Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
L’ENNESIMA PRESA PER I FONDELLI A FINI ELETTORALI, 15 MILIARDI PER NON RISOLVERE NULLA
Arriva nell’agenda di governo una attrice protagonista da anni sulla bocca di tutti: la classe media. E non appena arriva dà una scossa al governo: Salvini e Di Maio prima litigano fra di loro e poi entrambi si scontrano con Tria.
Dopo aver privilegiato i più poveri e i disoccupati (col Reddito di Cittadinanza), i pensionandi beffati dalla Fornero (con Quota 100) e le piccole partite Iva (con un assaggino di flat tax), ecco che nell’esecutivo si accapigliano su come aiutare il ceto medio, astrazione teorico-sociologica che in questi anni è stata assiduamente associata alla sconfitta delle economie occidentali su scala globale ma soprattutto alla ascesa e presa di potere delle forze populiste e sovraniste.
Fin qui poco male, anzi. Ogni governo, di destra o di sinistra, di popolo o di èlite che sia, dovrebbe occuparsi di come rialzare le sorti di quella che una volta era definita la spina dorsale e al tempo stesso il collante sociale dell’Italia, ovvero della terza potenza economica europea.
Il problema è che, come spesso capita ai due dioscuri dell’esecutivo, le soluzioni proposte sono tanto semplicistiche quanto inattuabili, tanto confezionate per una propaganda pràªt-à -porter – non a caso fra un mese e mezzo ci sono le elezioni europee — quanto piene di contraddizioni. E come sa bene il ministro del Tesoro – a maggior ragione dopo il Consiglio dei ministri di stasera – si tratta di soluzioni strombazzate ai quattro venti senza mai considerare la tenuta dei conti pubblici.
Ora, mettiamo un attimo da parte il problema delle coperture, visto che si tratterebbe di una spesa di almeno 15 miliardi di euro da aggiungere ai 23 miliardi da reperire l’anno prossimo per disinnescare l’aumento dell’Iva – cosa che farebbe partire la Finanziaria già da un livello monstre di 38 miliardi di euro e non a caso Tria ha alzato un muro preventivo in vista dell’autunno.
Tralasciamo quindi le implicazioni di finanza pubblica e i rapporti con gli “euroburocrati” di Bruxelles.
Concentriamoci invece sugli effetti della misura. Davvero una mini flat tax può risolvere o quanto meno mitigare lo scivolamento verso l’impoverimento della classe media italiana? Difficile se non impossibile.
Prendiamo l’ultimo modello che – stando alle indiscrezioni – non dispiacerebbe a Salvini e Di Maio: tasse al 15% per i redditi fino a 50mila euro lordi.
La cosa non funziona. Intanto perchè probabilmente verrà finanziata — come confermato dall’ideatore della “tassa piatta” all’italiana ovvero il leghista Armando Siri — andando a sfoltire le agevolazioni fiscali ovvero quel coacervo di deduzioni e detrazioni che alla fine già alleggeriscono la dichiarazione dei redditi di ciascuno di noi. Ma soprattutto perchè si individuerebbe una soglia che separa la famiglia media da quella benestante/ricca abbastanza arbitraria: 50mila euro.
Ora, in maniera grossolana, possiamo dire che questa cifra lorda annua corrisponde più o meno a 2.300 euro netti al mese. Siamo sicuri che sotto questa soglia si trova davvero il ceto medio? Magari per una famiglia di provincia, con uno o senza figli, con poche spese e con una casa di proprietà , può essere vero. Ma per la stessa famiglia che vive in una metropoli, che ha una prole numerosa e che è anche in affitto, 2.300 euro al mese bastano per dare una sicurezza economica?
Insomma, sparare una cifra a caso, senza aver fatto prima tutti i calcoli e le simulazioni del caso, rischia di essere nè più nè meno uno slogan buono per raccattare voti e poco altro. Del resto, la stessa sociologia fa fatica oggi a scomporre le classi sociali e individuare i confini del ceto medio.
L’Istat ad esempio, un paio di anni fa ha di fatto “smontato” le sue tradizionali classificazioni per aggiornarle a un’Italia sempre più liquida e inafferrabile. Ma il governo gialloverde, si sa, se ne frega dei tecnici e della complessità del reale.
