RAID, ATTACCHI E AGGRESSIONI: IN CROAZIA CRESCONO I NEONAZISTI
SI MOLTIPLICANO LE AZIONI CONTRO MINORANZE E CENTRI CULTURALI, IL GOVERNO CONSERVATORE MINIMIZZA
Raid contro manifestazioni, eventi e concerti. Minacce, pestaggi, aggressioni. Dal luglio
scorso, comunità serba, antifascisti, minoranze, ma anche artisti, intellettuali, giornalisti non allineati in Croazia sono diventati un bersaglio. Perché c’è un’onda nera, che orgogliosa si rifà al regime ustascia, feroce alleato dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, e cresce.
Il copione è quasi sempre lo stesso: gruppi di uomini, più o meno giovani, spesso a volto coperto, irrompono in centri culturali, teatri, scandendo il motto ustascia “Za dom, spremni” (“per la patria, pronti”, ndr), devastano, minacciano, picchiano chiunque osi opporsi.
Spalato, Zagabria, ma anche centri più periferici come Sebenico o Velika Goriza, non c’è città che appaia indenne, mentre nel Paese, che vanta l’inflazione più alta dell’Eurozona e tassi di disoccupazione da capogiro in un contesto di endemica corruzione, sale la tensione
Antifascisti in piazza, ma il governo minimizza
Dal 30 novembre scorso, migliaia di persone sono scese in piazza, per chiedere al governo una reazione. “Vogliamo una Croazia di tutti, non un Paese di cui vergognarci”, recita l’appello di artisti e intellettuali, sottoscritto da 260 organizzazioni e oltre 3.400 persone, divenuto manifesto della protesta. “Uniti contro il fascismo”, hanno scandito in piazza i manifestanti, sempre più preoccupati dal movimento che pesca nelle curve, nelle periferie e nelle scuole, con un chiaro richiamo al regime che ha sterminato decine di migliaia di ebrei, serbi, esponenti delle minoranze e antifascisti durante la seconda guerra mondiale.
Ma per il primo ministro conservatore Andrej Plenkovic dell’Unione democratica croata (Hdz), al governo insieme all’estrema destra del Movimento patriottico (Dp), quelle manifestazioni sarebbero state solo “un tentativo di destabilizzare il governo” e i sempre più numerosi attacchi, solo “incidenti locali”. “È triste osservare come lo spazio per la libertà si stia restringendo in Croazia. Le istituzioni attualmente non sono in grado (mi chiedo se lo vogliano davvero) di garantire a tutti coloro che vivono nel Paese uno spazio di libertà “, ha spiegato alla stampa tedesca, Vesna Terseli?, pacifista e direttrice dell’ong Documenta, puntando il dito contro il primo ministro. “Ha responsabilità dirette in questo”.
Il soffocante matrimonio elettorale con l’estrema destra
Eletto per la terza volta nel maggio 2024, Plenkovic ha ancorato la propria maggioranza ai 14 seggi dell’estrema destra di Dp, premiata con tre ministeri di peso e una serie di inedite concessioni, fra cui l’esclusione dall’esecutivo di un alleato storico, il Partito indipendente democratico serbo.
Nel giro di pochi mesi, ricordano gli analisti croati, sono arrivati i tagli ai finanziamenti per settimanali e eventi della minoranza serba, ad ottobre due mini formazioni di estrema destra, Domino e il Partito sovranista croato, hanno chiesto e ottenuto di organizzare in Parlamento un convegno negazionista sugli orrori del campo di concentramento di Jasenovac, dove fra gli 80 e il 90mila ebrei, serbi, antifascisti e rom, fra cui ventimila bambini, sono stati sterminati.
Indignata, la comunità ebraica ha lanciato l’allarme, il Consiglio nazionale serbo, che formalmente rappresenta la minoranza, ha presentato un esposto per violazione della legge che proibisce la “negazione, approvazione o significativa minimizzazione di genocidi e crimini contro l’umanità”, Plenkovic invece si è limitato a tiepide parole di condanna che hanno più preoccupato che rassicurato.
Il concerto ultranazionalista da cui tutto è cominciato
Un brodo di cultura politico – denuncia l’opposizione – che ha preparato e accompagna la crescita della violenza. Per tutti, c’è una data che simbolicamente ha dato il via alla nuova offensiva: il 5 luglio quasi mezzo milione di persone si sono radunate all’ippodromo di Zagabria per ascoltare il controverso cantante ultranazionalista Marko Perkovi? “Thompson”, il fucile che usava durante la guerra dei Balcani, poi diventato il suo nome d’arte. Icona di destra e estrema destra, bandito dai palchi di
diversi Paesi europei per apologia del nazismo, Thompson dal palco ha scandito anche il pezzo, da decenni al centro delle polemiche, che inizia con il motto ustascia “per la patria, pronti”, versione croata del “Sieg heil” nazista.
“Oggi è uno slogan nazionalista anti-establishment. È contro l’élite politica croata post-comunista politicamente corretta. I giovani vogliono gridarlo come qualcosa di sovversivo”, ha minimizzato con la Bbc l’opinionista conservatore Matija Štahan, dando voce alla linea del governo. “È chiaramente uno slogan fascista”, ha ribattuto Mario Maži? il direttore croato dell’ong che lavora per la riconciliazione nei Balcani Yihr (Iniziativa per i Diritti Umani (YIHR) in Croazia. “Come Stato membro dell’UE, la Croazia dovrebbe essere un esempio per il resto della regione, ma non ha fatto i conti con il passato. Si identifica con la parte perdente della Seconda Guerra Mondiale, non riconosce di aver condotto una guerra ingiusta in Bosnia e si rifiuta di riconoscere i crimini sistematici contro i serbi.
Aggressioni sempre più violente, presi di mira anche i ragazzini
“Il concerto del 5 luglio è diventato un caso politico. All’evento erano presenti diversi esponenti del governo, incluso il primo ministro, che alla vigilia dello show non ha esitato a incontrare il cantante insieme ai ministri Davor Božinovi? e Tomo Medved, con tanto di foto celebrative sui social. Qualche settimana dopo sono iniziati gli attacchi, in un crescendo di violenze culminato a novembre, con una cinquantina di persone che ha attaccato le Giornate della cultura serba in un piccolo centro culturale di Spalato, lo stesso è avvenuto pochi giorni dopo a Zagabria. Una squadraccia armata di bastoni ha tentato di aggredire la giovanile
serba di karate che partecipava a un torneo. E adesso si teme che un nuovo concerto di Thompson possa segnare un salto di qualità nel movimento.
A dicembre in programma un altro concerto a Zagabria, l’amministrazione dice no
L’appuntamento è per il 27 dicembre, nuovamente a Zagabria, dove il centrosinistra un mese fa ha approvato una legge che vieta l’utilizzo dei simboli ustascia durante concerti, manifestazioni e altri eventi pubblici che si svolgono in strutture gestite dal Comune. “Questa è una decisione politica che regola l’utilizzo degli spazi gestiti da società e istituzioni di proprietà comunale, introducendo norme in linea con la Costituzione su ciò che è e non è consentito”, ha spiegato il sindaco Tomislav Tomaševi?. Di fatto, una risposta alle richieste del cantante che ha formalmente chiesto di raddoppiare le date in città, con un secondo show all’arena di Zagabria, di proprietà del Comune. “Eventuali permessi per futuri concerti di Thompson – ha tagliato corto il sindaco – dipenderanno da come si svolgerà quello del 27 dicembre”. E più l’appuntamento si avvicina, più cresce la tensione.
(da agenzie)
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