PATTO (FRAGILE) A PALAZZO GRAZIOLI: ROMANI IN POLE PER IL SENATO, MA SALGONO I NOMI DI BERNINI E CASELLATI
BERLUSCONI VUOLE COINVOLGERE TUTTI I LEADER, MA IL PD SI METTE DI TRAVERSO
Il centrodestra prova a trovare una quadra al suo interno ma, con il passare delle ore, si rivelerà sempre più fragile.
Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni offrono un “accordo istituzionale” a tutti, in primo luogo ai 5Stelle sulle presidenze dei due rami del Parlamento: “Devono esserci — dice Salvini in serata – nomi e cognomi condivisi da tutti. Ogni partito può avere nomi e cognomi condivisi da tutti”.
Il primo nome, fatto trapelare in giornata, è quello assai poco condiviso di Paolo Romani, su cui nei giorni scorsi si era abbattuto il diktat di Luigi Di Maio. Quel “mai condannati” che impattava su una vecchia vicenda del capogruppo di Forza Italia, condannato per peculato.
Ma andiamo con ordine.
La novità è un apparente accordo di coalizione che si realizza nel corso del lungo vertice a ora di pranzo a palazzo Grazioli.
Detta in modo un po’ tranchant: Salvini ottiene la rassicurazione che sarà lui il “nome” del centrodestra alle consultazioni, in modo da provare a ottenere il “pre-incarico”.
In cambio, via libera a un esponente di Forza Italia per Palazzo Madama.
Del pacchetto fa parte anche la candidatura di Massimiliano Fedriga in Friuli, al posto di un forzista, altro tassello che conferma una logica di coalizione, dai territori fino a Roma.
Prima dell’arrivo di Matteo Salvini (assieme a Giancarlo Giorgetti) e di Giorgia Meloni (assieme a Ignazio La Russa), attorno al tavolo ci sono i capigruppo uscenti, l’avvocato Ghedini e Gianni Letta, plenipotenziario della diplomazia berlusconiana.
È lì che si ragiona di nomi da proporre, con la franchezza che impone il linguaggio politico in questi momenti: “Il primo nome da cui partire è quello di Romani”. Un atto dovuto, perchè “Paolo ci tiene”. Ma anche perchè nel fantastico mondo berlusconiano, non esiste una sfera politica separata dalla tutela degli interessi del Cavaliere e il nome del capogruppo uscente è da sempre gradito alle aziende.
Se non ce la fa, perchè i 5Stelle lo considerano irricevibile come sembra, sul tavolo ci sono altri due nomi. Anna Maria Bernini, docente universitario di diritto costituzionale e vicecapogruppo uscente, su cui non arrivano segnali ostili, anzi, dai pentastellati. Ed Elisabetta Alberti Casellati, proposta dall’avvocato Niccolò Ghedini col sostegno di Gianni Letta: “È stata consigliere al Csm, ha un curriculum più istituzionale”. Nel curriculum c’è anche un’antica consuetudine con Ghedini sin da quando la Casellati ricopriva il ruolo di sottosegretario alla Giustizia, tra il 2008 e il 2011, ai tempi di Alfano guardasigilli e della guerra santa contro le toghe.
Nomi riproposti quando arrivano gli alleati. Via libera.
Il centrodestra propone “un percorso istituzionale” a tutti, “che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5S il presidente della Camera”.
Sia come sia il centrodestra riprende un’iniziativa comune, per arrivare a un accordo di sistema su presidenze e vicepresidenze. A tal fine chiede a tutti, da Pd a 5Stelle un incontro “congiunto” dove parlare di nomi già nella giornata di giovedì.
Proposta che il Pd respinge al mittente, perchè già scritta. E su cui i pentastellati non rispondono.
Così a tardi sera Berlusconi interviene con una nota e ribadisce “l’esigenza” di questo incontro congiunto “con la partecipazione dei leader di tutte le forze politiche, unici che possano garantire il rispetto di ogni eventuale accordo”.
È una mossa che si può tradurre così: porte aperte a tutti, in attesa di capire il tasso di tenuta e di affidabilità degli interlocutori. Vale per i Cinque Stelle, vale anche per il Pd.
Unica certezza. Al Senato al quarto scrutinio la coalizione di centrodestra ha i numeri per eleggersi il suo presidente. Il resto è tutto fluido.
Le ultime 24 ore sono sempre le più lunghe.
(da “Huffingtonpost”)
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