Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
SE TRAVAGLIO DUELLA CON CROSETTO, MENTANA SE LA VEDE CON LA RUSSA – CONTE INTERVISTATO DA DEL DEBBIO – RENZI CONDOTTO DA BRUNO VESPA, GIOVANNA BOTTERI FA COMPAGNIA A SANGIULIANO… ARCHEO REDUCI: FINI VS RUTELLI – A FAR DA SUPPORTO ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA DI NORDIO, C’E’ ANTONIO DI PIETRO… NON POTEVA MANCARE L’ANGOLO DEL TRALLALA’: CARLO CONTI, MARA VENIER, EZIO GREGGIO, BUFFON CON ILARIA D’AMICO, BOVA E FRANCESCA BARRA
Carlo Conti, Mara Venier ed Ezio Greggio. Ma anche Gianluigi Buffon e Ilaria D’Amico. Un immaginario pop, meno aggressivo, meno militante. «Sei diventata grande», recitano i cartelloni che riportano il logo di Atreju, l’annuale manifestazione di Fratelli d’Italia in partenza il 6 dicembre.
«Eravamo in pochi a credere in un’Italia forte. Ora siamo la maggioranza», si legge ancora. Tradotto, ora siamo forza di governo e siamo diventati istituzionali, ma restiamo simpatici.
Meno gli ospiti internazionali, l’ospite più interessante, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, è stato già anticipato. C’è la presentazione di un libro su Charlie Kirk, ma niente super ospiti da oltreoceano. Ci sono anche membri di Likud, Maurizio Molinari intervista l‘ostaggio di Hamas liberato, Rom Braslavacki.
«Partecipare non significa aderire a Fratelli d’Italia», sottolinea Donzelli, che si diverte a rimarcare come siano presenti «tutti i leader di opposizione a parte Elly Schlein» (in realtà manca anche Nicola Fratoianni).
Anche se, dice Donzelli, «la festa è sempre aperta», casomai qualcuno cambiasse idea. I sindacati intervengono, a parte la Cgil («Gli altri anni sono venuti, non volevamo insistere per non metterli in difficoltà»), il giorno prima dello sciopero del 12 dicembre.
C’è anche il cardinale presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, condotto da Monica Setta. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso dialoga con Angelo Bonelli, il leader di Azione Carlo Calenda viene a parlare di Ucraina, il numero uno di Più Europa Riccardo Magi. Matteo Renzi è sul palco con Fabio Rampelli, conduce Bruno Vespa. Giuseppe Conte – tirato in ballo nel mancato duello a tre con Schlein – alla fine sarà intervistato da Paolo Del Debbio. Non manca anche un aspettato ritorno di Luigi Di Maio.
Ovviamente non ascrivibile all’opposizione, ma in passato parecchio lontano dalle sensibilità della premier Gianfranco Fini, che sul palco di Atreju riproporrà un duello d’antan, quello andato in scena 32 anni fa con Francesco Rutelli.
La via italiana, era il titolo dell’edizione dell’anno scorso, e il partito prova ancora a scartare sui temi che lo permettono. Arianna Meloni partecipa a un panel sul tema del porno Deep Fake che si intitola “Non con la mia faccia”
Ci sono anche Raoul Bova e Francesca Barra, che ha denunciato come la sua immagine sia stata abusata per creare immagini finte. Conduce Paola Ferrazzoli, presidente di Giornaliste italiane, il gruppo di croniste, soprattutto di destra, nato dentro la Rai.
Protagonista in maniera più prevedibile anche il tema della giustizia, con il referendum sulla separazione delle carriere all’orizzonte: le sale dei dibattiti sono dedicate a Enzo Tortora e Rosario Livatino. Tra i 450 relatori anche il presidente dell’Anm Cesare Parodi e la giudice che spesso ha bloccato il governo sui Cpr in Albania, Silvia Albano. A parlare della riforma anche Antonio Di Pietro.
Resta intatta anche la parte rivendicatrice e identitaria di Atreju.
S’incarna nel Bullometro, una mostra “satirica” in cui i militanti assegnano un voto alle “parole d’odio” della sinistra. L’altra è dedicata all‘egemonia, grande chimera del partito: si tratta di un percorso ideale nella storia dell’egemonia intesa come «coraggio, libertà, scoperta, avventura e tradizione», spiega il capo della comunicazione Andrea Moi.
