PARLANO I RESORT DEI VIP: “DISPOSTI A PAGARE 100.000 EURO DI CANONE, MA SIANO RICONOSCIUTI I NOSTRI INVESTIMENTI”
IL PROPRIETARIO DEL BABA BEACH DI ALASSIO CONTRO I COLLEGHI: “GIUSTO VERSARE IL 10% DEL FATTURATO, NON HO PAURA DELLA CONCORRENZA STRANIERA, BISOGNA FARE INVESTIMENTI NON VIVERE DI RENDITA”
Chiara Ferragni è la più popolare tra gli attuali clienti della spiaggia. L’Augustus Beach Club di Forte dei Marmi ha sempre accolto i figli del tempo. Quando l’onda della moda suonava il rock psichedelico, ecco Jimi Hendrix. Quando era il cinema a battere il ritmo, venivano Charlton Heston, Vittorio Gassman e Mario Monicelli. Oggi sono molti i Vip protetti dalla privacy del luogo, di cui non sapremo mai i nomi. Giacomo Maschietto, l’amministratore delegato di questa eredità di famiglia che ruota intorno al lussuoso Augustus Hotel, non sembra spaventato dalla rivoluzione che attende il mondo degli stabilimenti balneari.
“Riteniamo che sia corretto che lo Stato abbia dalle concessioni demaniali un introito congruo – dice Maschietto a Today.it –. Quello che è importante oggi è avere presto regole chiare sullo svolgimento delle gare. Ma auspichiamo che, come è stato più volte ipotizzato, gli investimenti fatti negli anni vengano riconosciuti”. L’appello è al governo e alle decisioni che prenderà Giorgia Meloni.
La società che gestisce il resort ha dichiarato nel 2022 un fatturato di 12 milioni, con utili di oltre un milione. “Ma il fatturato deriva per la maggior parte dall’hotel – fa sapere lo staff dell’Augustus Beach Club –. La spiaggia contribuisce per circa il dieci per cento”.
Il canone annuo di concessione versato allo Stato per l’occupazione e l’uso di un tratto di costa è di 18.500 euro: corrisponde quindi all’1,5 per cento dell’incasso prodotto in un anno, secondo la società di gestione, dalle attività in riva al mare.
Allo Stato l’uno per cento
Confrontando i dati registrati dal ministero delle Infrastrutture con i bilanci depositati, il Twiga di Flavio Briatore a Marina di Pietrasanta, sempre in Toscana, per la concessione della spiaggia paga lo 0,29 per cento del fatturato dell’azienda.
Il Papeete Beach a Milano Marittima, lanciato dalle vacanze del ministro Matteo Salvini nel 2019, versa lo 0,33. In Puglia e Sardegna si scende rispettivamente allo 0,28 e al record nazionale dello 0,03 per cento dell’incasso di un anno.
Come nel caso dell’Hotel Romazzino ad Arzachena in Costa Smeralda. Ma trattandosi di un resort, le entrate della spiaggia andrebbero scorporate dal resto.
La percentuale sul fatturato dell’affitto, che ogni stabilimento balneare paga allo Stato, può essere un buon metro di misura per valutare se cifre così basse siano giuste o superate. Un confronto andrebbe fatto con quanto pagano di locazione commercianti e ristoratori.
Il ragionamento lo riassume così Andrea Della Valle, proprietario e amministratore in Liguria del Baba Beach di Alassio, elegante resort con vista sull’isola Gallinara: “Un imprenditore con un’attività commerciale, negozio o ristorante che sia, è disposto a pagare come affitto una percentuale che varia tra il 10 e il 15 per cento del fatturato previsto. Dipende poi dai margini – spiega Della Valle –. Il paragone bisogna farlo con quanto versa come affitto annuale un ristorante in una zona importante e, tra l’altro, senza avere i margini di guadagno di una spiaggia. Se si applica lo stesso ragionamento alle concessioni demaniali, se le concessioni andassero all’asta, un nuovo concessionario potrebbe infatti offrire allo Stato il 10-15 per cento del fatturato da lui previsto, che potrebbe essere molto più alto di quello attuale. Quindi, per ogni milione di fatturato, un canone di 100-150 mila euro è economicamente fattibile, a fronte dei tipici tremila-cinquemila euro attuali”.