Inoltre lo stesso esecutivo ha fatto e continua a fare molta confusione su quale gruppo sociale privilegiare e quale colpire, spesso dando contemporaneamente bastone e carota all’uno e all’altro.
Ad esempio, il blocco della rivalutazione per le pensioni che superano i 1500 euro al mese va a colpire quella constituency — i pensionati medi — che si è voluto invece agevolare con Quota 100.
E che magari sono quegli stessi che fino a poco tempo fa al lavoro guadagnavano sotto quella soglia di 50mila euro lordi annui. Altra contraddizione: la Lega vuole che per i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali venga applicata una imposta sostituiva del 20 per cento per i ricavi che vanno dai 65mila ai 100mila euro. Tradotto: un’altra flat tax per le partite Iva. Ma chi guadagna 100mila euro lordi si può annoverare fra la classe media? O stiamo parlando di benestanti/ricchi? E quindi si vuol dare un aiuto anche a chi non ne avrebbe bisogno?
“Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”, diceva Mao Tse-Tung. Pare che la pensino allo stesso modo anche Salvini e Di Maio.
Sicuramente, finora ci hanno insegnato che la tattica dell’ammuina perenne a livello elettorale paga. Vedremo se il 26 maggio ci sarà la controprova. Certo è che intanto a incassare non sarà la protagonista di questa storia: la classe media.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
IL PD RICORDA IL SUO POST CONTRO ILARIA, LUI ANNUNCIA QUERELA ARRAMPICANDOSI SUGLI SPECCHI… MENTRE IL COMANDANTE DEI CARABINIERI SI E’ SCUSATO, IL “BUON PADRE DI FAMIGLIA” NON SI SMENTISCE
Oggi il Partito Democratico ha pubblicato su Facebook una card con la quale rilanciava una
dichiarazione di Matteo Salvini su Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, il geometra ucciso nel 2009 mentre si trovava in stato di fermo.
In quella dichiarazione, risalente al 2016, l’allora Segretario della Lega e oggi ministro dell’Interno diceva «Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello ma mi fa schifo. È un post che fa schifo».
Gli esperti della comunicazione del PD si sono limitati a sussurrare che Salvini adesso dovrebbe chiedere scusa.
Salvini non ha perso tempo. Su Facebook ha ripubblicato la stessa card del PD facendoci aggiungere sopra un “Falso! E il PD verrà querelato”.
Salvini infatti sostiene che si tratti di una fake news che aveva già smentito perchè la persona “non riguardava la persona ma un POST di Ilaria Cucchi”.
Chi ha ragione? Salvini effettivamente ha detto — durante una puntata della Zanzara di Radio 24 — che la sorella di Stefano Cucchi si doveva vergognare e quel post gli faceva schifo perchè quel post gli ricordava “il documento contro il Commissario Calabresi”.
Ora il fatto che Salvini dica che in realtà stava dicendo che parlava di “un post schifoso” e non dell’autrice del post è chiaramente un’arrampicata sugli specchi.
Anche perchè le cose sono molto cambiate e ora salta fuori che, in un certo senso, la sorella di Stefano aveva ragione.
Ma di quale post sta parlando il ministro? Quale post può aver spinto Salvini a dire che gli faceva schifo, che Ilaria Cucchi si doveva vergognare e che «la storia dovrebbe insegnare. Qualcuno nel passato fece un documento pubblico, erano intellettuali sdegnati contro un commissario di polizia che poi fu assassinato. I carabinieri possono tranquillamente mettere una foto in costume da bagno sulla pagina di Facebook. O un carabiniere non può andare al mare? È assolutamente vergognoso. I legali fanno bene a querelare la signora e lei dovrebbe chiedere scusa».
La cosa che Salvini non dice è che Ilaria Cucchi accusava in quel post Francesco Tedesco, lo stesso carabiniere che dopo nove anni ha deciso di parlare e raccontare cosa successe quella notte.
A distanza di tre anni da quelle dichiarazioni ad essere cambiati sono i contorni della vicenda giudiziaria.
Il Carabiniere Francesco Tedesco ha raccontato in Aula che Stefano Cucchi è stato pestato, preso a schiaffi e calci in faccia da due suoi colleghi, i carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo.
In Tribunale Tedesco ha chiesto scusa alla famiglia Cucchi.