Tra i protagonisti, Pier Paolo Pasolini, Simone Weil e Nicola Calipari. A proposito di egemonia, sono però pochi i direttori Rai coinvolti: anzi, c’è solo Paolo Petrecca, direttore di Raisport, protagonista di diversi passi falsi. «Consegna solo un premio», sfugge a un dirigente.
Il resto è tradizione, la chiusura in mano ai leader con le parole di Meloni dalle 12.15 in poi, tutti i ministri e i volti di partito mobilitati – Guido Crosetto intervistato da Marco Travaglio, Ignazio La Russa da Enrico Mentana – ma in mancanza di un ospite-evento, a dare spettacolo dovranno pensare gli esponenti
dell’opposizione che intervengono.
C’è un po‘ di Pd (Debora Serracchiani, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, il presidente della Puglia Antonio Decaro) e molto Movimento 5 stelle (oltre a Conte, il vicepresidente della Camera Sergio Costa, il presidente della Campania Roberto Fico e il vice di Conte Michele Gubitosa). Dopo il fallimento del duello tra Schlein e Meloni con la sponda di Conte pare quasi un segno.
(da EditorialeDomani)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
IL PIU’ COSTOSO RICHIEDE 1.300 EURO AL GIORNO
Tra gli ospedali italiani, la differenza nei costi per ogni giorno che un paziente passa in
un posto letto è enorme. È quello che emerge dai dati di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Il database pubblico, infatti, permette di confrontare i costi delle varie aziende ospedaliere.
Risulta così che al primo posto ci sia l’ospedale universitario Vanvitelli di Napoli, che richiede 1.326 euro al giorno.
Dall’altra parte, la struttura più economica è la Papa Giovanni XXIII di Bergamo, con 374,60 euro. In generale, le strutture sanitarie nelle Regioni del Sud presentano quasi sempre dei costi più alti.
L’Agenas ha raccolto i dati sui costi medi per ciascun giorno di degenza (sia in day hospital che ordinario), ‘pesato’ in base anche a quanto è complesso il caso medico. Il risultato, quindi, misura quanto la struttura sanitaria spende per un giorno in cui un paziente deve occupare un letto d’ospedale. Più il numero è alto, maggiori sono i “costi operativi connessi ad ogni giornata”. Ecco le classifiche.
La classifica degli ospedali universitari: il più caro è il Vanvitelli, il più economico a Bologna
Ci sono due liste separate. Una riguarda le aziende ospedaliere universitarie, dove si trova il valore nettamente più alto in assoluto, ovvero il già citato Vanvitelli di Napoli. I primi posti, come detto, sono quasi tutti occupati da strutture sanitarie in città meridionali:
L. Vanvitelli (Napoli): 1.326 euro al giorno
Giaccone (Palermo): 881,60 euro
G. Martino (Messina): 735,80 euro
R. Dulbecco (Catanzaro): 727,80 euro
Federico II (Napoli): 669,50 euro§Careggi (Firenze): 658,60 euro
Ruggi d’Aragona (Salerno): 657 euro
Sant’Anna (Ferrara): 649,10 euro
Pisana (Pisa): 633,50 euro
Rodolico di San Marco (Catania): 608,90 euro
Le più economiche, invece, sono:
Tor Vergata (Roma): 385,40 euro al giorno
Cagliari: 423,10 euro
San Luigi Gonzaga (Torino): 427,80 euro
San Matteo (Pavia): 433,30 euro§
Umberto I (Roma): 475,80 euro
Padova: 475,90 euro
Città della salute e della scienza (Torino): 485,70 euro
San Martino (Genova): 491,70 euro
Bari: 508,60 euro
Sant’Orsola (Bologna): 520,30 euro
Come si può vedere, nella graduatoria che riguarda solo le strutture universitarie c’è giù una netta divisione tra Sud e
Centro-Nord. Tra le dieci strutture meno efficienti, che richiedono mediamente un costo più alto al giorno per ciascun paziente, sette si trovano in Regioni meridionali. Tra le dieci più efficienti, otto sono a Roma oppure nel Settentrione, con le due eccezioni Bari e Cagliari. Guardando al di là delle top ten, anche a metà classifica i costi più alti si trovano quasi sempre al Sud.
