“TRENI INVIVIBILI E LA COLPA E’ DELLA POLITICA”: LA PRIMA ASSEMBLEA DEI PENDOLARI
“LA SITUAZIONE DEL TRASPORTO LOCALE NON E’ PIU’ TOLLERABILE”… “IL DIRITTO ALLA MOBILITA’ DEVE ESSERE GARANTITO DALLE ISTITUZIONI, NON DAI PRIVATI”
Tempi duri per i pendolari del treno. Secondo Assoutenti, l’associazione promotrice della prima assemblea nazionale dei comitati dei pendolari, le ferrovie regionali soffrono in Italia di scarsi investimenti, continui tagli di treni e servizi, gravi carenze di pulizia, di manutenzione e di scorte ai mezzi.
Tradotto: treni poco affidabili e poco puntuali.
alla legge del 1997, che delega alle Regioni l’organizzazione del trasporto locale, molta acqua è passata sotto i ponti.
Acqua che però è diventata marcia, almeno per i pendolari, se è vero (come è vero) che i trasferimenti di fondi alle Regioni per i treni sono sempre più difficili da attuare. E le Regioni ci mettono del loro, perchè i comportamenti sono i più vari: c’è chi per la ferrovia spende di più e chi di meno (qualcuno addirittura zero euro). Trenitalia, da parte sua, insegue l’Alta Velocità , ma è anche vero, come ha chiarito l’amministratore delegato Vincenzo Soprano, che i contratti sono accordi tra due parti. Se una delle due si rivela inadempiente il castello cade.
Da qui l’allarme lanciato dei comitati per una più strenua, ma coordinata, difesa del trasporto ferroviario regionale e, più in generale, del diritto alla mobilità .
Assoutenti vuole riunire tutte le associazioni di consumatori in campo, per rivolgersi al Governo, alle Regioni, al Gruppo Fsi e agli attori del trasporto pubblico nella loro totalità . In sostanza, si chiede di ammodernare e potenziare i treni nelle grandi città e nelle aree metropolitane, renderli più capillari integrandoli con gli altri mezzi pubblici (bus, tram, metro).
E di rivedere il concetto di “servizio universale”, riformulando l’offerta dei treni a lunga percorrenza, specie quelli notturni sull’asse nord-aud, ma anche di quelli interregionali e delle tratte internazionali.
Sempre vivo, inoltre, l’interesse per le ferrovie dismesse da recuperare nel segno della mobilità sostenibile.
I problemi dei pendolari sono uguali un po’ su tutta la rete ferroviaria. A Milano i treni sono sporchi, maleodoranti, con pareti imbrattate e bagni inservibili.
Per giunta, viaggiano in ritardo per sovraffollamento delle linee e per tagli di infrastrutture.
Secondo Luca Cossutti, presidente dei pendolari della Lombardia, dal 1931 a oggi il nodo di Milano ha perso quasi tutte le sue linee di “cintura”, che garantivano un migliore smistamento del traffico, alleggerendolo.
Oggi c’è solo il Passante, ma se arrivano le imprese private non basterà più, ce ne vuole un secondo.
Nel Lazio fioccano le class-actions contro Trenitalia.
Ne hanno intentata una i pendolari della linea Roma-Nettuno, dove si può viaggiare su carrozze con tutte e quattro le porte guaste, che però anzichè restare chiuse vengono comunque messe a disposizione dei viaggiatori.
D’estate, da quando hanno tolto le carrozze a doppio piano con i finestrini apribili, bisogna restare in apnea per almeno 40-50 minuti, il tempo che il treno si svuoti un po’.
E chi non vuole soffrire, rinuncia al treno e sale in macchina.
Sulla Roma-Cesano-Viterbo può succedere di fare tre chilometri a piedi, lungo i binari e sotto il sole (è capitato a luglio), perchè il treno si rompe.
E non si sa dove comperare i biglietti perchè i punti vendita scarseggiano mentre i controlli si intensificano.
Su alcune tratte della Sicilia, come la Siracusa-Comiso, circolano solo pochissimi treni al giorno e inesorabilmente lenti.
La percorrenza di un convoglio regionale da Siracusa a Comiso, di due ore e 40, è assimilabile a quella di un Frecciarossa da Milano, mettiamo, a Firenze.
Oltre due ore per recarsi da una provincia a quella confinante dove in altre parti d’Italia, nello stesso intervallo di tempo, si attraversano tre regioni.
E’ bene chiarire che stiamo parlando di servizi diversi, con obiettivi e caratteristiche completamente diversi. E di geografie, tecnologie e sistemi di trasporto diversi.
Il paragone però sottolinea la persistenza di un’Italia a due velocità . In Calabria, sulla Reggio-Lamezia Terme, nell’estate da 40 gradi, un treno può viaggiare con una carrozza guasta e chiusa, con i viaggiatori stipati per intero sull’unica disponibile, alla faccia della sicurezza.
Superata una certa stazione, come per incanto, il vagone chiuso riprendere miracolosamente a funzionare e peggio per chi è sceso prima.
Di chi la colpa? “Bisognerebbe prendersela non tanto con Trenitalia quanto con la politica”, suggerisce Edoardo Zanchini, Legambiente.
“Oggi mancano all’appello 700-800 milioni di euro da stanziare per il trasporto ferroviario regionale. Di questo, sono responsabili il governo centrale e le Regioni”.
Il numero uno di Trenitalia, Vincenzo Soprano, cerca di fare un po’ di chiarezza, sia pure mettendo alcuni punti fermi. “Noi, come impresa, non possiamo garantire il diritto alla mobilità . Quello deve farlo un’istituzione. E non riceviamo fondi pubblici. Come impresa, abbiamo l’obbligo di stipulare contratti che stiano in piedi e che siano produttivi”.
Cioè: tutti i treni che viaggiano devono garantire un ritorno economico.
Con l’Alta Velocità è facile, con i convogli regionali più difficile. Sono le Regioni a decidere le tariffe.
Ma se a quelle tariffe corrisponde un servizio inadeguato quando non pessimo, è pure perchè l’età media del materiale rotabile Fs è di 35 anni, la qual cosa rende più complicate sia la manutenzione che la pulizia.
Quindi, treni scadenti, che la gente non prende dando alle Ferrovie un motivo per sopprimerli. Il cane che si morde la coda.
Fino a quando i governi non spingeranno una volta per tutte sul trasporto ferroviario come motore dell’economia (non è un caso che nell’ultimo governo, Sviluppo Economico e Trasporti siano stati accorpati in un unico ministero).
E fino a quando le Regioni, tra montagne di soldi sprecati o letteralmente finiti nelle loro pance, non decideranno la grande svolta.
Vincenzo Foti
(da “la Repubblica“)
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