SE FONTANA DICE BAKELET
SE UNO PUO’ DIVENTARE PRESIDENTE DELLA CAMERA SENZA CONOSCERE LA STORIA D’ITALIA, PERCHE’ MAI DOVREBBERO FARLO GLI STUDENTI?
Fin qui avevamo apprezzato il presidente della Camera perché, contrariamente al suo dirimpettaio del Senato, si era premurato di parlare il meno possibile.
Poi l’altro giorno, nel salutare gli studenti di una scuola di Ferrara intitolata a Vittorio Bachelet, Lorenzo Fontana ha scandito al microfono «Vittorio Bàkelet» e anche dalla sua faccia si capiva che non avesse idea di chi fosse: un fisico nucleare, un pittore minore, un condottiero medievale?
Un professore, questo era Vittorio Bachelet, il vicepresidente del Consiglio Superiore della magistratura ucciso da due brigatisti rossi sulle scale dell’università «La Sapienza» mentre conversava con la sua assistente Rosy Bindi, il 12 febbraio 1980.
Fontana nacque due mesi dopo, ma non può essere un alibi: se storpia la pronuncia di Bachelet, significa che ha attraversato la vita senza mai imbattersi nel suo nome.
E poiché quel nome è parte integrante del racconto degli anni di piombo, è lecito supporre che il Fontana, pur autore di libri fondamentali come «La culla vuota della civiltà», non abbia mai trovato il tempo di scorrerne uno su quel periodo non secondario della storia del Paese di cui egli adesso rappresenta uno dei vertici istituzionali.
Pazienza per Fontana, lui ormai i suoi studi li ha fatti (o non li ha fatti). Ma gli studenti del Bachelet, reduci dalla lezioncina di Montecitorio, si staranno domandando: se uno diventa presidente della Camera senza conoscere la storia d’Italia, perché mai dovremmo studiarla noi?
(da il Corriere)
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