La classifica degli ospedali non universitari
I dati sono molto simili anche se si guarda agli ospedali non universitari. Anzi, il risultato è anche più pronunciato. Tutte le dieci strutture che devono affrontare costi più alti, infatti, sono in Regioni del Mezzogiorno:
Cosenza: 827,60 euro al giorno
Papardo (Messina): 728,70 euro
Civico e Benfratelli (Palermo): 728,10 euro§San Pio (Benevento): 721 euro
Ospedali dei Colli (Napoli): 689,80 euro
Garibaldi (Catania): 683,70 euro
Cardarelli (Napoli): 622,20 euro
San Carlo (Potenza): 618,10 euro
San Giovanni-Addolorata (Roma): 607,90 euro
Cannizzaro (Catania): 583 euro
Va detto che all’altra estremità della classifica, però, si trova un maggiore equilibrio tra Nord e Sud. Queste infatti sono le aziende ospedaliere non universitarie che fanno registrare i costi più bassi per paziente:
Papa Giovanni XXIII (Bergamo): 374,60 euro al giorno
San Giuseppe Moscati (Avellino): 431,10 euro
Bianchi Melacrino Morelli (Reggio Calabria): 436,90 euro
Santa Croce e Carle (Cuneo): 451,90 euro
Niguarda (Milano): 477,10 euro
Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello (Palermo): 483,20 euro
San Gerardo (Monza-Brianza): 483,70 euro
Sant’Anna-San Sebastiano (Caserta): 502,60 euro
Santa Maria (Terni): 572,30 euro
§San Camillo Forlanini (Roma): 528,30 euro
(da Fanpage)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
IN AULA SI STAVA DISCUTENDO DELLA MOZIONE SULL’EDUCAZIONE SESSUO-AFFETTIVA A SCUOLA, PROPOSTA DA PALADINI E, DOPO IL VOTO NON FAVOREVOLE, ZAMPERINI SAREBBE ESPLOSO MIMANDO UNA FELLATIO… SONO CAMBIATI I TEMPI: UNA VOLTA SAREBBE USCITO IN BARELLA
Un gesto sessuale esplicito, rivolto a un collega, dentro un’aula istituzionale e nella Giornata contro la violenza di genere. È quanto sarebbe accaduto il 25 novembre al Consiglio regionale della Lombardia, dove il consigliere di Fratelli d’Italia Giacomo Zamperini avrebbe mimato un rapporto orale con il microfono all’indirizzo di Luca Paladini, esponente di Patto Civico, già leader de I Sentinelli di Milano e attivista storico dei diritti LGBTQIA+.
Luca Paladini spiega a Gay.it: “Mi ha urlato ‘adesso vai a piangere con la stampa’, poi il gesto che io non ho visto. Ma che mi è stato riferito da altri consiglieri. Inclusi consiglieri della destra che mi hanno confermato il gesto inequivocabile con il microfono”
Si discuteva di educazione sessuo-affettiva a scuola: “La mia mozione sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole è stata bocciata per due soli voti. Significa che anche da destra avevano votato in molti a favore. La mozione chiedeva semplicemente di fare ciò che la Regione già dichiara di voler fare.”
Paladini ha chiesto che siano esaminati i filmati. Si valutano tuttavia anche le testimonianze di chi ha visto: “Ho chiesto di visionare le immagini interne della Regione ”
Sulle possibili conseguenze: “C’è un’evidente violazione del
regolamento del Consiglio, e potrei valutare anche una denuncia per diffamazione. Che in un’aula istituzionale qualcuno si permetta di fare un gesto del genere è incredibile.”
Zamperini non è nuovo a comportamenti sopra le righe. Ad aprile era già stato richiamato dal presidente del Consiglio regionale Federico Romani per atteggiamenti irrispettosi verso il sottosegretario Mauro Piazza durante una precedente seduta. Nel Luglio 2023 lo stesso esponente lombardo di Fratelli d’Italia aveva avanzato una mozione per vietare la carriera alias in tutti gli istituti scolastici della regione.
Vicino ai movimenti pro-life, Zamperini si era fatto notare anche quando, nel 2009, Eluana Englaro era stata trasportata da Lecco a Udine dove avrebbe dato seguito al proprio desiderio di sospendere alimentazione e idratazione artificiali: Zamperini si era parato davanti all’ambulanza aggrappandosi al parabrezza, per impedire il passaggio del mezzo. Nel maggio 2025 invece
Zamperlini ha definito il viaggio della memoria degli studenti nel campo di concentramento di sterminio nazista Mauthausen “una gita scolastica“.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
“È PERICOLOSO PER IL PRESIDENTE APPARIRE COME L’UNICO OSTACOLO TRA LA NAZIONE E UNA PACE DESIDERABILE. ALLE ÉLITE È STATO FATTO CREDERE CHE AVREBBERO FATTO SOLDI CON LE LORO IMPRESE. ALLE PERSONE COMUNI È STATO DETTO CHE AVREBBERO GUADAGNATO FIRMANDO CONTRATTI PER ANDARE A COMBATTERE. MA IN REALTÀ C’ERANO SOLO PERDITE”
Le pare sostenibile l’andamento della guerra per la Russia o avverte tensioni?
