SI VA AL BALLOTTAGGIO IN UN ECUADOR TERRORIZZATO
AVANTI LA DELFINA DI CORREA, MA POTREBBE NASCERE UN BLOCCO PER FERMARLA… LA SFIDA E’ TRA LA PROGRESSISTA GONZALES IN TESTA CON IL 33% E IL PRINCIPE DELLE PIANTAGIONI DI BANANE NOBOA CON IL 24%, TERZO ZURITA CON IL 16%
Ci sarà bisogno di un secondo turno di ballottaggio per definire chi sarà il prossimo presidente dell’Ecuador. Con un sorprendente 83% di affluenza alle urne, nonostante il cima di violenza e attentati che ha segnato la campagna elettorale, gli elettori hanno premiato due candidati politicamente agli antipodi: in testa con il 33% dei voti si è piazzata la progressista Luisa Gonzalez, del partito dell’ex presidente Rafael Correa, oggi esiliato in Belgio dopo esser stato condannato per corruzione in patria; dietro di lei, con il 24% dei voti, l’imprenditore Daniel Noboa Azin, classe 1987, figlio dell’ex candidato presidenziale Alvaro Noboa, proprietario di grandi piantagioni di banane.
È arrivato terzo, con il 16% dei voti, il giornalista Christian Zurita del movimento Construye, che ha preso il posto del collega Fernando Villavicencio, assassinato durante un comizio a sole due settimane dal voto.
Solo quarto, invece, Jan Topic, imprenditore ed ex soldato della legione straniera che puntava a capitalizzare il clima di paura per la crescente forza dei clan narcos che hanno colpito durante la campagna elettorale.
Il ballottaggio è fissato per il 15 ottobre, saranno altri due mesi di campagna in un Paese spaventato per la violenza e in un clima di grande incertezza sul futuro.
Il vantaggio ottenuto dalla Gonzalez è relativo, perché è probabile che si formi un blocco a favore di Noboa, la vera sorpresa di questo primo turno. Topic, che si è fermato al 15% dei suffragi, ha fatto capire nel suo discorso di ringraziamenti agli elettori di essere pronto ad appoggiarlo e a lavorare con lui, soprattutto sulle questioni relative alla sicurezza.
Non si esclude che ci sia un’alleanza formale tra il suo partito social cristiano e l’ADN (Alleanza democratica nazionale), la forza conservatrice guidata da Noboa.
Alla chiusura dei seggi Zurita ha ricordato la figura di Villavicencio, ma non ha voluto dichiarare, per ora, per chi si inclinerà al ballottaggio. “Siamo tremendamente orgogliosi del risultato che abbiamo ottenuto, è un voto per il cambio e un grande riconoscimento per Fernando, un uomo che ha dato la sua vita per l’Ecuador. Noi siamo un piccolo movimento, senza grandi fondi di campagna e senza l’appoggio delle mafie, ma siamo pronti a continuare per il nostro cammino”.
Zurita, va detto, è stato autore in passato di inchieste giornalistiche condotte assieme a Villavicencio contro il governo di Correa ed è difficile che ora decida di appoggiare proprio Luisa Gonzalez.
Noboa ha buone chances di rimontare la differenza se riuscirà a far convergere su di lui le indicazioni dei candidati moderati.
La base elettorale di Luisa Gonzalez, invece, risiede tutta nei nostalgici di Correa, che ha governato l’Ecuador dal 2007 al 2017, ma questo potrebbe non bastargli per vincere il ballottaggio.
Ieri si è votato anche per il rinnovo del Parlamento e lì l’exploit del movimento progressista Revolucion Ciudadana è stato maggiore rispetto ai voti ottenuti per la corsa presidenziale dalla Gonzalez; la sinistra ottiene il 40% dei seggi, con una solida maggioranza relativa e fa molto bene anche il movimento politico fondato da Villavicencio, che supera il 20% dei seggi.
I due mesi che verranno saranno segnati da una forte contrapposizione, con lo stato di emergenza decretato dal governo uscente che rimane in vigore. Gli ecuadoriani si sono ormai abituati a vedere i candidati circolare con casco e giubbotto antiproiettile, i seggi blindati dall’esercito, i posti di blocco nelle principali città.
La forza delle organizzazioni criminali è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, a causa dell’aumento del traffico di droga. L’Ecuador è la terra di mezzo e passaggio di buona parte della cocaina colombiana che viene poi spedita negli Stati Uniti o in Europa.
Con una tassa di 25 omicidi ogni 100.000 abitanti, tra le più alte al mondo ed un grado di violenza molto diffuso soprattutto nelle periferie urbane e in Amazzonia il prossimo governo è chiamato a cambiare radicalmente la strategia di lotta alla criminalità organizzata.
Grande soddisfazione, infine, per le organizzazioni di indigeni e gli ambientalisti per la netta vittoria nel referendum sui giacimenti di petrolio posti nel parco nazionale di Yasunì, in Amazzonia.
Il 60% degli elettori ha votato per bloccare l’esplorazione petrolifera in una regione chiave per la biodiversità. Secondo Petroecuador, la compagnia pubblica del greggio, la fine delle attività nella regione provocherà una perdita di 14 miliardi di dollari per il Paese nei prossimi 20 anni.
Il presidente uscente Guillermo Lasso ha detto chiaramente che questo comporta una drastica riduzione delle politiche assistenziali e di welfare, che oggi rappresentano un quarto della spesa pubblica. “I soldi non contano nulla – ribattono gli indigeni – se per ottenerli si deve distruggere la nostra terra, la nostra diversità e vedere uno Stato che calpesta i diritti dei popoli originari. Oggi ha vinto la vita e il futuro sostenibile dell’Ecuador”
(da Huffingtonpost)
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