Salvini tre anni fa era invece convinto che le cose non fossero andate come invece ha sempre detto la famiglia di Stefano: «mi sembra difficile pensare che ci siano poliziotti o carabinieri che hanno pestato per il gusto di farlo». Riportiamo qui un estratto del verbale di interrogatorio di Tedesco:
“fu un’azione combinata. Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fece perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore. Spinsi Di
Bernardo ma D’Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra. Gli dissi “basta, che cazzo fate, non vi permettete” (…) “colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto” e l’altro “gli dava un forte calcio con la punta del piede”
Insomma uno degli imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi ha chiesto scusa, Salvini invece non ha ancora trovato il tempo per vergognarsi.
Da bravo garantista Salvini diceva di voler aspettare la sentenza, facendo però sapere che della giustizia italiana non aveva molta fiducia. Come a dire, anche se i carabinieri verranno condannati probabilmente è per colpa dei giudici politicizzati, non perchè hanno davvero ucciso Stefano Cucchi.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
IL MESSAGGIO A SALVINI: “SE RITIENE CHE SIA UN PORTO SICURO CHE PROBLEMI HA A MANDARCI I SUOI FIGLI?”
Gregorio De Falco ha ormai del tutto abbandonato la linea dei cinque stelle: in seguito all’espulsione e alla sua decisione di votare a favore (purtroppo inutilmente) per processare Salvini per il caso Diciotti, è recente la notizia che il comandante ha deciso di unirsi alla nave Jonio della Ong Mediterranea per una missione di salvataggio dei migranti nel Mediterraneo. Ù
A conferma di questa ormai sua linea di opposizione al governo e a corollario delle tragiche notizie che arrivano in queste ore dalla Libia, che vanno ulteriormente a dimostrare quanto la Libia non sia un luogo sicuro a causa non solo delle truppe del generale Haftar ormai entrate dentro Tripoli, ma anche per i centri di detenzione per i migranti, veri e propri lager, e per la diffusa corruzione dell’inesistente governo di unità nazionale di al-Sarraj, De Falco ha twittato: “Se si ritiene che un posto, o un porto, sia sicuro, bisognerebbe immaginare se stessi o un proprio caro lì, senza fingere e senza paura. La Libia è un posto sicuro ora? Se al posto di un bimbo africano ci fosse tuo figlio, andresti a salvarlo o lo lasceresti in quell’inferno?”
(da Globalist)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
LA PROMESSA DI PINOCCHIO DI RIDURLE DI 11,3 CENTESIMI AL LITRO… IL 60% DEL COSTO DELLA BENZINA E’ RAPPRESENTATO DA TASSE
Nel contratto di governo gialloverde si prevedeva di “eliminare le componenti
anacronistiche delle accise sulla benzina”, ipotizzando prima uno sconto di 20 centesimi e poi auspicando un’imminente diminuzione di 11,3 centesimi al litro, che si sarebbe tradotta in oltre 4 miliardi in meno di introiti per l’erario, Iva esclusa.
Niente di tutto questo si è fatto.
Il primo consiglio dei ministri del governo Lega-M5S, così come l’ultimo, non ha mai tagliato le accise. In compenso però il governo studia come aumentare il carburante tagliando le agevolazioni fiscali che danneggiano l’ambiente.
Il piano è sul tavolo del governo – con la sponsorizzazione della sottosegretaria al Tesoro Laura Castelli (M5S) – e mette nel mirino almeno sette sconti, prevalentemente sull’Iva, che costano alle casse dello stato 16 miliardi l’anno.
Intanto però, racconta oggi Il Fatto in un articolo a firma di Patrizia De Rubertis, i prezzi dei carburanti a marzo hanno segnato un aumento del 2,7% su base annua, tornando a salire dopo il calo di febbraio (-0,5%).
Secondo l’Istat, che ha rilevato le stime, il dato tendenziale dello scorso mese è il più alto da novembre del 2018 (+8,4%). Nel dettaglio, il diesel è salito del 2,6% su febbraio e del 5,3% sul 2018 (da +1,7%), mentre la benzina è aumentata del 2,4% rispetto al mese precedente con un’i nversione di tendenza su base annua:da-3,0% a+0,3%.