«Nulla è scontato, siamo in uno scenario dagli esiti incerti», risponde la politologa russa Ekaterina Schulmann, dal 2022 in esilio in Germania.
«In gennaio si raggiungerà il numero impresso nella mente di tutti coloro che hanno frequentato una scuola sovietica o russa: 1.418 giorni, la durata della Grande Guerra Patriottica contro la
Germania. Ma allora, circa due anni dopo l’inizio, era già chiaro chi stesse vincendo».
L’incertezza inizia a pesare sull’opinione pubblica russa?
«Forse è dalla metà del 2023, con la presa di Bakhmut che questa guerra non ha più avuto vere svolte. In questo periodo i cittadini e la classe dirigente russa hanno attraversato varie fasi.
La prima è stata lo choc. L’invasione è stata una sorpresa totale per tutti, anche per le élite. C’era chi credeva che avremmo preso Kiev in tre giorni, chi temeva una catastrofe quando l’Occidente si è mobilitato e furono imposte le sanzioni».
Come cambiò l’atmosfera quando si vide che invece teneva?
«Lo choc fu sostituito da quella che ora definirei un’euforia malsana. Ci si è sentiti onnipotenti.
Il messaggio delle autorità era che non sarebbe stata una campagna rapida e trionfale, ma che una guerra su vasta scala sarebbe stata buona per la Russia.
Alle élite fu detto che avrebbero fatto soldi, perché ci sarebbero state opportunità per le loro imprese. Che c’erano da prendere le attività abbandonate dagli stranieri».
E alle persone comuni?
«Che avrebbero guadagnato firmando contratti per andare a combattere. In realtà c’erano solo perdite: avevamo conquistato territori pieni di macerie e di ossa, che hanno bisogno di investimenti enormi per tornare anche solo approssimativamente abitabili.
Ma per una lunga fase del 2023 e 2024 il complesso militare-industriale si è rilanciato. I burocrati lavoravano per essere notati e promossi. Erano strazianti, ma lo sforzo di guerra ha sostenuto l’intero Paese».
Ora la Russia è quasi in recessione.
«Quella luna di miele ha iniziato a esaurirsi già durante il 2024. Come dice la mia collega Tatiana Stanovaya, Vladimir Putin era
frustrato perché al fronte vinceva sempre e poi non accadeva mai nulla. È subentrata la stanchezza della guerra, l’idea che non la stiamo perdendo, ma si è arenata. Già alla fine del 2024 è comparsa nei sondaggi una maggioranza che preferiva i negoziati al proseguimento delle ostilità.
Poi sono arrivate l’inflazione e le aziende che, per non licenziare, mettevano i dipendenti in ferie non pagate. In più, una nuova stretta di controlli anche sulle tecnologie. E i russi al loro comfort ci tengono. Magari disprezzano i diritti umani e la loro dignità di cittadini, ma sono gelosi del proprio benessere».
A quel punto cosa è successo?
«Le repressioni contro le élite sono iniziate dopo le presidenziali del 2024. Sotto forma di lotta alla corruzione, sono stati colpiti alti burocrati e le loro famiglie.
E la destabilizzazione delle élite, la stanchezza di guerra e gli effetti negativi di questa determinano l’atmosfera attuale. La
Russia ha raggiunto i limiti della propria capacità di adattarsi».
Putin lo capisce?
«Anche lui potrebbe avvertire la tensione nel Paese. Non c’è ancora la percezione che il leader sia un peso e un fattore di rischio. Ma la direzione di marcia è pericolosa per il sistema. Ed è pericoloso per il presidente apparire come l’unico ostacolo tra la nazione e una pace desiderabile».
