SILVIO SI VENDE IL VOTO DI FORZA ITALIA PER OTTENERE GARANZIE SU CSM, CONSULTA E MEDIASET
NOMINE CONCORDATE AL CSM CHE DESIGNERA’ I VERTICI ALLA PROCURA DI MILANO, FIGURE DI GARANZIA ALLA CONSULTA, VIA IL TETTO PUBBLICITARIO PER LE TV: ECCO LE BASI DELL’INCIUCIO CON RENZI
Il “patto” va ben oltre le riforme. E la legge elettorale.
È un “patto” complessivo sui dossier che gli stanno più a cuore quello che Berlusconi vuole siglare con Renzi. Giustizia e tv.
Per questo, come scrive la Stampa, dopo rivolta pomeridiana dei gruppi parlamentari, nella serata di giovedì Verdini ha chiamato Renzi, per fornire rassicurazioni: “Berlusconi mi prega di farti sapere che resta fedele alle intese. Tu non preoccuparti. Oggi ha lasciato che i suoi parlamentari si sfogassero un po’, ma torneranno all’ovile”.
Perchè l’ex premier vuole far chiudere la trattativa, anche sollecitato dal “partito Mediaset” i cui endorsement a Renzi ormai non si contano.
Chiudere con l’obiettivo di tutelarsi, anche stando all’opposizione in una fase di declino giudiziario. Per questo il Cavaliere si mostra molto poco disponibile alla discussione interna.
E verga una nota per dire che ha invitato “i parlamentari di Forza Italia a sostenere convintamente le riforme” assicurando che il “dialogo” non riguarda “economia e giustizia”. Punto.
Annullato il secondo round dello sfogatorio di martedì.
Parole che blindano l’accordo e che provano a coprire le richieste di cui si discute sottotraccia. Tra i dossier su cui Berlusconi vorrebbe garanzie c’è non solo la riforma complessiva della giustizia, dove Renzi ha già annunciato che ci sarà la responsabilità civile dei magistrati.
Ma c’è anche la questione specifica delle nomine di indicazione parlamentare alla Consulta e al Csm.
L’ex premier ne ha parlato nei giorni scorsi con Ghedini raccogliendo le sue preoccupazioni sulla delicatezza del dossier e sull’impatto che potrebbe avere sui guai giudiziari del Capo. Perchè il Csm, di per sè una stanza dei bottoni di una certa importanza, avrà un potere enorme nei prossimi mesi.
Con la norma che abbassa l’età pensionabile dei magistrati da 75 a 70, prevista nel decreto sulla PA vengono “decapitati” i vertici dei più importanti uffici giudiziari, come Milano, Venezia, Torino, Napoli e Roma.
Per fare un esempio a Milano, nel luogo che Berlusconi considera più ostile, andranno in pensione Edmondo Bruti Liberati, il presidente Livia Pomodoro, il presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio e il pg Manlio Minale.
Ecco il punto. Sarà il Csm a nominare i nuovi.
Dopo che verranno riempite le caselle scoperte. I togati, su cui so vota domani. E gli otto laici. E i nuovi possono condizionare, e non poco, le sorti giudiziarie del Cavaliere.
Poichè degli otto membri indicati dal Parlamento quattro andranno al Pd, che reclama il vice, e il resto agli altri partiti, si capisce la paura di Ghedini.
Capi degli uffici, membri di quella Cassazione che dovrà giudicare Berlusconi su Ruby a dicembre: il Pd, o meglio i membri del Csm di “area Pd” gestiranno caselle su cui l’attenzione del Cavaliere è massima, assai più che sulle soglie della legge elettorale.
Ed è proprio su questi nomi che l’ex premier vuole garanzie da Renzi: nomi equilibrati, non ostili, che facciano su Milano scelte equilibrate e non ostili.
Così come è massima l’attenzione di Berlusconi sulle nomine alla Consulta, su cui il Parlamento, mentre Berlusconi e Renzi si incontravano, votava scheda bianca perchè non c’è un accordo.
Al momento i nomi che nel Palazzo vengono dati come i più accreditati sono per il Pd quello di Anna Finocchiaro, grande artefice della trattativa sulle riforme.
Mentre dal lato di Forza Italia il nome più gradito è quello di Donato Bruno, legatissimo negli anni d’oro a Cesare Previti.
Ma il mondo berlusconiano si è molto addolcito anche su Michele Vietti, dopo che il Csm, di cui è vicepresidente, ha bacchettato Bruti Liberati a proposito della guerra in procura con Robledo.
Il problema, per la Finocchiaro, sarebbero i cosiddetti “requisiti”, ovvero gli anni di carriera “effettiva” da magistrato. La questione è oggetto di approfondimenti giuridici, perchè dal punto di vista politico non sarebbe la prima volta che si fa una “forzatura”.
Si capisce su questi presupposti perchè, tra gli azzurri, aleggi il sospetto, anzi la convinzione che l’ex premier voglia tirare dritto — nonostante la fronda — sul patto con Renzi: “Silvio ci sacrifica, per difendere le sue ragioni”. Tra le sue ragioni c’è anche Mediaset.
Guarda caso, il luogo — nel mondo berlusconiano — dove ormai le lodi verso Renzi si sono trasformate in tifo.
Su questo fronte il timore, dopo che Renzi ha dato lo schiaffo alla Rai sulla questione dei 150 milioni, è che il governo possa varare norme che impattano sulla pubblicità di Mediaset.
La garanzie che chiede Berlusconi in tal senso riguardano una vecchia battaglia del renziano Gentiloni che da tempo, da quando faceva il ministro delle Comunicazioni, si batte per recepire qualche direttiva europea relativa ai tetti della pubblicità .
Tetto che impatterebbe direttamente sul fatturato pubblicitario di Mediaset. Ora che non c’è più Antonio Catricalà a presidio del settore, la preoccupazione è tornata.
E, per dirla con una battuta che gira nel Palazzo, se Parigi val bene una messa, tutto questo val bene un Senato.
E val bene il sacrificio di Forza Italia.
Paradossi del conflitto di interessi.
(da “Huffingtonpost”)
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