E ad aprile il prezzo a livello internazionale è destinato a salire a causa della corsa del petrolio che ha raggiunto i massimi dell’anno, sfiorando i 70 dollari al barile. Le accise sulla benzina, ricorda ancora il Fatto, “nel 2017 hanno garantito introiti per le casse dello Stato per 26,7 miliardi. Per rendere l’idea le accise valgono 14 volte e mezzo il canone Rai e, ad oggi, rappresentano circa il 60% di quanto paghiamo al distributore ogni volta che facciamo rifornimento, compresa l’Iva al 22%.
Il 1 marzo del 2018 Matteo Salvini prese un solenne impegno con gli italiani: «nel primo Consiglio dei Ministri del Governo Salvini cancelleremo 7 ACCISE sulla benzina, e finalmente in Italia non pagheremo più il carburante più caro d’Europa!». Di consigli dei ministri ne sono stati fatti tanti ma l’abolizione delle accise tarda a venire.
Salvini è in buona compagnia, il suo collega vicepremier Di Maio aveva promesso che al primo consiglio dei ministri avrebbe dimezzato lo stipendio ai parlamentari della Repubblica e tagliato trenta miliardi di sprechi e privilegi da redistribuire a famiglie e pensionati. Anche quelli non si sono visti.
E quello che è successo alla Camera qualche tempo fa sul tema all’epoca della discussione della Legge di Bilancio è sintomatico. La relatrice leghista, l’onorevole Silvana Comaroli — ha espresso parere contrario alla riduzione delle accise perchè «ci sono cinque anni di tempo».
Di conseguenza la Commissione ha bocciato la proposta di riduzione delle accise sulla benzina e anche quella del numero di auto blu (che invece era una promessa del MoVimento 5 Stelle). Eppure nella Manovra del Popolo era previsto un primo taglio al costo del carburante alla pompa. Che però in realtà è una “sterilizzazione” dell’aumento delle accise sui carburanti.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
IL PARADOSSO: UN MOVIMENTO CHE OCCUPA ABUSIVAMENTE DA ANNI UNO STABILE E SE LA PRENDE CON UNA FAMIGLIA DI LEGITTIMI ASSEGNATARI PER FAVORIRE UNA ABUSIVA
Fra le geniali trovate propagandistiche di Casapound c’è questa singolare idea: bisogna chiudere urgentemente i campi Rom, ma bisogna anche impedire che i Rom vadano ad abitare nelle case, soprattutto se ne hanno i titoli.
Meraviglioso paradosso: quelli che come simbolo hanno il Palazzo Occupato, invece di essere sgombrati come abusivi, se la prendono con la famiglia dei legittimi assegnatari e si mettono ad organizzare — megafono alla mano — lo sgombero degli aventi diritto.
Lo slogan, è quello di sempre: “Prima gli italiani”. Impugnato, nientemeno, da una ragazza che — per sua stessa ammissione — non aveva fatto nemmeno domanda di alloggio: “Non serve, mia madre fece una domanda, venticinque anni fa, e non ottenne nessuna risposta”.
Sarebbe più appropriato accompagnarla con il grido: “Prima gli abusivi”.
Quindi quelli che imputano ai Rom di essere un problema perchè non rispettano la legge, sono gli stessi che fanno vanto di violare la legge e danno supporto megafonato a chi non la rispetta.
Fateci caso: in questo mondo di valori rovesciati la famiglia Rom anche mediaticamente non esiste, scompare: tutti intervistano l’abusiva, Noemi, e molti oscurano che la rinuncia ad assegnare l’alloggio alla famiglia che aveva diritto — la vera notizia — è una vergogna.
Nota: la ragazza Noemi ha 20 anni e non ha fatto domanda. La famiglia assegnataria — invece — a Torre Maura aveva ottenuto la casa perchè aveva presentato la sua richiesta quando ancora governava Alemanno.
Tuttavia non si leggono editoriali.
Il punto però è sempre questo: le istituzioni cedono (ed è la seconda volta) alla legge della giungla, e la famiglia che viene cacciata perde la sua identità , la sua storia, la sua dignità
(da TPI)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
QUOTA 100 NON SERVE A UNA MAZZA, SOLO UN ASSUNTO SU TRE PENSIONANDI, IL DEFICIT E LA DISOCCUPAZIONE CRESCONO, LE RETRIBUZIONI DIMINUISCONO, IL RAPPORTO DEBITO-PIL SALE. NIENTE FLAT TAX… IN UN PAESE NORMALE QUESTI POLITICI SAREBBERO CACCIATI A CALCI IN CULO
«I rendimenti a cui lo Stato si indebita sono un termometro della fiducia nel Paese e nelle
sue finanze pubbliche. Inoltre, essi giocano un ruolo cruciale nel determinare le condizioni di finanziamento per le banche e le aziende italiane».
