PD, VERSO IL SI’ UNITARIO A LETTA SEGRETARIO
TRA POCHE ORE SCIOGLIERA’ LA RISERVA
Agibilità politica e un orizzonte abbastanza lungo per cambiare davvero le cose. Ovvero: confronto interno anche duro ma basta con le logiche correntizie esasperate, e congresso (per la leadership) a tempo debito.
Le quarantott’ore di riflessione che Enrico Letta si è preso per decidere se accettare la segreteria del Pd scadono venerdì mattina.
Ma queste sono le due condizioni “strategiche” già veicolate al gruppo dirigente del Pd, in vista dell’assemblea di domenica. Dove si va verso un sì praticamente unitario: compresa Base Riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti, e probabilmente i Giovani Turchi di Matteo Orfini, oggi fuori dagli organismi dirigenziali.
Esce di scena l’ipotesi di una candidatura femminile — Debora Serracchiani ringrazia le sponsor, ma promuove Letta nel nome dell’”unità ” – mentre la Conferenza delle Donne Dem che si riunisce stasera chiederà che si prosegua nel solco della battaglia per la parità di genere nel partito, con però fiducia nella storia e nella personalità dell’ex premier. Titti Di Salvo: “Saprà raccogliere i temi che abbiamo lanciato”.
Letta è sbarcato a Roma nel primo pomeriggio con un volo da Parigi. Oltre a partecipare a due web-seminari (uno organizzato dall’Arel), si è sentito con Dario Franceschini, principale regista dell’iniziativa di “richiamare in servizio” l’ex premier, con Andrea Orlando, e nelle prossime ore si sentirà con Lorenzo Guerini.
Il ministro della Difesa riunirà i suoi domani pomeriggio, Orfini “fiduciosamente” sabato mattina. Ma al netto di alcuni punti ancora da chiarire prende forma l’intesa complessiva che l’assise dei mille domenica sarà chiamata a votare — telematicamente e rapidamente, senza gran discussione in quanto “seggio elettorale — per insediare il nuovo leader del partito.
La realtà è che lo spartiacque è stato l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, con la cui “agenda” – europeista, atlantista, ambientalista – Letta è considerato in piena sintonia. Argomento a cui sono sensibili tanto i componenti della squadra Dem di governo, quando il Quirinale.
Dove è molto probabile che lo scioglimento della riserva in senso favorevole sarebbe accolto con sollievo, laddove le dimissioni ex abrupto di Zingaretti avevano suscitato un certo sconcerto.
Sullo sfondo, resta l’irritazione (e la preoccupazione) di quelli che vengono considerati “ex renziani”, come ha dimostrato il battibecco tra l’orlandiano Emanuele Felice e Andrea Romano (che comunque individua in Letta “una figura di indiscutibile autorevolezza e prestigio”). Con l’auspicio che l’ex premier nel suo intervento sigli la “tregua” su questo fronte, con maggior successo di quanto avesse fatto Nicola Zingaretti.
Intanto, il secondo ha scritto al primo una lettera aperta: “Pd centrale da due anni, ma sono tornati i soliti rumori di sottofondo… nessuna proposta politica alternativa, ma un lungo e strisciante lavorio distruttivo… rischiavamo di implodere. Non si poteva andare avanti così”. Ora, scrive il governatore del Lazio, serve un “congresso politico” e un’”assunzione di responsabilità ”: “Enrico soluzione più forte e autorevole per prendere il testimone, la sua forza e autorevolezza sono le migliori garanzie per il rilancio di un Pd con profilo adeguato e competitivo”.
Da parte sua, Letta conosce bene il terreno in cui accinge a muoversi nè sottovaluta le difficoltà . Da un lato ci sono “il Pd nel cuore” e i tanti messaggi di incoraggiamento. Dall’altro, “un’altro mestiere e un’altra vita”: la School of International Affairs di SciencesPo che sotto la sua guida è passata da tredicesima a seconda nel mondo, dopo Harvard.
Ma anche la possibilità di altre cariche internazionali e le controindicazioni del terremotare una quotidianità — stavolta sì — serena.
Non ha nascosto le perplessità ai vari interlocutori: quella che gli chiedono è una sfida difficilissima, che ruota intorno alla stessa sopravvivenza del Pd ma anche del Paese. Il partito perno del governo non può essere “in frantumi” nè “balcanizzato” nella rissa perpetua tra correnti.
Ecco il punto dell’agibilità politica: bisogna fermare le antiche faide, le vecchie ruggini tra ex contrapposti. Se i big non sono disposti — è il succo del ragionamento lettiano — scelgano legittimamente un altro schema.
Questi i ragionamenti che avanzerà in assemblea, dove non chiederà l’unanimità – consapevole che il problema del Pd è proprio l’assenza di discussione sui contenuti — bensì scelte trasparenti, aperte e nette. Una volta tanto.
(da “Huffingtonpost”)
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