SALVINI E MELONI ESULTANO PER IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI MA LA PROCURA NAZIONALE ANTIMAFIA E L’ANTICORRUZIONE LANCIANO L’ALLARME
IL “TAGLIO ALLA BUROCRAZIA” SIGNIFICA MINORI VINCOLI DEI SUBAPPALTI, I LAVORI FINO A 500 MILA EURO POTRANNO ESSERE FATTI ANCHE DA STAZIONI APPALTANTI PICCOLE, SENZA CAPACITÀ DI ACQUISTI NÉ GARANZIA DI AVERE TECNICI ADEGUATI…SFORBICIATI I POTERI DI VERIFICA SUI REQUISITI DELL’IMPRESA…. RIDOTTO IL CONTROLLO SUI CONFLITTI D’INTERESSE: CI SONO TANTI CASI IN CUI GLI AFFIDAMENTI VENGONO FATTI A PARENTI O CONOSCENTI
La voglia di fare presto e di semplificare al massimo può essere una cattivissima consigliera. Così ad esempio la vede «Libera», intrepida associazione antimafia: «Rischia di alimentare gli appetiti di organizzazioni criminali, corrotti e corruttori, allarga le maglie ed allenta i controlli, anche depotenziando le funzioni dell’Autorità Anticorruzione. Una beffa natalizia».
Sono tante le perplessità, i dubbi, le critiche. È un fatto, per dire, che questa riforma permetterà il subappalto a cascata. Ecco, le infitrazioni criminali. La corsa a mettere le mani sugli appalti pubblici è sempre più difficile da contrastare. Questa è la triste cornice in cui ci si muove. E l’Anac, l’Autorità Anticorruzione, trema. Nei giorni scorsi c’è stata una certa interlocuzione con Palazzo Chigi. Alcune cose sono cadute lungo la strada, altre sono da verificare. Di certo, l’Anac è molto perplessa alla prospettiva di vanificare la riforma delle stazioni appaltanti.
Se ne contano ben 36mila con oltre 100mila centri di spesa. Teoricamente, sulla base di una riforma del governo Renzi, e come concordato nell’ambito del Pnrr, sarebbero dovute scendere a 12mila. E invece ecco la retromarcia decisa ieri dal governo. Nella proposta Anac, per poter svolgere appalti superiori ai 150.000 euro, una stazione appaltante avrebbe dovuto dimostrare di avere un certo numero di requisiti, altrimenti occorreva aggregarsi.
In futuro, invece, appalti fino a 500.000 euro potranno essere fatti anche da stazioni appaltanti piccole, senza capacità di acquisti, e senza garanzia di avere tecnici adeguati. All’Anac, poi, sono stati direttamente sforbiciati i poteri quanto alle verifiche sulle Soa, ovvero le attestazioni che dimostrano i requisiti economici e organizzativi dell’impresa che partecipa alle gare più grosse.
Così come è stato ridotto il suo ruolo in materia di controllo dei conflitti d’interesse, per esempio sui Rup, i Responsabili unici del procedimento all’interno degli appalti, i quali non devono mai essere in conflitto d’interesse. Può sembrare una piccola cosa, ma «ci troviamo tanti casi in cui gli affidamenti vengono fatti a parenti o conoscenti», ha spiegato Giuseppe Busia, il presidente dell’Anac. E ancora.
È stato abolito l’elenco delle società “in house” che permetteva ad Anac di verificare se i servizi affidati da Comuni e Regioni alle loro società non potessero essere svolti meglio con gare aperte sul libero mercato. Nel braccio di ferro hanno vinto gli enti locali che vogliono gestire in proprio i servizi. Ha vinto l’idiosincrasia trasversale di destra, sinistra e centro alle gare.
(da agenzie)
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