PARE CHE I SOVRANISTI ABBIANO TROVATO UNA POSIZIONE COMUNE SULLA SUA INIZIATIVA PIÙ MALDESTRA, LA NOMINA DI VENEZI A VENEZIA. LA TESI È: IL SOVRINTENDENTE, NICOLA COLABIANCHI, AVEVA IL DIRITTO DI NOMINARE CHI VOLEVA
UNA TESI CHE NON REGGE. INTANTO, PERCHÉ NON È CHE QUALSIASI NOMINA, PER IL SOLO FATTO DI ESSERE LEGITTIMA, SIA ANCHE GIUSTA. COLABIANCHI PUÒ NOMINARE DIRETTORE MUSICALE ANCHE PAPERINO. MA È QUESTO CHE SI CONTESTA: NON CHE COLABIANCHI NOMINI, MA CHI … POI PESANO COME UN MACIGNO LE DICHIARAZIONI DEL SINDACO DI VENEZIA, LUIGI BRUGNARO, CHE A SUO TEMPO DICHIARÒ CHE LE PRESSIONI DA ROMA CI SONO STATE; QUINDI, O MENTE LUI O MENTONO TUTTI GLI ALTRI
Dopo due mesi abbondanti di ondeggiamenti, contraddizioni, scuse e altre sciocchezze, pare che finalmente la destra abbia trovato una posizione comune sulla sua iniziativa più maldestra, la nomina di Venezi a Venezia.
La tesi, in sostanza, è questa: il sovrintendente, Nicola Colabianchi, che per la sua magnetica personalità tutti alla Fenice chiamano “Fentanyl” come il potentissimo anestetico, aveva tutto il diritto di nominare chi vuole, scelta sua, la politica non c’entra; “poi si può anche pensare che Venezi non sia la più brava, ma andrebbe messa alla prova”, come ha detto Alessandro Giuli nell’intervista alla “Stampa”, per una volta senza aggiunte paternalistiche sulla “ragazza” che a Venezia diventerà “una principessa” (macché Tolkien, la vera fonte di ispirazione del ministro basettone sono i romanzi rosa).
Da lì in giù, tutti gli autori del clamoroso autogol veneziano vanno rilanciando lo stesso mantra: lo dice il sottosegretario Gianmarco Mazzi, lo ripete il responsabile cultura di FdI (fa già ridere così) Federico Mollicone, eccetera.
Buon ultimo, in tutti i sensi, è arrivato pure il direttore del “Gazzettino”, Roberto Papetti, uno che scrive “né” con l’apostrofo, così: ne’, che ha fotocopiato gli stessi concetti in un editoriale subito ridicolizzato dai sindacati dei lavoratori della Fenice in due paginette, fra l’altro scritte molto meglio.
Il punto è che la tesi dei maldestri non regge. Intanto, perché non è che qualsiasi nomina, per il solo fatto di essere legittima, sia anche giusta. Colabianchi, uno che non ha la dignità di dare le dimissioni da un teatro in cui le chiedono tutti quelli che ci lavorano (vero che ha 215 mila ottimi motivi annui per restare avvinghiato alla poltrona) può nominare direttore musicale anche Paperino.
Ma è appunto questo che si contesta: non che Colabianchi nomini, ma chi. In discussione non sono i poteri del sovrintendente, ma il modo sconsiderato con cui li usa. Poi pesano come un macigno le dichiarazioni del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha la stessa finezza intellettuale e savoir faire di un facocero, ma almeno anche una certa rozza sincerità.
Brugnaro, davanti ai giornalisti e filmato, a suo tempo dichiarò che le pressioni da Roma in favore di Venezi ci sono state; quindi, o mente lui o mentono tutti gli altri. Infine, è strano che dei raffinati pensatori come Mazzi o Mollicone non riescano ad afferrare il concetto che il direttore musicale di un teatro si nomina dopo che ha diretto l’orchestra con cui dovrà lavorare, e
non prima.
Specie se il suo curriculum non è esattamente quello di Karajan. È palese, evidente, ovvio, lo sa chiunque.
Ma loro no, persistono a difendere l’indifendibile con argomenti della cui assurdità si accorgerebbe anche un bambino. E infatti perfino i giornali di destra non li ripetono più.
(da Dagoreport)
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