RENZI NELL’OMBRA, MANDA AVANTI GLI ALTRI E PARTE LA CACCIA AI POSTI
I RENZIANI: “NESSUN CENCELLI, MA OCCORRE UN ASSETTO CHE RICONOSCA CHE VALIAMO IL 40% DEL PARTITO”
Due partiti? L’ennesima scissione? Ipotesi sciagurata.
È evidente che c’è una voragine programmatica e di contenuti tra l’idea di Pier Luigi Bersani e quella di Matteo.
Il sindaco vorrebbe un partito aperto alla ricerca di nuovi consensi nella società italiana, superando i tradizionali confini della sinistra”.
Fa gli scongiuri Giorgio Tonini e si rassicura: “Il vincitore delle primarie saprà trovare una sintesi”.
Ma per lui, che è stato uno dei sostenitori della prima ora del partito liquido di Walter Veltroni, adesso tra i pochi parlamentari (sette deputati e quattro senatori) ad aver abbracciato la causa rottamatrice, “la situazione è preoccupante, perchè sul concetto di innovazione le parole di Bersani sono troppo timide”.
Mentre il segretario parla di “Renzi nello squadrone come gli altri”, i renziani ora batteranno cassa: “Non buttiamola in vacca, è chiaro che darci una rappresentanza numerica nelle candidature, per tradurre il 40 per cento di Matteo in atto pratico è la cosa più facile, ma l’argomento non deve essere svilito in metodi da manuale Cencelli, si tratta di definire l’assetto di battaglia in vista delle politiche, ecco”.
A Firenze il sindaco Matteo Renzi sceglie il basso profilo, almeno per un po’ si arroccherà nel Palazzo Vecchio, per governare una città che ne ha bisogno.
Ieri in ufficio fin dal primo mattino, si contraddice con l’annuncio di non partecipare al Consiglio comunale, per la tredicesima volta consecutiva dal 10 ottobre scorso: “Ho già tanti appuntamenti fissati per questo pomeriggio”.
Tanto che se a livello nazionale qualcuno dovrà fare la sintesi, a Firenze il gruppo del Pd è già spaccato, con la consigliera Cecilia Pezza che prende la parola per attaccare il suo sindaco: “Spero che possa apparire presto, visto che sono tre mesi che diserta l’aula. La questione sta diventando di una gravità eccezionale”.
Eppure i sette possibili dissidenti (su 24 democratici) in Consiglio comunale non preoccupano più di tanto le notti del sindaco e dei suoi.
Che, comunque, contano di riprendersi la scena nazionale con prepotenza nei prossimi mesi; Simona Bonafè, portavoce della campagna “Adesso”, ritorna anche lei in municipio, quello di Scandicci, dove fa l’assessore, ma continuerà a tenere le redini dei quasi duecento comitati nati in tutta Italia per sostenere il Rottamatore: “È una rete importantissima. Dobbiamo capire come Bersani intenda dar valore a questo patrimonio che è la base del 40 per cento ottenuto a queste primarie. Non sarà mai una corrente o una correntina, ma bisogna tenere presente che questi comitati ci sono. La segreteria nazionale del Pd non potrà certo negarne l’esistenza”.
Quella è la base, quindi, ma il braccio armato di Renzi, chi tratterà con Bersani — al di là del già promesso pranzo dove i due si confronteranno direttamente — sarebbero appunto gli undici parlamentari democratici entrati in orbita renziana (i senatori Stefano Ceccanti, Enrico Morando, Pietro Ichino e Giorgio Tonini e i deputati Andrea Sarubbi, Salvatore Vassallo, Giuseppina Servodio, Alessandro Maran, Paolo Gentiloni, Mario Adinolfi e Roberto Giachetti).
Loro sarebbero “l’avanguardia”, secondo l’auto-definizione di Mario Adinolfi, l’ex vicedirettore di Red tv (la televisione dalemiana, ormai chiusa, che nacque in contrapposizione alla veltroniana Youdem): “Non ci aspettiamo premi, è un’esigenza di Bersani considerare questo 40 per cento. Renzi, il nostro leader, ormai è in prima linea. Ma dopo neppure un’ora dalla vittoria del segretario, in televisione sono ricomparse le facce di Massimo D’Alema e Rosy Bindi. Cominciamo male”. Adinolfi sogna già in grande: “Sono a disposizione, sarei un ottimo ministro delle comunicazioni”
Si tradurrà in questo l’auspicio del sindaco Renzi: “Chi ha vinto ha l’onore e l’onere di rappresentare anche gli altri, senza alcun inciucio e impiccio. Chi ha perso deve dimostrare di saper vivere la dignità e l’onore proprio quando la maggioranza sta da un’altra parte”.
Intanto incassa una lettera di Carlo De Benedetti, il patron del Gruppo Espresso: “Avendolo dichiarato lei sa che ho votato Bersani, ma le riconosco il merito di avere, con questa sua candidatura, aperto in modo importante con queste primarie la stagione delle primarie vere e di aver fatto un ottimo lavoro a favore del futuro successo elettorale del Pd. Non mancherò di farlo notare”.
Al fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari? Al direttore Ezio Mauro?
O allo stesso Bersani, rivendicando il potere e l’influenza della famosa tessera numero uno del Pd, la sua.
Giampiero Calap�
(da “il Fatto Quotidiano“)
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