SIAMO ALLE SOLITE: PER COPRIRSI A DESTRA E NEUTRALIZZARE IL “PACIFISTA” SALVINI, GIORGIA MELONI SI AUTO-ESCLUDE DALLA STANZA DEI BOTTONI EUROPEA
DOPO IL FORFAIT DELLA DUCETTA AL VIAGGIO DEI “VOLENTEROSI” A KIEV, MACRON LA ESCLUDE PER IL TERZO GIORNO DI FILA DAI CONTATTI DI MASSIMO LIVELLO SULL’UCRAINA… IL COSTO POLITICO È ALTO. E ANCHE QUELLO ECONOMICO: IL 2% DEL PIL IN DIFESA, ANNUNCIATO DALL’ITALIA, NON BASTERÀ A TRUMP, CHE CHIEDE ALMENO IL 4%
Alle 22, il centralino di Palazzo Chigi ancora tace: nessuna chiamata in entrata dall’Eliseo. Per la terza volta in tre giorni, Emmanuel Macron sceglie di escludere Giorgia Meloni dai suoi contatti di massimo livello sull’Ucraina.
La linea del presidente francese è netta, al limite della brutalità: se non partecipi al gruppo dei “volenterosi”, non c’è ragione di coinvolgerti.
Non le ha chiesto di aggregarsi al treno per Kiev (la premier avrebbe potuto andarci comunque, ha preferito videocollegarsi). E per due volte in 48 ore non ha incluso l’italiana nelle previste consultazioni della pattuglia di Weimar, quello aperte a Polonia, Germania e Regno Unito.
È una sfida diretta a Meloni. Ed è il frutto di un conflitto che si trascina da mesi. Decidendo di tirarsi fuori dall’iniziativa anglo-francese, la leader ha puntato tutto sul canale alternativo con Donald Trump. Ma dal punto di vista diplomatico, il sostegno occidentale a Volodymyr Zelensky prende forma dietro la regia di due attori: Washington e i “volenterosi” di Macron
A spiegare le ultime mosse della premier, però, non è solo il grande freddo con Parigi. C’è la politica interna, riferiscono diverse fonti. Dire no ai “volenterosi”, […] significava mostrarsi ostile all’eventuale invio di truppe europee sul terreno. In questo modo, Meloni ha bloccato la campagna di Matteo Salvini contro il “bellicismo” di Macron e di von der Leyen.
Il prezzo politico è però apparso subito alto. Ufficialmente, comunque, la linea che trapela da Palazzo Chigi non cambia. E però, a scavare, si colgono segnali di una difficoltà crescente.
Il primo è un dettaglio: la leader ha cancellato un incontro con il premier slovacco Robert Fico, reduce dalla parata nella piazza rossa di Mosca, riprogrammandolo per inizio giugno. Ma non basta. Cruciale — e scivoloso — sta diventando il percorso di riarmo. Oltre a sfilarsi dal gruppo dei volenterosi, Roma rischia infatti di dover frenare anche su questo terreno.
Al vertice Nato di fine giugno Meloni annuncerà il traguardo del 2% nel 2025, ma Trump rilancerà pretendendo in tempi rapidi non meno del 4%. Ed è qui che nasce il problema. Politico e diplomatico.
L’esecutivo, infatti, non sembra disponibile ad accedere alla clausola di flessibilità del ReArm offerta da Bruxelles (che va attivata entro inizio giugno). Qualche giorno fa, durante l’ultimo consiglio supremo di difesa, Giancarlo Giorgetti ha spiegato che non ha senso scorporare le spese militari dal deficit, perché la misura fornisce garanzie solo transitorie: dopo quattro anni, inizia il percorso di “rientro”. Anche in questo caso, pesa il fattore Salvini, il “nemico a destra” ostile al riarmo.
Se questi sono gli ostacoli, come rientrare allora nei giochi? Venerdì, a Tirana per un summit Ue, vedrà Zelensky. Domenica, il canadese Carney. Cerca inoltre una sponda con Friedrich Merz. Il neo cancelliere sarà domenica a Roma per l’intronizzazione di Leone XIV. A margine, proverà ad incontrare la premier.
Il rapporto tra i due, sottolineava ieri il suo portavoce, Stefan Kornelius, «è molto buono da anni». E si è nutrito ultimamente anche degli apprezzamenti al “modello” sui migranti. Ora il gelo di Meloni con Macron costringe il tedesco alla prudenza nel rapporto con l’italiana: mai negli ultimi decenni — neanche ai tempi di Merkel — si era assistito a un riavvicinamento così fulmineo tra Parigi e Berlino, suggellato da un accordo sulla difesa
L’altro fattore che invita Berlino alla cautela è il progetto dei “volenterosi”. Merz si è inserito con un tale entusiasmo nel gruppo, che si starebbe già preparando un’altra intesa bilaterale con gli inglesi. Nessuno sembra disposto a delegare alla premier il ruolo da mediatrice Ue-Usa.
Meloni ha deciso di non andare al vertice dei cosiddetti “volenterosi” per non far irritare il presidente Donald Trump e anche perché non convinta del format. Anche se l’assenza ha pesato, soprattutto alla luce del fatto che siamo in una fase diversa da un mese fa: i cosiddetti “volenterosi” non promuovono più l’idea dei soldati sul campo ma si stanno misurando con le trattative di pace della Casa Bianca.
L’esclusione dell’Italia dai tavoli sulla pace in Ucraina rischia di essere un autogol per la premier che si è sempre vantata di aver riportato l’Italia a contare a livello internazionale. Tant’è che in queste ore a Palazzo Chigi si sta ragionando su come diventare centrali domenica a San Pietro, quando ci sarà la messa di intronizzazione di Papa Leone XIV.
In Vaticano, dopo il funerale di Papa Francesco, tornerà il vicepresidente americano J.D. Vance, ma anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il premier canadese Mark Carney e il presidente argentino Javier Milei. Ma, dopo la telefonata di ieri con il pontefice, a San Pietro arriverà anche il presidente ucraino Zelensky.
E quindi Meloni, che dopo essere finita fuori dalla foto in occasione del funerale di Bergoglio, stavolta vuole apparire. A questo proposito è probabile che domenica sarà l’occasione per un nuovo bilaterale tra Meloni e Zelensky.
(da Il Fatto Quotidiano)
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