SERGIO RUOCCO, IL LUNGO MESE SOTTO PRESSIONE (SENZA CEDERE MAI) DEL FIDANZATO DI SHARON: “MI AGGRAPPO AI RICORDI”
DALLA PRIMA NOTTE IN CASERMA ALLA SVOLTA: “RINGRAZIO I DUE TESTIMONI CHE HANNO PERMESSO CHE EMERGESSE LA VERITA'”
«Direi non più di tanto, dai…». Sergio Ruocco parla ai giornalisti con una specie di affanno nella voce. Lo accompagna dall’inizio dell’incubo. E quando qualcuno, tra i pochi rimasti fino alle 19 davanti alla villetta dei Verzeni, a Bottanuco, gli fa notare che in queste settimane di indagini serrate c’è stata tanta pressione su di lui, risponde così: «Non più di tanto, dai…».
Che sul compagno di Sharon Verzeni i sospetti si fossero esauriti quasi del tutto già dopo la prima giornata in caserma, sotto torchio per ore senza avere idea di cosa fosse accaduto alla fidanzata, qualche inquirente lo aveva lasciato intuire subito, senza neanche girarci troppo attorno.
Ma, nel deserto di possibili piste alternative, la verità è che solo di recente i carabinieri hanno accantonato con più decisione l’idea che Ruocco potesse in qualche modo avere un ruolo nell’omicidio. Gli interrogatori, le telecamere puntate addosso ovunque, i due sopralluoghi nell’appartamento di Terno d’Isola, platealmente sballottato sulle auto dei carabinieri in borghese e poi fatto vestire come un uomo della Scientifica sul luogo del delitto. Peccato che quella fosse la casa dove sognava di crescere i suoi figli, comprata con il mutuo. In pochi avrebbero saputo reggere come ha fatto questo ragazzo di 37 anni che i suoceri proteggono come un figlio, forse anche per l’adolescenza non facile. I Ruocco, di Seriate, sono separati da quando Sergio aveva 16 anni e gli assistenti sociali decisero che avrebbe vissuto con il padre, mentre i fratelli minori stanno tuttora con la mamma.
Ieri, l’affetto dei Verzeni nei suoi confronti è stato più che mai evidente. Dopo l’incontro con il loro avvocato Luigi Scudieri, in città, per farsi anticipare la notizia del fermo, i genitori e la sorella di Sharon, Melody, hanno recuperato Ruocco al lavoro. È idraulico, da anni alla ditta Fiorendi, sempre a Seriate, dove non ha mai saltato un giorno, tanto che quando non si è presentato la mattina dopo il delitto, il titolare si è preoccupato a tal punto da andarlo a cercare ai pronto soccorso. In serata, quando ha letto davanti alla stampa il suo breve messaggio, Bruno Verzeni e Maria Teresa Previtali lo hanno accompagnato in cima al prato, fino alla recinzione, e gli sono rimasti accanto, il padre rassicurandolo con una mano posata sulla spalla. «Sono pronto». E ha letto con l’affanno in sottofondo. «Dopo un mese di incertezza — le parole di Ruocco — la notizia mi ha dato un po’ di sollievo perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi. Nessuno mi ridarà Sharon, ma manterrò sempre vivo il suo ricordo e so che mi aiuterà a proseguire la mia vita».
L’idraulico ha poi ringraziato i testimoni che hanno contribuito all’individuazione di Moussa Sangare, il presunto assassino in bicicletta che si nascondeva a Suisio, oltre a Procura e carabinieri.
Questo giusto 24 ore dopo la risposta data agli immancabili cronisti rispetto alle ricerche dell’arma, mercoledì e giovedì a Terno d’Isola: «Mi sembra un po’ tardi», aveva commentato con una certa genuinità. La stessa mostrata in altre dichiarazioni e verosimilmente anche nei colloqui con gli investigatori.
Ruocco, la notte del 30 luglio, dopo che Sharon è morta prima di arrivare al Papa Giovanni XXIII, è stato buttato giù dal letto dai carabinieri verso le 4. Dormiva, perché la sua sveglia è alle 6 e verso le 22 era crollato. Aveva passato l’ultima serata con la compagna sul divano, davanti ai rispettivi telefonini: lei giocava, lui guardava cose di lavoro. Non aveva idea che sarebbe uscita a camminare a mezzanotte: «Altrimenti non l’avrei lasciata». La ragazza voleva dimagrire in vista del matrimonio che avevano programmato per il 2025, dopo 13 anni di frequentazione e il corso per fidanzati appena terminato in parrocchia. Ora stavano scegliendo il ristorante. «Mi pesa svegliarmi e non averla più accanto a me nel letto», diceva Ruocco all’inizio della seconda settimana di indagini.
La notte dell’omicidio gli investigatori lo hanno spogliato e non aveva ferite. Non era stata filmata una sua uscita. E nessuno tra i vicini aveva riferito di liti. «Se fosse stato lui, dovrebbe avere assoldato un sicario», la battuta di un inquirente per dare un’idea del quadro. «Continuavano a chiedermi “devi dirci tu cosa è successo” — ha raccontato Ruocco delle sue ore in caserma —, ma io come facevo a saperlo? Ho capito dopo che dovevano fare così. Quello che mi dispiace è avere saputo che Sharon era morta solo alle 16 del pomeriggio dopo». Osservando che doveva essere stato atroce per lui, ecco la risposta: «Rispetto a quello che ha passato Sharon, non è niente».
(da Il Corriere della Sera)
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