Il Baba Beach quest’anno ha versato 12 mila euro di concessione: l’1,3 per cento del fatturato di 868 mila euro, più un canone equivalente alle Ferrovie dello Stato. Anche se dalla cifra, come per l’Augustus di Forte dei Marmi, andrebbero distinte le ricadute del ristorante e del resort, che comunque traggono più valore proprio dalla presenza della spiaggia.
I commercianti sborsano di più
Applicando la stessa regola economica che vale per negozi e ristoranti, l’affitto pagato allo Stato dal Twiga di Flavio Briatore dovrebbe aumentare da 23.984 euro l’anno a 820 mila euro, facendo un calcolo sul dieci per cento del suo fatturato di 8,2 milioni nel 2022.
Il Papeete lanciato da Matteo Salvini dai 10.061 euro attuali andrebbe a versare 300 mila euro. I dati di partenza sono quelli che abbiamo scoperto nella nostra inchiesta di Ferragosto.
La differenza tra il canone di concessione effettivamente pagato e l’ipotetico aggiornamento evidenzia la gravità delle perdite in tutta Italia: denaro che ogni anno viene sottratto ai bilanci dello Stato.
Questi abbondanti margini permettono a molti gestori di lavorare soltanto da aprile a settembre, con picchi di attività da giugno ad agosto. E di vivere di rendita per il resto dell’anno. Ma non tutti fanno così e, soprattutto, la pensano allo stesso modo.
Resort come l’Augustus Hotel di Forte dei Marmi e il Baba Beach di Alassio prolungano l’attività il più possibile per tutto l’anno. Ovviamente bisogna inventarsi nuovi servizi per attrarre i clienti fuori stagione.
“Non credo che con le gare ci sia l’assalto delle multinazionali straniere – spiega Andrea Della Valle –. Le nostre concessioni interessano piuttosto i proprietari degli alberghi, che vorrebbero così ottenere un accesso al mare per migliorare la loro offerta”.
Con l’aumento dei canoni di concessione non c’è il rischio che i nuovi costi vengano scaricati sui turisti, che già questa estate in molte località italiane hanno avuto la sensazione di essere stati letteralmente spolpati? “Ci sarà sicuramente un aumento della qualità del servizio – risponde Della Valle – perché l’imprenditore dovrà conquistare sia la nuova sia la vecchia clientela. Ma l’aumento dipenderà dal modello di business: se sarà una spiaggia low cost o luxury”.
Così resiste il Baba Beach
Con i fenomeni meteorologici sempre più violenti, i gestori degli stabilimenti balneari sono spesso l’ultima frontiera contro l’erosione delle coste. La Liguria ha subito danni enormi nell’autunno 2018.
“La spiaggia che ho in concessione era già protetta da barriere. Ma non sono bastate a fermare la grande mareggiata di quell’anno. Quindi – racconta il proprietario del Baba Beach di Alassio – ho speso un milione e quattrocento mila euro per realizzare due barriere più lunghe e larghe e per il ripascimento della sabbia, trasportata da ben 500 viaggi di Tir. È un investimento su un bene demaniale, di cui trae beneficio la collettività, che ho sostenuto totalmente di tasca mia. Per questo la direttiva Bolkenstein non mi spaventa”.
Perché non la spaventa? “Perché il mio stabilimento balneare fattura circa un milione di euro l’anno e ha tre milioni di investimenti non ammortizzati – dice Andrea Della Valle –. Quanti parteciperanno alle gare, dovranno riconoscere e compensare gli investimenti dei concessionari uscenti. Per questo io ho continuato a investire. Era l’unica strada intelligente per tutelarsi dalle gare: se vincerà un nuovo concessionario, dovrà compensarmi tutto quanto. Sulle spiagge italiane ci sono anche casi virtuosi di imprenditori che investono, invece di puntare a rinnovi decennali delle autorizzazioni senza fare nulla. Forse i colleghi spaventati dalle gare sono proprio quelli che hanno dichiarato poco. E investono ancora di meno”.
(da today.it)
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