QUANDO LA LETTERA AGLI ITALIANI ALL’ESTERO LA MANDARONO BERLUSCONI E BERSANI, DOV’ERANO QUELLI DEL NO? DALLA PARTE DI CHI LE SPEDIVA
I TRUMPISTI DE NOIATRI USANO IL SISTEMA DI LANCIARE ACCUSE SENZA CONOSCERE LA LEGGE… CHIUNQUE HA DIRITTO AD AVERE I NOMINATIVI DEI 4 MILIONI DI ITALIANI ALL’ESTERO IN BASE ALLA NORMA PUBBLICATA SULLA G.U. N° 71 DEL 2014
Non saremmo coerenti con noi stessi se stigmatizzassimo il comportamento di un Trump con le sue accuse a vanvera e i suoi insulti agli avversari e sorvolassimo se lo stesso metodo viene usato per la battaglia referendaria in Italia.
Un manipolo di urlatori professionali si è scagliato contro il premier Renzi (propriamente non certo un nostro amico) per aver inviato una brochure di due pagine a cura del comitato Basta un Si ai 4 milioni di italiani all’estero per convincerli a optare per un voto favorevole alla riforma.
In un primo tempo gli urlatori del No hanno sostenuto che non lo poteva fare.
Dato che tra questi si distinguono esponenti della minoranza Pd e del centrodestra, sarebbe lecito chiedere loro perchè non si sono indignati quando la stessa cosa la fecero Bersani nel 2013 e Berlusconi in tempi più remoti.
Forse perchè erano intenti ad apporvi i francobolli?
In ogni caso è una cosa perfettamente lecita e sancita dalla norma pubblicata nella sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 2014 che riporta il provvedimento del Garante della privacy in materia di “trattamento di dati presso i partiti politici e di esonero dall’informativa per fini di propaganda elettorale” (pubblicato nel marzo 2014). Secondo questo regolamento, “partiti, movimenti politici, comitati di promotori e sostenitori, nonchè singoli candidati” possono “lecitamente” trattare “dati personali per finalità di propaganda elettorale” e “comunicazione politica”.
Tra gli elenchi “pubblici” da cui si possono trarre i dati anche quelli degli elettori italiani all’estero
Dopo 48 ore di polemica sul nulla, gli urlatori incassano la sconfitta e cambiano verso (a parte il ritardato Salvini): non si discute più sul diritto di Renzi a scrivere la lettera ma sul fatto che la stessa possibilità non sia stata permessa al Comitato del No, cosa che, se fosse vera, sarebbe indubbiamente grave.
Giuseppe Gargani (ex deputato prima Dc, poi col centrodestra), presidente del Comitato popolare per il No, solleva la questione: “Se il presidente del Consiglio ha quegli indirizzi, pretendo di averli anche io”.
In realtà non è il presidente del Consiglio ad avere quegli indirizzi: chi ha attinto i medesimi, pagando stampa e spedizione, è il Pd, come da loro dichiarazione ufficiale.
Gargani ha chiesto a ottobre al ministero dell’Interno di avere gli indirizzi dei 4 milioni di italiani all’estero: “mi hanno risposto gentilmente e in breve tempo, consegnandomi il file con i nominativi , dicendo che per la privacy non potevo avere nè indirizzi, nè mail, nè telefoni.”
Il motivo è semplice e lo spiega indirettamente il Comitato del Sì: “nessun mistero, i dati sono stati presi dall’Aire (Anagrafe degli Italiani all’estero) come avrebbe potuto fare chiunque altro”
Con buona pace di Salvini e dei suoi amici dell’Anpi, altro che reato penale.
Infine chi ha pagato la spedizione?
Il Comitato del Sì ha risposto che se ne è fatto carico il Pd, quindi per conoscere i costi è sufficiente attendere i relativi bilanci.
Ricordiamo che non siamo più ai tempi della carrozze a cavallo, esistono le mail, quindi è probabile che molti “inviti a votare Sì” siano stati mandati a costo zero.
In ogni caso se qualcuno è a conoscenza di una notizia di un reato si rivolga all’autorità giudiziaria carte alla mano, altrimenti taccia, perchè chi lancia accuse di truffa a casaccio in un Paese civile viene chiamato a rispondere del reato di calunnia.
E sarebbe il caso che qualcuno cominciasse a risponderne, ne guadagnerebbe il livello della nostra politica.
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