PER IL MADE IN ITALY L’INCUBO TRUMPIANO È DIVENTATO REALTÀ: I DATI DELLE ESPORTAZIONI DI AGOSTO, IL PRIMO MESE CON I DAZI AMERICANI IN VIGORE, SEGNANO UN CALO DEL 21,2% DELLE SPEDIZIONI NEGLI USA
LE IMPRESE DENUNCIANO IL GROVIGLIO BUROCRATICO CAUSATO DALLA GUERRA COMMERCIALE DELL’AMICO DI GIORGIA MELONI: LA DOPPIA TARIFFA SU CENTINAIA DI PRODOTTI CONTENENTI PARTI DI ALLUMINIO E ACCIAIO E LA NECESSITÀ DI CERTIFICARE LA PROVENIENZA DELLE MATERIE PRIME PER CALCOLARE L’IMPORTO DELL’IMPOSTA
Arrivano i primi dati sugli effetti dei dazi statunitensi, ma dicono solo in parte come stanno reagendo le aziende italiane, che da mesi convivono con la guerra commerciale. Ieri l’Istat ha pubblicato i numeri delle esportazioni di agosto, il primo mese con le tariffe in vigore.
Sono segnati da un calo del 21,2% delle spedizioni negli Stati Uniti e dell’8,1% rispetto a luglio sulle merci verso i Paesi al di fuori dell’Unione europea. Il dato risente anche dell’accelerazione dei due mesi precedenti, che hanno visto anticipare l’export nel timore che i negoziati non andassero a buon fine
A trascinare verso il basso le vendite extra Ue sono stati soprattutto macchinari e impianti industriali, crollati del 16,7%. I dati Istat sono aggregati, ma, nota Federmacchine, negli ultimi due mesi sono cambiati a seconda dei comparti (i settori sono 12 solo per l’area delle macchine).
«Basti pensare che l’industria del packaging esporta 1,2 miliardi negli Stati Uniti, mentre le macchine per i settori tessili volumi minimi», spiega il presidente Bruno Bettelli.
Comune a tutti è la complessità normativa, con ancora il rischio del doppio dazio su centinaia di prodotti contenenti parti di alluminio e acciaio (fino al 50%, sommato al sovrapprezzo di base), e la necessità di certificare la provenienza delle materie prime per calcolare l’importo dell’imposta. «La burocrazia sta appesantendo il lavoro delle nostre aziende».
Se gli americani sono responsabili di una grossa fetta del crollo , anche la Turchia ha tagliato drasticamente le importazioni (-26,1%). Alcune luci arrivano dal Regno Unito, dove le vendite sono cresciute del 5%, e dalla Svizzera (+4,7%). Troppo poco per compensare le perdite.
Vanno male anche i beni di consumo: dalle automobili agli elettrodomestici, dai prodotti alimentari all’abbigliamento, le vendite all’estero sono calate quasi del 10%. Crescono energia (+6%) e beni intermedi (+2,2%).
Rispetto ad agosto 2024, quando l’export viaggiava a ritmi del +9,9%, quest’anno si registra un arretramento del 7,7%. I settori più colpiti sono i beni di consumo durevoli, che hanno perso oltre un quarto del loro valore (-26,3%), seguiti dai prodotti alimentari, tessili e di abbigliamento (-13,2%)
Per l’Unione italiana vini (Uiv), le previsioni di attutire il sovrapprezzo facendolo pagare all’importatore si stanno rivelando fallimentari. Secondo i dati raccolti, a luglio il prezzo medio del vino diretto negli Usa dalle cantine italiane è sceso del 20,5% sullo stesso mese del 2024.
Questo in parte perché, secondo Uiv, i produttori stanno continuando a sacrificare i loro margini pur di garantirsi i clienti americani. Emergenza rientrata per Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che hanno rischiato di subire un doppio dazio (base e sull’export fuori quota), salvo poi risolvere il disallineamento con l’intervento del governo italiano.
Dall’alimentare ai macchinari, il problema più grosso resta il caos delle regole. «Ogni settimana è rimesso in discussione quello che sembrava non più negoziabile – dice Bettelli – questo crea un’instabilità che paralizza chi fa investimenti». Il saldo commerciale è positivo per 1,8 miliardi di euro, in calo sui 2,8 miliardi di agosto 2024.
(da agenzie)
Leave a Reply