SOCCORRERE GLI ULTRAS
LA PRETESA DI CONTARE COME BANDA VISTO CHE NON SI CONTA UN FICO COME PERSONA
Ultras della squadra di calcio del Chieti che lanciano sassi e mattoni contro il pullman della
squadra per “punirla” di una sconfitta: tragedia solo sfiorata grazie ai riflessi dell’autista, cronaca ordinaria di uno degli aspetti preistorici dell’Italia contemporanea.
Qualcosa di tribale, di maschile in senso arcaico, il branco urlante con i suoi capi e i suoi rituali, la pretesa di contare come banda visto che non si conta un fico come persone. Come esseri umani.
Triste e squallido, non si sa se più triste o più squallido, il fenomeno ultras è ampiamente sottovalutato, da decenni, dalla politica, dai media, dalla società nel suo complesso. Parla di
miseria culturale, di violenza minacciata e infine spesso inflitta, di criminalità micro e macro. Di razzismo strillato e nemmeno capito, come una forma di idealizzazione rudimentale della prevaricazione e della violenza.
Di energie, adrenalina, giovinezza, forza fisica dissipate in attività cretine e spesso nocive, quando tanto bisogno ci sarebbe di quei giovanotti (dai venti ai quaranta, con non pochi fuori quota) per attività socialmente utili.
Possibile e addirittura probabile che alcuni o perfino parecchi di loro, dismessa la divisa di ultras, siano bravi figlioli. Ma in branco fanno pena e fanno rabbia. Ci si chiede come mai non esistano forme di autocoscienza e di recupero, come per gli alcolisti e i tossici a vario titolo, che possano aiutare queste persone.
Immaginate un tizio che lancia mattoni contro un pullman perché non gli garba che la sua squadra abbia perso. Un gradino sotto c’è il nulla, lo zero umano. Un gradino sopra, la speranza di uscirne. Ci sono politici per i quali gli ultras violenti sono solo elettori da blandire. Esistono politici per i quali siano esseri umani da soccorrere, e curare?
(da Repubblica)
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