PAGLIACCIATA CONTINUA: DEI 40 MIGRANTI IN ALBANIA, UNO E’ GIA’ STATO RIPORTATO IN ITALIA, NON ANDAVA TRASFERITO
CHI CHIEDE ASILO NON PUO’ ESSERE TRATTENUTO NEL CPR IN ALBANIA.. ORA SI APRIRANNO ALTRI NUOVI CASI, TRA QUELLI RIMASTI C’E’ CHI HA FIGLI ITALIANI
Nelle parole del Papa di oggi, una speranza: “Tornare ad avere fiducia negli altri, poiché siamo tutti figli di Dio”, facendo riferimento proprio a coloro che arrivano da terre lontane.
Quei paesi dal quale proviene anche un uomo di origini marocchine, trasferito a Gjader lo scorso 11 aprile che ha chiesto protezione. Trattando il suo caso la Corte di appello di Roma ha stabilito che: “Non può essere trattenuto nel Cpr in Albania lo straniero che, dopo il trasferimento nella struttura, chiede la protezione internazionale”. Una sentenza che porta alla luce un buco nella seconda fase del protocollo Roma-Tirana.
Semplificando: se si fa richiesta di asilo anche dopo essere arrivati nel centro albanese di Gjader, la persona deve essere essere riportata in Italia. Dopo la richiesta di protezione internazionale serve infatti una nuova udienza di
convalida, inoltre la competenza passa dal giudice di Pace alla corte d’Appello che, nel caso specifico, ha ritenuto non ci fossero più i requisiti per il trattenimento.
Il punto è che l’accordo con l’Albania riguarda i richiedenti asilo mai entrati in Italia e gli ‘irregolari’ destinatari di espulsione già presenti sul territorio nazionale. Ma se il migrante irregolare diventa un richiedente asilo si crea un terzo caso, non previsto dalla normativa, che chiede un’altra procedura.
L’uomo arrivato in Italia nel 2021, nel 2023 aveva ricevuto una condanna penale. Dopo averla scontata non è stato liberato, ma è finito nel Cpr di Potenza e poi in quello albanese dove ha presentato, per la prima volta, la domanda di protezione internazionale. Questo il passaggio che, secondo la Corte, determina il suo trasferimento in Italia.
(da agenzie)
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