QUANDO TRAVAGLIO SPIEGAVA CHE IL QUIRINALE PUO’ RIFIUTARSI DI NOMINARE I MINISTRI
L’APPELLO AFFINCHE’ IL PRESIDENTE NON ACCETTASSE IL NOME DI NITTO PALMA, AMICO DI PREVITI, A MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Sembrava ieri ma invece era il 28 luglio del 2011 quando Marco Travaglio, riferendosi alla nomina di Francesco Nitto Palma a ministro della Giustizia e dando conto dell’amicizia tra quest’ultimo e Cesare Previti, ricordava una prerogativa del presidente della Repubblica che è finita attualmente in discussione per “merito” di Paolo Savona:
Così il popolare Cesarone conquista finalmente, seppure per interposta persona e con 17 anni di ritardo, quel ministero della Giustizia a cui agognava fin dal 1994. Allora era ancora incensurato, ma incontrò sulla sua strada un presidente della Repubblica piuttosto fisionomista: a Scalfaro bastò guardarlo in faccia per decidere che era meglio persino Alfredo Biondi. “Se lo conosci, lo Previti”, commentò Montanelli.
Anche Ciampi nel 2001 rimandò indietro un ministro della Giustizia: Maroni, respinto per via della condanna a 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, uno che visti i successori pare Cavour. Scalfaro e Ciampi avevano letto attentamente l’articolo 92 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. Cioè li nomina lui, non il premier. E, se non gli piacciono, si rifiuta di nominarli.
O tempora! O mores! A questo punto viene la curiosità : cosa avrà scritto Marco Travaglio stamattina per criticare Mattarella, visto che il suo giornale lo chiama “Re Sergio” in prima pagina? Eccolo qua:
Invece Re Sergio Mattarella, emulo del predecessore dalle cui forzature si era finora discostato, ha insistito a rivendicare non il legittimo potere di nominare i ministri, ma l’illegittima pretesa di impartire il suo indirizzo politico al governo e alla maggioranza. E, per giunta, senza metterci la faccia: se Napolitano, nel 2013, aveva platealmente impartito le sue direttive al Parlamento, Mattarella ha giocato la sua partita dietro le quinte: facendo filtrare i suoi veti e i suoi diktat tramite i soliti giornaloni amici, con pissi pissi bau bau e meline inspiegabili se non con la speranza che le manganellate mediatiche a Conte e Savona inducessero i due reprobi a ritirarsi. Ieri serasi è degnato di spiegarci il suo veto-diktat,che avrebbeavuto un senso fino a sabato, ma suonava fasullo dopo la lettera di Savona. Che, appunto, dissipa i suoi timori per la “fiducia degli operatori economici e finanziari”e smentisce quelli di una “fuor iuscita dall’euro”.
Mattarella, quindi, ha sbagliato perchè rifiutandosi di nominare Savona aveva la pretesa di impartire il suo indirizzo politico al governo.
Eppure Mattarella ha fatto capire che avrebbe accettato la nomina di un ministro dell’Economia leghista (segnatamente: Giancarlo Giorgetti): in che modo la nomina di un ministro leghista avrebbe imposto l’indirizzo politico di Mattarella al governo? Ancora: analizzando i precedenti di rifiuto di nomine da parte del Quirinale, emerge che Cesare Previti venne stoppato da Scalfaro per i suoi precedenti di avvocato di Berlusconi ma anche per la famosa frase “Non faremo prigionieri” detta in campagna elettorale.
Non è anche questo un motivo politico? E il povero Maroni? C’è una legge che vieta di nominare ministro dell’Interno uno che ha morso un polpaccio a un poliziotto? No, ma c’è un motivo di opportunità . Opportunità politica, appunto.
Infine, Gratteri: è stato “fregato” da una norma non scritta secondo cui un magistrato in servizio non può assumere l’incarico di ministro della Giustizia. Ma una norma non scritta è una norma validata dalla politica.
Ma allora il povero Mattarella cosa ha sbagliato?
(da “NextQuotidiano”)
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