Lo spread non è più un complotto della BCE o di chissà quali poteri forti contro l’Italia del Governo del Cambiamento ma è il termometro della fiducia dei mercati nel Paese.
A scriverlo non sono economisti ostili al governo Conte o alla Lega e al M5S ma è lo stesso governo del Popolo nella bozza del Documento di Economia e Finanza
Insomma anche dalle parti di Palazzo Chigi si sono accorti che lo spread e la salita e la discesa dei tassi sono fondamentali non solo perchè determinano le condizioni di accesso al credito da parte delle aziende italiane ma anche perchè la discesa dei rendimenti (ricordiamo che lo spread misura il differenziale di rendimento tra Bot e Bund) «è essenziale per la completa realizzazione del programma di politica economica del Governo».
Semplici parole di buonsenso ma che hanno un significato più profondo. Perchè di fatto il governo ammette di aver mentito ogni volta che ha accusato Bankitalia, l’Unione Europea o qualsiasi istituzione di far salire lo spread. Perchè lo spread non sale perchè parlano i commissari europei o Bankitalia, sale perchè chi compra il nostro debito pubblico ha poca fiducia in questo governo. Ecco appunto che i rendimenti diventano “termometro” della fiducia.
Ma nelle bozze del Documento di Economia e Finanza ci sono anche altre sorprese.
Ad esempio l’impatto di Quota 100 sul PIL. La misura fortemente voluta da Lega e M5S per “superare” la Fornero avrebbe un effetto sostanzialmente nullo.
Si legge nel documento che «il PIL rimarrebbe invariato nel 2019 e 2020 e risulterebbe superiore di 0,2 punti percentuali sia nel 2021 sia nel 2022».def quota 100 pil — 3
Matteo Salvini nei giorni scorsi diceva che grazie a Quota 100 ci sarebbero state 100mila assunzioni di giovani, vale a dire uno per ogni pensionato.
Il DEF lo smentisce perchè scrive che «a fronte di una cessazione nel 2019 di 100 mila dipendenti pubblici, concentrata negli ultimi cinque mesi dell’anno, l’ipotesi di turn-over sarebbe pari 35 per cento».
Il che significa circa 35mila assunzioni, non un rapporto uno a uno tra pensionati e nuovi assunti (e nemmeno uno a tre come diceva Di Maio) ma un nuovo assunto ogni tre pensionati con Quota 100.
Ma se lo Stato non riesce a mantenere le sue promesse come ci si può aspettare che le aziende private riescano a fare meglio, ovvero assumere di più?
Anche il combinato disposto di Reddito di Cittadinanza e Quota 100 non produrrebbe gli effetti promessi. Perchè la disoccupazione non diminuirà ma aumenterà : «il tasso di disoccupazione nel 2020 aumenterebbe di 0,7 punti percentuali rispetto allo scenario base», scrive il MEF nel documento, precisando che «dopo un’iniziale riduzione dell’occupazione rispetto allo scenario base (pari a -0,2 punti percentuali nel 2019 e 2020), questa si accrescerebbe, risultando superiore di 0,8 punti percentuali nel 2022».
Significa avere nel 2019 una disoccupazione all’11% rispetto il 10,6% del 2018 (e all’11,2% nel 2020)
Questo nonostante Decreto Dignità e RdC. Anzi: il Reddito di Cittadinanza tramite “l’effetto partecipazione” (ovvero l’aumento del numero di attivi sul mercato del lavoro) comporterà «un effetto negativo sulle retribuizioni, spingendo verso il basso i salari».
Il vero motivo per cui Di Maio ora vuole il salario minimo garantito: per compensare gli effetti negativi del RdC sui salari più bassi.
Vi ricordate l’immensa manfrina dello “scontro” con l’UE sul deficit al 2,4% che poi nella fantasmagorica manovra del popolo è diventato 2,04%?
All’epoca i 5 Stelle si sgolavano a mostrare come imporre un indebitamento basso fosse ingiusto e poco rispetto della nostra sovranità .