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
LA SFIDA DI ELLY: “AL GOVERNO SOLO SE VINCIAMO” (TRADOTTO: BASTA GOVERNI TECNICI O DI UNITÀ NAZIONALE. MA COSA ACCADRA’ IN CASO DI PAREGGIO?)… SCHLEIN VUOLE UN FORTISSIMO RINNOVAMENTO DELLE LISTE, IN DIREZIONE DI CANDIDATI GIOVANI
I due convegni di Montepulciano (maggioranza) e Prato (minoranza) del Pd, così ricchi di suggestioni e di proposte, hanno lasciato un sottinteso che era facile cogliere negli occhi e nelle espressioni degli esponenti che si sono fatti intervistare dopo i loro discorsi alla tribuna.
Si tratta delle liste, generalmente composte, ai tempi storici dei partiti, con un compromesso tra il “territorio” e il vertice del partito, e in epoca più recente con un accordo tra correnti e segreteria.
Che poi quest’accordo, secondo la personalità del segretario/a sia
stato più o meno sbilanciato verso il potere del/della leader, è un fatto. Nella memoria del Pd la volta in cui toccò a Renzi decidere è ricordata come quella in cui ci fu in assoluto meno spazio per i vecchi metodi, e nei gruppi parlamentari più spazio per il giro stretto del segretario. Poi si è tornati a un riequilibrio, anche se i posti a disposizione per gli eletti sono diminuiti via via.
Non sapendo quale sarà la nuova legge elettorale che il governo vuole introdurre, è presto per prenotarsi un posto, anche se in un certo senso non è mai troppo presto. Ma chi sperava in una risposta su questo da Schlein, è rimasto deluso.
La segretaria di liste non ha proprio parlato, né per rassicurare né per annunciare novità ai membri del gruppo dirigente del Pd riuniti in Toscana in due località non lontane.
Le molte voci che si sono levate in favore di una sua candidatura a premier della coalizione, o alle primarie che serviranno a decidere chi sarà, non l’hanno spinta ad affrontare il problema
delle altre candidature.
Così tutti sono rimasti con la sensazione che Schlein farà di tutto per spingersi in direzione di un forte, fortissimo rinnovamento delle liste, in direzione di candidati giovani che possano attrarre il voto di altri giovani.
(da La Stampa)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA HA APERTO UN’INDAGINE MA BEN GVIR NON ASPETTA ALCUN ESITO DELL’INDAGINE E PASSA AL PREMIO
I suoi uomini sono accusati di aver ucciso a sangue freddo due palestinesi di Jenin che
si erano arresi durante una operazione dell’Idf, uscendo da un edificio disarmati e con le mani alzate. Ora il ministro della Sicurezza israeliana, Itamar Ben-Gvir, ha deciso di premiare il comandante dell’unità della polizia di frontiera che opera sotto copertura, promuovendolo al grado di vice sovrintendente.
Ben-Gvir è andato alla base per comunicare personalmente la decisione al comandante, il Tenente Colonnello K. «Pieno sostegno alle guardie di frontiera e ai combattenti dell’Idf che
hanno sparato ai terroristi ricercati usciti da un edificio a Jenin», aveva scritto il ministro subito dopo la diffusione del video che ha incastrato i due militari. «I combattenti hanno agito esattamente come previsto: i terroristi devono morire!».
I tre agenti sono stati interrogati e rilasciati, con delle limitazioni. Il ministero della Giustizia ha aperto un’indagine: i poliziotti sono sospettati di aver aperto il fuoco in violazione degli ordini, ma si sono difesi dicendo di aver agito per «autodifesa».
Ben-Gvir, che è accusato dalle opposizioni di dare copertura e impunità alle violazioni delle forze dell’ordine
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
PUTIN SGUINZAGLIA DA ANNI GRUPPI DI HACKER CONTRO I SERVER ISTITUZIONALI ITALIANI PER SOTTRARRE INFORMAZIONI E DATI SENSIBILI; FOMENTA LA SUA PROPAGANDA SOCIAL CON I TROLL E AGIT-PROP DA TALK SHOW (I FAMOSI “PUPAZZI PREZZOLATI” EVOCATI DA MARIO DRAGHI); CI MINACCIA CON LE “NAVI FANTASMA” NEL MEDITERRANEO E CON I MISSILI SCHIERATI IN LIBIA – COSA DOVREMMO FARE? PRENDERE SCHIAFFI, E RINGRAZIARE?
Chi si espone è la Lega, come detto. Con una nota ufficiale che riassume in poche righe l’ostilità alle ragioni di Kiev, la vicinanza agli slogan di Mosca. «Mentre Usa, Ucraina e Russia cercano una mediazione – si legge – gettare benzina sul fuoco con toni bellici o evocando “attacchi preventivi” significa alimentare l’escalation.
