TUTTE LE BALLE DI DI MAIO SUL GOMBLOTTO CONTRO IL GOVERNO DEL CAMBIANULLA
QUANDO GRILLO SOSTENEVA CHE LA CREDIBILITA’ INTERNAZIONALE VALE PIU’ DI UN GOVERNO DEMOCRATICAMENTE ELETTO
È un Luigi Di Maio davvero arrabbiato quello che ieri sera è comparso su Facebook per dare la sua versione dei fatti su ciò che era accaduto poco prima al Quirinale. L’avvocato del Popolo Giuseppe Conte aveva appena rimesso il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. «Quello che è successo è incredibile» dice Di Maio che in sei anni in Parlamento non ha mai visto una cosa del genere. Eppure nel 2014 — quando il Capo Politico del M5S era già in Parlamento — Napolitano aveva chiesto di sostituire Nicola Gratteri, magistrato designato da Renzi alla Giustizia, con Andrea Orlando.
«Questa non è una democrazia libera», attacca Luigi Di Maio per difendere la scelta di indicare Paolo Savona come Ministro dell’Economia.
Non sfuggirà innanzitutto un dettaglio fondamentale: non solo non è il popolo a “scegliere” i ministri ma il popolo non ha votato Savona.
Per il semplice fatto che il nome di Savona non era mai stato fatto nè dalla Lega nè dal MoVimento 5 Stelle.
Nonostante i tentativi di Di Maio di far credere che Giuseppe Conte fosse invece stato votato da 11 milioni di italiani (perchè era nella lista dei ministri presentata sul Blog) anche il nome del premier incaricato è il risultato di una decisione presa dai partiti (e non dal popolo quindi) dopo le elezioni.
Ma nel momento della rabbia e dell’indignazione la narrazione pentastellata arriva al punto di negare sè stessa.
Quattro giorni fa, uscendo da Montecitorio Luigi Di Maio parlando proprio di Savona ha detto: «Una persona valida che ci può dare una mano nell’ottenere risultati a livello nazionale e internazionale per realizzare le nostre riforme. Ma i ministri li sceglie il Presidente della Repubblica di concerto e su proposta con il premier incaricato Conte quindi sarà la loro interlocuzione a creare la squadra di governo».
Un concetto che aveva espresso anche il giorno prima quando ai giornalisti aveva detto che «sui ministri non c’è nessuna discussione in atto perchè i ministri gli sceglie il Presidente della Repubblica».
Anche Di Maio sapeva che Mattarella poteva fare quello che ha fatto, perchè il citatissimo articolo 92 della Costituzione dice che «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri». Quello del Presidente della Repubblica non è un veto, nè ha fatto qualcosa di incostituzionale o inconsueto.
Secondo Di Maio (quello di ieri) Mattarella avrebbe dovuto dire di sè perchè le due forze politiche che formano la maggioranza rappresentano «circa il 60% del consenso popolare» (anche se in realtà Lega e M5S hanno il 50%).
Ma ci sono già diversi tre precedenti che dimostrano che Mattarella poteva fare quello che ha fatt0. Oltre al già citato caso del 2014 ci sono altri due esempi. È successo nel 1994 quando Scalfaro bocciò la proposta di Berlusconi di mettere il suo avvocato (Cesare Previti) al Ministero della Giustizia. Nel 2001 Berlusconi indicò Roberto Maroni come Ministro dell’Interno ma Ciampi gli preferì un altro leghista Roberto Castelli.
Secondo Di Maio Savona — un economista di livello che è stato ministro durante il governo tecnico presieduto da Carlo Azeglio Ciampi — è stato bocciato perchè tanti anni fa ha detto di essere contro l’euro. Ma non è vero. Perchè fra qualche giorno uscirà l’autobiografia di Savona dove il ministro dell’Economia voluto dai Di Maio e Salvini paragona la Germania di Angela Merkel a quella nazista.
La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l’idea di imporla militarmente. Per tre volte l’Italia ha subito il fascino della cultura tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la Triplice alleanza del 1882, il Patto d’acciaio del 1939 e l’ Unione europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta. Possibile che non impariamo mai dagli errori?
Nel libro, che uscirà tra qualche giorno, si legge anche che secondo Savona «Battere i pugni sul tavolo non serve a niente. Bisogna preparare un piano B per uscire dall’euro se fossimo costretti, volenti o nolenti, a farlo».
