TAV, IN FRANCIA LA CORTE DEI CONTI BOCCIA IL PROGETTO: “COSTI ALTI E RICAVI A RISCHIO”
I MAGISTRATI RILEVANO IL RADDOPPIO DEI COSTI DELLA TORINO-LIONE E CITANO STUDI SECONDO I QUALI L’OPERA NON PRODURRA’ PROFITTI
I costi sono aumentati troppo, da 12 a 26 miliardi di euro, e il flusso delle merci è diminuito.
Sono alcune delle critiche al progetto dell’Alta velocità Torino-Lione espresse dalla Corte dei Conti francese. I magistrati contabili di Parigi hanno pubblicato il parere, fornito al primo ministro Jean-Marc Ayrault a inizio agosto, in cui vengono elencati i dubbi sul progetto.
Si tratta di un documento importante in vista del vertice sul Tav tra Mario Monti e Franà§ois Hollande a Lione il prossimo 3 dicembre.
“Il carattere internazionale del progetto, la sua anzianità e la sua complessità rendono difficile esprimere delle raccomandazioni”, scrive il presidente della Corte Didier Migaud, che chiede di non trascurare soluzioni alternative, cioè i miglioramenti della linea esistente, e di considerare delle misure per spostare il traffico transalpino dalla strada alla ferrovia.
I costi del progetto vanno considerati in maniera sistematica, consiglia, tenendo conto della situazione finanziaria del Paese, della rendita dell’opera e della sua capacità di far crescere l’economia.
Il documento della Corte ripercorre diverse obiezioni sollevate dai No Tav sul versante italiano.
I costi.
Nel documento di quattro pagine, la Corte rivede l’aumento del budget del programma di studio e dei lavori preliminari, “stimato inizialmente a 320 milioni, poi a 371, è stato portato a 534,5 a partire dal marzo 2002, in seguito a 628,8 milioni nel programma del 2006. Le stime presentate alla conferenza intergovernativa del 2 dicembre 2010 l’hanno portato a 901 milioni”.
Questo costo, quasi triplicato è dovuto alla realizzazione delle discenderie (gallerie), ai problemi geologici e, sul versante italiano, alle proteste e alla variazione del tracciato (da Venaus a Chiomonte), ricorda il presidente Migaud.
Per la parte comune del progetto, i dati del giugno 2010 prevedevano 10,259 miliardi di euro “senza spese finanziarie, manodopera e studi preliminari”, quasi due miliardi in più rispetto al 2003.
Nel complesso, la stima del costo globale del progetto è passato da 12 miliardi nel 2002 a venti miliardi nel 2009 e poi a 26 miliardi “secondo gli ultimi dati comunicati dalla direzione generale del Tesoro”.
C’è poi la questione: chi pagherà ?
Se l’accordo del 30 gennaio scorso prevede una ripartizione dei costi della prima fase (42 per cento alla Francia, il resto all’Italia), mentre la seconda fase (acquisti dei terreni, reti deviate) pesa tutta sull’Italia, non si sa di preciso quanto sborserà l’Unione europea per i lavori.
I flussi.
Il progetto è stato “concepito in un contesto di forte crescita dei traffici attraverso l’arco alpino”, scrive Migaud, per questo ora bisognerebbe rivalutare i flussi.
Nel 1991, negli anni in cui venne lanciata l’idea della Torino-Lione, il rapporto Legrand prevedeva che i passaggi di merci sarebbero più che raddoppiati tra il 1987 e il 2010, ma già nel 1993 uno studio riteneva che quel rapporto sovrastimasse i passaggi e la crescita.
Poi, dal 1999, i traffici sono diminuiti: da una parte la chiusura temporanea del Monte Bianco, dall’altra l’apertura di nuove vie in Svizzera, la fine dei transiti notturni e la crisi.
Tutti i passaggi tra Francia e Italia ne hanno risentito, fatta eccezione di Ventimiglia su cui arrivano i flussi dalla Spagna. Solo nel 2035, ricorda la Corte citando uno studio dei flussi voluto da Ltf (Lyon-Turin ferroviaire, società che gestisce l’opera), è prevista la saturazione della linea storica.
Per queste ragioni, tra costi eccessivi e dubbi incassi dei pedaggi, la Corte dei conti ritiene che il progetto abbia una rendita poco certa.
Anzi, sottolinea Migaud, “secondo gli studi economici voluti nel febbraio 2011 da Ltf sul progetto preliminare modificato, il valore attuale netto è negativo in tutti gli scenari”, che siano di crisi o di ripresa.
Tuttavia la politica non sembra turbata dal documento.
Nella sua risposta a Migaud, il premier Ayrault ribadisce le intenzioni politiche del governo, gli impegni internazionali e in particolare gli accordi con l’Italia.
Andrea Giambartolomei
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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