca per capirlo, e come tutti i fanatici gettano le basi della loro rovina. Trascinando, nella loro rovina, anche gli innocenti.
(da repubblica.it)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO MELONI SI ACCINGE A REGOLARE I CONTI CON LA MAGISTRATURA
Nella beata incoscienza del pubblico pagante, sta per scattare la trappola perfetta. Come funziona? Con un gioco illusionistico. Tu mostri per mesi una riforma — il premierato — che capovolge l’universo mondo, o almeno il mondo disegnato dai costituenti. S’accende un dibattito infinito, con tonnellate d’interviste, editoriali, audizioni parlamentari, bla bla bla.
Strada facendo (ma forse lo sapevi già da subito) t’accorgi che quella riforma può diventare un harakiri per il tuo esecutivo, come accadde a Renzi, e in precedenza pure a Berlusconi, castigati entrambi da un referendum popolare. E allora, mentre le pupille degli astanti sono ancora illuminate dalla madre di tutte le riforme, tu concepisci il figlio: una giustizia tutta nuova
Battezzandola proprio quando il decreto sicurezza innalza un monumento all’ingiustizia, quando le carceri trasformano ogni pena giusta in una tortura ingiusta, come ha ricordato ieri il presidente Mattarella.
A suo tempo (un anno fa) la creatura nasce al riparo da sguardi indiscreti, durante una riunione di 40 minuti fra 8 persone. Ma da allora in poi sgambetta veloce fra i banchi delle assemblee parlamentari. Pestando qualche piede, sicché s’alza il lamento dei contusi. Il Consiglio superiore della magistratura vota un parere di dissenso a larga maggioranza (24 consiglieri). L’Associazione nazionale magistrati proclama uno sciopero, con manifestazioni e assemblee pubbliche in 29 città. Gli avvocati invece applaudono, mentre il Consiglio nazionale forense protesta contro la protesta del corpo giudiziario.
L’opposizione s’oppone, d’altronde è il suo mestiere. Ma senza troppa convinzione, anche perché gli animi sono tutti concentrati sulle guerre, sui dazi di Trump, sulla crisi della legalità internazionale.
Nel frattempo la riforma corre come un treno. Il disegno di legge costituzionale era stato presentato il 13 giugno 2024. Il 16 gennaio 2025 la Camera lo approva — senza correggerne una virgola — in prima lettura. E oggi in Senato andrà in scena il rush finale, dopo aver sterilizzato i 1300 emendamenti scritti dalle minoranze attraverso la tecnica del «canguro», altra creatura fantasmatica. Servirà poi la seconda lettura di ambedue le Camere, ma anche questo è un esito scontato.
Da qui la nuova pelle del testo costituzionale, con 7 articoli che cambiano registro. Ma da qui, anche e soprattutto, un bel trappolone per gli avversari dell’esecutivo. Perché questi ultimi, ostacolando la riforma, si trovano a vestire l’abito dei conservatori, sono costretti — loro malgrado — a difendere il sistema giudiziario così come funziona adesso, o meglio non
funziona. Perché il restyling della giustizia distoglie l’attenzione dal naufragio sul quale è incappato il premierato, trasformando l’insuccesso in un successo. E perché, alla fine della giostra, ci attende un referendum. Lo vincerà il governo, un risultato diverso sarebbe una sorpresa. Intanto, nel referendum costituzionale non c’è il quorum, sicché l’opposizione non può restituire la pariglia rispetto ai referendum sulla cittadinanza e sul lavoro dei primi di giugno, cavalcando l’astensione.
E in secondo luogo l’oggetto di quel referendum non saranno i poteri del Premier, non sarà il faccione di Giorgia Meloni, che oggi piace e magari domani non piace. No, sarà il consenso verso il potere giudiziario, che da tempo vola rasoterra: ne ha fiducia soltanto il 39% degli italiani, attesta un sondaggio Tecnè diffuso a febbraio. E il 68% degli intervistati voterebbe a favore di questa riforma, dichiara il medesimo sondaggio.
Conclusione: il governo Meloni s’accinge a incassare il suo bottino. Regolando i conti con la magistratura, e mettendo all’angolo il Pd, insieme ai suoi alleati. Ma in questo scenario c’è una responsabilità delle stesse opposizioni. Avrebbero dovuto scegliere una strategia diversa dal muro contro muro. Dopotutto, la separazione delle carriere è già in circolo nel nostro ordinamento: con la riforma Cartabia del 2022 il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante può avvenire una sola volta in tutta la carriera, e con l’obbligo di cambiare sede; tanto che l’1% appena dei magistrati trasmigra da una funzione all’altra. Dunque si tratta d’una riforma manifesto, sostanzialmente innocua nelle sue concrete conseguenze. Nonché appoggiata da varie personalità della sinistra, in nome d’un garantismo spesso declamato ma assai poco praticato. Non è il caso, insomma, di farne una crociata.
A sua volta, l’uso del sorteggio per formare gli organi d’autogoverno è forse l’unico sistema per arginare le correnti giudiziarie, dopo tanti tentativi andati a vuoto. La deriva correntizia, la spartizione dei ruoli di vertice in virtù del peso che assumono le diverse associazioni dei magistrati, nuoce al prestigio stesso del corpo giudiziario. Mentre il sorteggio rappresenta la più antica procedura democratica, già in uso nell’Atene del V secolo a.C. Magari la ricetta Nordio è troppo radicale, magari sarebbe stato meglio conservare una quota di membri elettivi, senza infliggere un’umiliazione al potere giudiziario. E magari le opposizioni avrebbero potuto suggerirlo con qualche emendamento costruttivo, anziché puramente distruttivo. Chissà, forse Togliatti avrebbe scelto questa posizione. Lui le trappole le fiutava, invece di caderci dentro mani e piedi.
(da La Repubblica)
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Luglio 1st, 2025 Riccardo Fucile
QUANDO ANCHE I CATTIVI FINGONO DI ESSERE BUONI
L’arte di conquistare gli amici e il dominio sugli altri di Dale Carnegie (è la bibbia di
ogni bravo venditore, Berlusconi ne sapeva citare a memoria interi passi) parte dall’assunto fondamentale che anche i cattivi pensano di essere buoni.
Mi è tornato alla mente guardando un affranto Kim Jong-un inginocchiarsi davanti alla bara di un soldato nordcoreano morto nella lontana Ucraina e partecipare con occhio umido a una fastosa cerimonia commemorativa, dove tutti applaudivano freneticamente e piangevano a comando, compreso Kim, che se lo sarà comandato da solo.
Tutti tranne sua sorella Kim Yo-jong, l’algida numero 2 del regime. Lei è certamente una cattiva, ma almeno è consapevole di esserlo, mentre il libro di Carnegie era scritto da un maschio e parla di maschi che hanno sempre bisogno di autoassolversi e
quindi di autorappresentarsi migliori di quanto non siano.
Certo, la scena del Kim commosso viaggiatore è abbastanza agghiacciante. Stiamo parlando di un uomo che ha fatto sbranare suo zio da un branco di cani e che si compiace di essere circondato dal terrore e da un livello di servilismo di cui in Occidente non avevamo memoria, prima che Rutte perdesse la testa per Trump.
Ecco, lo statista di Mar-a-lago è un altro sicuramente convinto di essere una personcina a modo. E anche Netanyahu. E Khamenei. Per non dire di Putin e di Xi. Siamo talmente circondati da leader buoni che non ci dormo la notte.
(da corriere.it)
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