Questo è il pensiero del Ministro dell’Economia oggi non qualche anno fa. Cosa sarebbe successo in Europa (e sui mercati finanziari) quando il libro del Ministro sarebbe andato nelle librerie?
La posizione del nostro Paese sarebbe stata quantomeno imbarazzante. E quel punto le promesse del “contratto di governo” di cambiare i trattati e le regole europee sarebbero andate a farsi benedire.
Perchè quello che Di Maio non dice è che per farlo occorre trattare e trovare un accordo con quei paesi e quelle istituzioni europee che nella sua autobiografia Savona attacca duramente.
Chi sostiene che Savona aveva cambiato idea sull’euro lo fa citando il comunicato inviato da Savona al sito Scenarieconomici.it dove il professore avrebbe secondo alcuni abiurato alle sue tesi noeuro.
Tesi che per Antonio Maria Rinaldi, vicino al professor Savona e uno degli animatori di scenarieconomici.it, sarebbero solo “un’elaborazione accademica”.
Ma in quella dichiarazione Savona non ha abiurato nulla, non ha negato di pensare ad un piano B per l’uscita dall’euro che dovrebbe — a suo dire — avvenire in segreto. Alla faccia della democrazia e della tutela dei risparmi degli italiani.
Anche perchè se Savona avesse davvero abiurato allora dovrebbe mandare al macero tutte le copie della sua autobiografia.
E la spiegazione che le idee di Savona siano innocue perchè sarebbero semplicemente una “discussione a livello accademico” lascia il tempo che trova perchè quando l’ideatore di quelle tesi assume un incarico di governo quelle idee vengono giudicate diversamente.
Il punto non è un nome, continua Di Maio, «il punto è un modo di intendere l’Italia, sovrana oppure no e per noi l’Italia è sovrana perchè la sovranità appartiene al popolo».
Sovranità che però il popolo esercita come è scritto nella Carta fondamentale, quella difesa dai pentastellati nel dicembre 2016, nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ieri Mattarella aveva proposto a Conte di nominare il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, al posto di Savona all’Economia.
Ma Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno rifiutato. Il motivo? Segnare un punto e dimostrare di non voler cedere ai diktat oppure continuare la campagna elettorale
Per Luigi Di Maio la bocciatura di Savona è la dimostrazione che non siamo liberi e sovrani perchè c’è qualcun altro che decide per noi. Che sia la Germania, la BCE o i mercati finanziari.
Intanto bisogna fare i complimenti al Capo Politico del M5S che ha scoperto che un Paese con duemila miliardi di debito pubblico ha la necessità di stare sul mercato. Curiosamente Di Maio è la stessa persona che ha proposto nel suo programma elettorale di finanziare il suo progetto di riforme facendo altro debito.
Quindi sì, è vero che i mercati decidono per noi, ma fanno lo stesso per altri Paesi.
E cosa ancora più interessante gli stessi cittadini italiani — che detengono il debito pubblico dello Stato — fanno parte di quei mercati. La conseguenza è che i “mercati” non sono qualcosa di completamente estraneo
Si dirà a questo punto che il M5S è sempre stato contro la dittatura della finanza internazionale e contro qualsiasi forma di “colpo di Stato” del Presidente della Repubblica.
Ma non è vero: perchè nel 2011 quando c’era Berlusconi al Governo e lo spread colpiva i nostri titoli di Stato il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle chiedeva a Giorgio Napolitano di intervenire per impedire il default.
Beppe Grillo spiegava che a causa dello spread «i titoli di Stato richiedono un interesse sempre più alto per essere venduti sui mercati. Interesse che non saremo in grado di pagare senza aumentare le tasse, già molto elevate, tagliare la spesa sociale falcidiata da anni e avviare nuove privatizzazioni».
Per Grillo la situazione sui mercati finanziari era la prova che «Il Governo è squalificato, ha perso ogni credibilità internazionale, non è in grado di affrontare la crisi».
Sette anni fa Grillo diceva chiaramente che la credibilità internazionale era più importante di un governo democraticamente eletto (la coalizione di centrodestra aveva ottenuto nel 2008 il 47% dei consensi).
Oggi il Capo Politico del M5S invece vuole farci credere alla tesi del complotto internazionale avallato dal Presidente della Repubblica quando dice che il problema «è che le agenzie di rating in tutta Europa erano preoccupati da un uomo che andava a fare il ministro dell’Economia e che gli investitori erano preoccupati in tutta Europa».
(da “NextQuotidiano”)
Leave a Reply