Non avvicina la fine del conflitto: la allontana. Serve responsabilità, non provocazioni». Sono parole che ricalcano gli affondi che arrivano nelle stesse ore dal Cremlino.
La reazione del governo è invece quella di un silenzio venato di imbarazzo. Non parla ufficialmente Giorgia Meloni, non si espone pubblicamente Guido Crosetto. Nelle interlocuzioni informali al vertice dell’esecutivo, però, si ragiona della dichiarazione: nessuno contesta in astratto il contenuto dell’intervista, perché è evidente da tempo che la guerra ibrida portata avanti da Mosca sta spingendo proprio in questi mesi la Nato ad attrezzarsi per reagire.
Dubbi vengono semmai espressi sull’opportunità di esporsi su un dossier così delicato. Nessuna parola viene però proferita contro Cavo Dragone, su esplicita indicazione di Palazzo Chigi.
Anzi, a sera tocca ad Antonio Tajani mostrarsi diplomatico per provare a ridimensionare quanto accaduto. «È stata un’intervista
dell’ammiraglio Cavo Dragone, non mi pare che si debba fare un dibattito su questo – sostiene a margine di un evento di FI – Credo che noi dobbiamo tutelare i nostri interessi, proteggere la nostra sicurezza e prepararci anche a difenderci da una guerra ibrida, ma non farei una polemica».
Il caso che ruota attorno all’ammiraglio mostra però in controluce anche una crepa nell’esecutivo. Il dossier ucraino potrebbe mettere in difficoltà il governo già a gennaio, in Parlamento.
La maggioranza deve infatti votare il decreto che offre copertura giuridica all’invio di armi italiane all’Ucraina per l’intero 2026. Un accordo di pace, o anche solo una tregua, potrebbe congelare questo passaggio. Ma se così non fosse, Salvini dovrebbe decidere: strappare da Meloni, mettendosi di traverso sulle armi anche a costo di negare gli impegni assunti dalla presidente del Consiglio con gli alleati, oppure negare quanto sostenuto
dall’intero stato maggiore leghista con forza nelle ultime settimane? Potenzialmente, un duello capace di far traballare il governo.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
“LA STAMPA”: “SE CERCATE UN’INDICAZIONE DI QUEL CHE CONTE HA IN TESTA, RIPENSATE A COME HA GESTITO LE REGIONALI. LÌ NON HAI MAI DETTO ‘CANDIDIAMO QUELLO DEL PARTITO CON PIÙ VOTI’, MA ‘QUELLO PIÙ COMPETITIVO’. CATEGORIA NELLA QUALE ANNOVERA SE STESSO
Già la vicenda di Atreju aveva scavato un solco tra Giuseppe Conte ed Elly Schlein. Se
al Nazareno l’hanno vissuta come uno sgarbo – per la serie: «ha giocato di sponda con Giorgia Meloni» – lui l’ha vissuta come uno sgarbo al cubo. Il ragionament
suona così: io lì ci sono andato a confrontarmi sin da quando ero premier, peraltro dopo che mi avevano fatto una manifestazione sotto palazzo Chigi; andai anche lo scorso anno, quando Elly rifiutò sdegnosamente l’invito; e avevo già accettato quest’anno. E lei che fa? Si mette a maramaldeggiare in casa altrui per far vedere che la leader è lei.
Ad aggravare il quadro poi sono arrivate le parole pronunciate sempre dalla segretaria del Pd la sera da Formigli. Quel «se deve venire Conte, allora porti Salvini». Immaginare che effetto faccia, soprattutto a chi non difetta di autostima, essere paragonati a dei comprimari, saltando un bel po’ di passaggi. Perché se l’uno, da quella parti, è uno junior partner, anche piuttosto in decadenza, di uno schieramento consolidato e con un capo affermato, qui è tutto da costruire, tanto lo schieramento quanto la leadership.
Se possibile, Montepulciano quel solco lo ha approfondito,
sempre per le medesime ragioni.
il nocciolo è uno scambio tra Elly e i capicorrente – peraltro parecchi erano ministri con Conte – che hanno fatto massa critica e negoziale: noi ti sosteniamo, per l’oggi e per il futuro come nostra candidata premier, tu ci garantisci agibilità politica, ovvero posti in lista.
cco, la segretaria del Pd è entrata nel “trip” di palazzo Chigi. Invece di ritagliarsi per sé il ruolo di regista di un campo, è protesa alla costruzione della sua leadership. Fare i conti con Conte, significa misurarsi col rapporto che c’è tra desiderio e realtà.