Ecco che il DEF ci spiega cosa sta per succedere: «il rapporto debito/PIL nel 2019 è previsto salire al 132,7 per cento del PIL pur includendo proventi da privatizzazioni pari all’uno per cento del PIL». Il che significa che lo Stato mette sul mercato i suoi asset e ciononostante l’indebitamento sale.
Non solo, si legge nel DEF che «per quanto riguarda il 2019, l’indebitamento netto tendenziale del 2019 è ora previsto pari al 2,5 per cento del PIL. Nell’aggiornamento di dicembre esso era proiettato al 2,0 per cento del PIL».
Perchè? «La revisione al rialzo — scrivono i tecnici di via XX Settembre — riflette per 0,4 punti percentuali la minore crescita nominale prevista e per 0,1 punti una diversa valutazione di rimborsi e compensazioni d’imposta».
Vi ricordate di quando Giuseppe Conte prometteva “un anno bellissimo e un programma di ripresa incredibile”? Ecco.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
PER TENERE IN PIEDI IL CARROZZONE SERVE UN MILIARDO DI EURO, INTANTO LE SOLUZIONI TARDANO E I CONTRIBUENTI PAGANO
Le Ferrovie dello Stato devono presentare entro il 30 aprile l’offerta per Alitalia. Per tenerla in piedi serve un miliardo.
L’unico investitore privato disponibile è al momento l’americana Delta, che vuole entrare con un cip di 100-150 milioni.
Il resto, spiega oggi Repubblica, rischia di versarlo lo Stato: 300 milioni potrebbero spenderli le Fs (controllate dal Tesoro). Il governo è pronto a entrare nel capitale trasformando in azioni un po’ dei 900 milioni del prestito ponte garantito alla compagnia. Mentre i Benetton, sondati da Mediobanca, non hanno intenzione per ora di muoversi.
La porta di Treviso però non si è chiusa del tutto: i rapporti con il governo gialloverde sono scesi ai minimi termini – con tanto di minaccia di ritiro della concessione di Autostrade – dopo la tragedia del Ponte Morandi.
E un “aiutino” su Alitalia – sussurrano i palazzi romani – potrebbe aiutare a rasserenare il clima. Un “do ut des” che nessuno – ovviamente – espliciterà mai ma che rischia di avvelenare (se mai si materializzerà ) i rapporti gialloverdi.
In cassa a fine febbraio c’erano 486 milioni (più 193 di depositi a Iata & C.). Quanto basta per arrivare a fine anno – ad aprile 2018 ce n’erano 800 – ma non molto oltre.
I tempi per la vendita insomma – considerati i circa 6 mesi necessari per l’ok antitrust – sono stretti. E comunque vada a finire, spiega Ettore Livini, i contribuenti italiani dovranno rimettere mano al portafoglio. Il conto preciso per la collettività – già ora a quota 220 milioni, i soldi pubblici bruciati finora per far volare la compagnia in amministrazione straordinaria – lo scopriremo nelle prossime settimane.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
ERA ACCUSATO DI PECULATO E FALSO: “IL FATTO NON SUSSISTE”… IL SUO LEGALE: “GIUSTIZIA E’ FATTA
La Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna a due anni di reclusione nei confronti
dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino “perchè il fatto non sussiste”.
Marino, assolto in primo grado e condannato in appello, era accusato di peculato e falso per la vicenda degli scontrini delle cene di rappresentanza quando era sindaco della Capitale.
Al centro del processo, la rendicontazione di una cinquantina di cene, per un totale di circa 12 mila euro, che Marino aveva pagato con la carta di credito di rappresentanza del Campidoglio durante i 28 mesi del suo mandato tra il 2013 e il 2015.
Dopo l’assoluzione in primo grado da tutte le accuse, Marino l’11 gennaio dello scorso anno era stato condannato a due anni dai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Roma.
Il pg Mariella De Masellis nell’udienza di questa mattina aveva viceversa sollecitato l’assoluzione “perchè il fatto non sussiste”.
La sentenza di secondo grado, secondo il pg della Suprema Corte, andava annullata senza rinvio. Richiesta accolta dopo una lunga Camera di consiglio dai giudici della Cassazione.
Anche nel secondo grado di giudizio era stata confermata, invece, l’assoluzione per l’accusa di truffa per le consulenze della Onlus Imagine.