Chi ha parlato con l’ex premier racconta che è piuttosto infastidito da questa accelerazione, peraltro molto politicista nella discussione: si parla di candidato per palazzo Chigi quando ancora non si sa con quale sistema di voto si andrà alle urne, si parla di “primarie” quando manca un anno e mezzo alle “secondarie”, che sono quelle che contano, si dà per scontata la coalizione senza parlare di uno straccio di tema. Insomma, Elly, questa l’analisi, «sta anteponendo l’ambizione al progetto».
Ed effettivamente c’è del vero nella fotografia. Ad Atreju la segretaria del Pd ha cercato la legittimazione mediatica, a Montepulciano quella interna. Dopo le regionali quella nel paese attribuendosi la vittoria.
Lo si è visto la sera dei festeggiamenti, quando si è precipitata a Napoli per abbracciare Fico prima di Conte. Vittoria che il leader pentastellato sente molto sua, anche per abilità manovriera sin da quando chiuse l’accordo con De Luca e disse subito di sì a Decaro, a tenzone con Michele Emiliano ancora aperta.
La sensazione è che più lei gioca per sé, più l’altro si irrigidisce. Fare i conti con Conte significa non dare per scontato ciò che scontato non è. Le sue ambizioni, ma anche le necessità di una forza politica che ha un bisogno esistenziale di mantenere margini di autonomia, perché, come ama ripetere, «se vengo percepito come un cespuglio di un novello Ulivo siamo morti».
Tradotto: dire di sì oggi al modello coalizione, primarie, candidato significa consegnarsi al partito maggiore, cosa che ha un costo elettorale.
E vedrete che, di qui a quando sarà finita la sua campagna d’ascolto sul programma nel paese, il leader pentastellato manterrà una ambiguità sugli assetti finali e terrà un profilo molto identitario perché «questo è il momento di mettere fieno in cascina, poi vedremo come fare il consorzio».
Se cercate un’indicazione di quel che ha in testa, ripensate a come ha gestito le regionali. Lì non hai mai detto «candidiamo quello del partito con più voti», ma «quello più competitivo». Categoria nella quale, pur dissimulando, annovera se stesso. Dissimulando molto. Perché sa, a differenza di Elly Schlein, che se vuoi uscire Papa, i conclavi non si anticipano.
Alessandro de Angelis
per “la Stampa” –
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Dicembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
L’IPOTESI PIÙ ACCREDITATA È QUELLA DI APPARECCHIARE AL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI UNA STRISCIA SETTIMANALE DI POCHI MINUTI O DI FARGLI SOSTITUIRE PAOLO DEL DEBBIO A “4 DI SERA”… MA I DIRIGENTI DI COLOGNO SAREBBERO SCETTICI: SALLUSTI È UN OSPITE FISSO DI TALK SHOW, MA NON “BUCA” LO SCHERMO E NON HA MAI CONDOTTO UN PROGRAMMA DA SOLO
Parte l’avventura di Tommaso Cerno alla direzione del Giornale. Cambiamenti in vista nella redazione del quotidiano di Milano: Cerno vuole azzerare le vicedirezioni del Giornale con alcuni innesti da Roma. Potrebbe arrivare, anche se non nell’immediato, Alessio Gallicola, attuale vicedirettore al Tempo.
Intanto l’ex direttore Alessandro Sallusti vuol cambiare aria. Rifiutate tutte le opzioni di ricollocazione all’interno del gruppo editoriale della famiglia Angelucci, dopo un addio pare caratterizzato da forti tensioni, il giornalista è pronto a riabbracciare la famiglia Berlusconi.
È iniziata una trattativa, molto complicata, con Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione Mediaset. L’ipotesi più accreditata sarebbe quella di apparecchiare una striscia settimanale di pochi minuti per Sallusti
L’altra opzione, meno probabile, è una sostituzione di Paolo Del Debbio alla conduzione di 4 Di Sera dal primo gennaio. Ma, appunto, i vertici Mediaset non sono convinti di questa soluzione. Fino al 31 gennaio, comunque, Sallusti manterrà il contratto da opinionista di punta a Rete 4.
(da Domani)
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