Bisognerà ora attendere le motivazioni alla base del verdetto assolutorio della Cassazione che, di norma, vengono depositate entro 90 giorni.
“Giustizia è stata fatta. Finalmente oggi è stato restituito l’onore che merita al professor Marino”, afferma l’avvocato Enzo Musco, difensore dell’ex sindaco di Roma.
“Sono contento – aggiunge – che il procuratore generale abbia integralmente sposato la nostra tesi difensiva e abbia ricordato a noi tutti l’autonomia della valutazione giuridica, il che vuol dire che il giustizialismo politico deve rimanere fuori dalle aule dei tribunali”.
Gli “accusatori politici e materiali di questo processo, rappresentanti dell’attuale amministrazione comunale – continua il legale – erano gravemente in malafede e a tal proposito invito a rivedere quel video di De Vito pubblicato il 2 ottobre del 2015 dove si evincono le modalità con le quali si volevano acquisire i documenti contabili della Giunta Marino”.
L’allora sindaco della capitale, prima delle sue dimissioni l’8 ottobre del 2015, si difese in tutte le sedi e con forza contro gli attacchi dell’opposizione e di membri del suo stesso partito, il Pd: “Gli esposti presentati contro di me sono vergognosi, scritti da persone in malafede o ignoranti” riferendosi alle denunce dei due partiti di opposizione, e spiegava ad esempio che “gli scontrini riferiti alla tintoria non riguardano il lavaggio dei miei vestiti ma di quelli storici dei trombettieri di Vitorchiano che accompagnavano le visite in Campidoglio di Capi di Stato o autorità internazionali”.
“Non ho mai – aveva più volte dichiarato – usato denaro pubblico per miei fini personali, semmai il contrario: a volte ho speso il mio denaro personale per fini pubblici come a New York a inizio settembre quando, al termine di una vacanza negli Usa, decisi di pagare 7-800 euro di hotel di tasca mia nonostante fossi lì per un incontro col sindaco Bill De Blasio”.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2019 Riccardo Fucile
LA SICUREZZA VERA DEGLI ITALIANI PUO’ ASPETTARE… OGGI ALTRA ESECUZIONE DELLA CAMORRA MA PER SALVINI IL PROBLEMA E’ UN IMMIGRATO DI PACHINO
Che dicono le cronache? Che a Napoli in un agguato camorristico nei pressi di una scuola è stato ucciso un uomo, ferito il figlio davanti al nipote di tre anni che è rimasto illeso ma scioccato.
Hanno raccontato le cronache: “Un uomo di 57 anni, Luigi Mignano, è morto e il figlio 32enne Pasquale è rimasto ferito alle gambe in un agguato a Napoli. Accanto alla vittima, considerata vicina al clan Rinaldi, è stato ritrovato lo zaino di un bambino di tre anni, nipote dell’uomo ucciso: il piccolo era in compagnia dei Mignano. I colpi di pistola sono stati esplosi da due persone a bordo di uno scooter nero”
Una stesa mortale. Un altro omicidio in una città che avrebbe bisogno davvero di sicurezza e che in alcune zone è prigioniera dei clan camorristici e di tanti altri delinquenti
Una situazione così drammatica che il parroco padre Modesto Bravaccino, davvero in prima linea, ha commentato: “Fino a stamattina eravamo fiduciosi che la situazione fosse migliorata, poi un agguato davanti ad un bimbo di tre anni, il nipote della vittima, ci ha fatto capire che la ferocia è aumentata”.
Ma il ministro della Nutella che fa? Tra un selfie, un viaggio elettorale pagato dai contribuenti (visto che è ministro) e un arancino potrebbe pensare alla sicurezza, quella vera?
Non alle chiacchiere, ma ai quartieri in mano alla criminalità , ai malavitosi di grande, medio e piccolo calibro che infestano le città ?
Ovviamente no.
Perchè con Salvini al Viminale le mafie e i cartelli della droga fanno i loro porci comodi come e peggio di prima.
E infatti di cosa si è occupato il ministro? Di un immigrato che ha dato in escandescenze a Pachino.
Alla continua ricerca di alibi per indicare lo ‘straniero’ sul quale indirizzare gli ulutati dei suoi fan e far dimenticare i grande e veri poteri criminali.
(da Globalist)
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