Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
“LA STAMPA”: “CI SONO TANTI NOMI IMPORTANTI CHE ATTESTANO UN POTERE PERCEPITO COME DURATURO. E’ IL TRIONFO DELLO STATUS QUO IN FORMATO NAZIONAL-POPOLARE O POPULISTA. UN POSTO CENTRALE CE L’HA LA CULTURA DELL’INTRATTENIMENTO PIU’ DEL DIBATTITO SOFFERTO” – “SI LAVORA SUL CORPO BASSO DELLA SOCIETÀ, SULL’UMORE E SULL’IMMAGINARIO DI UN PAESE CHE TIRA A CAMPARE, VUOLE IL QUIETO VIVERE”
Lo scorso anno fu Javier Milei che incantò la sala col suo tango liberista e l’estetica da profeta carismatico che promette di salvare il popolo uccidendo lo Stato. Prima ancora Elon Musk, che aveva conquistato Marte e poi la Casa Bianca.
E andando a ritroso Viktor Orban, accolto, nell’edizione di qualche anno fa, sulle note di “avanti ragazzi di Buda”, e Steve Bannon, l’ideologo del primo Trump e della cancellazione del socialismo su tutto l’orbe terraqueo.
A proposito, anche Rishi Sunak, il teorico del modello Ruanda da cui Giorgia Meloni trasse ispirazione per il suo modello Albania, celebrato poi – sempre lì – con Edi Rama. Ogni volta, una “special relationship” da ostentare
Stavolta invece, in questa edizione di Atreju che inizierà il 6 dicembre e finirà il 14, la più lunga di sempre (evidente prova di forza), stavolta, dicevamo, l’ospitone che tocca le corde profonde dell’identità non c’è, perché certo non si può catalogare come tale Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen e vicepresidente dei Conservatori europei. Chissà, forse è necessità.
Ognuno, per un motivo o per l’altro, è diventato infrequentabile: chi ha domato l’inflazione massacrando i salari, chi è scomparso dai radar (anche se non dai satelliti), chi è caduto in disgrazia con Trump, chi, forse, è un po’ troppo hard da invitare se si continua a sostenere l’Ucraina. E poi i centri in Albania non fun-zio-na-no, ma non si può dire.
Oppure è una scelta. Sia come sia, il nome vero di rilevo è Abu Mazen, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese. Qualche corda la tocca nella tradizione della destra ma parla soprattutto dell’oggi e della prospettiva, e non è affatto male: i due popoli, il processo di pace, il ruolo che vuol agire l’Italia nel Medioriente, eccetera. Interessante. È una notizia, che ci dice quanto Giorgia Meloni punti sul tema internazionale come elemento caratterizzate del suo racconto.
C’è l’enorme parata di ministri (tutti) in panel dedicati. Ci sono i “nemici perfetti” come la giudice Silvia Albano, contraria ai centri in Albania e contraria alla riforma della giustizia, quella a cui in sala non crederà nessuno ma la cui presenza, assieme ai tanti esponenti dell’opposizione (di fatto gli unici assenti sono Landini e Schlein) dà il senso di un luogo aperto, dove si discute.
A proposito: si consiglia di aggiornare lo spartito dell’allarme democratico.
E, ci sono i tanti nomi pop: Mara Venier e Carlo Conti, Ezio Greggio e Raoul Bova, Gigi Buffon, Julio Velasco.
Nomi importanti che anch’essi attestano una forza e un potere esercitato e percepito come duraturo, ma anche una non banale cifra culturale.
Dal recinto cattivista delle “motoseghe” a Sanremo, Striscia e Domenica in. La forza dell’audience e dell’abitudine di tv che hanno perso voglia di sperimentare e stupire. È il trionfo dello status quo in formato nazional-popolare o, forse, nazional-populista, nel senso di circenses.
La Festa come esibizione in cui un posto centrale ce l’ha la cultura dell’intrattenimento più del dibattito sofferto (a proposito, quello sulla cucina italiana con Lollobrigida si annuncia come imperdibile). Ed è tutto così rassicurante e accogliente che viene ri-accolto financo Gianfranco Fini assieme a Francesco Rutelli, in un amarcord della sfida (datata 1993) a sindaco di Roma. Mica su Fiuggi e il sovranismo, però la presenza chiude la fase della damnatio memorie.
L’operazione ha una sua efficacia, perché lavora sul corpo basso della società. Lavora sull’umore e sull’immaginario di un paese che tira a campare, vuole il quieto vivere, Gaza sì ma senza troppe piazze ed è stanco di avventure dopo un decennio sull’ottovolante che ha suscitato grandi entusiasmi e repentini tonfi.
Il mood non è la rivolta ma la stabilità: farsi andare bene ciò che c’è, rientrare a casa, afferrare il telecomando e guardare la tv come una distrazione dalla vita dura. Ecco, questa festa è perfetta per un paese che si vuole accontentare di ciò che ha.
(da agenzie)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LE PERSONE IN CONDIZIONE DI POVERTÀ SANITARIA SONO PREVALENTEMENTE UOMINI IN ETÀ ADULTA. IMPORTANTE LA QUOTA DEI MINORI CHE SUPERA QUELLA DEGLI ANZIANI
Sale la povertà sanitaria in Italia. Nel 2025, 501.922 persone si sono trovate in questa
condizione, cioè hanno dovuto chiedere aiuto a una delle 2.034 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure che, altrimenti, non avrebbero potuto permettersi.
Rispetto alle 463.176 del 2024, c’è stato un aumento dell’8,4%. Sono i dati contenuti nel 12/mo Rapporto sulla Povertà Sanitaria di Banco Farmaceutico presentato all’Aifa. Secondo l’analisi, le persone in condizioni di povertà sanitaria sono prevalentemente
uomini (pari al 51,6% del campione, contro il 48,4% delle donne) e persone in età adulta (18-64 anni, pari al 58%). Particolarmente importante la quota di minori, che sono 145.557 (pari al 29%), più degli anziani che corrispondono al 21,8% (109.419).
Considerando le condizioni di salute, i malati acuti (56%) superano i malati cronici (44%). Inoltre, nel 2024 (secondo gli ultimi dati Aifa disponibili) la spesa farmaceutica complessiva delle famiglie è pari a 23,81 miliardi di euro, 171 milioni di euro in più (+0,7%) rispetto al 2023 (quando la spesa era di 23,64 miliardi). Di questi, tuttavia, solo 13,65 miliardi di euro (il 57,3%) sono a carico del Ssn (nel 2023 erano 12,99, pari al 56%).
Restano quindi 10,16 miliardi (42,7%) pagati interamente dalle famiglie (nel 2023, erano 10,65, pari al 44%). Nonostante tra il 2024 e il 2023 si registri un calo di questa tipologia di spesa (-4,6%), in sette anni (cioè tra il 2018 e il 2024) è cresciuta di 1,78 miliardi di euro (+21,26%). Nel 2018, infatti, la quota totalmente a carico dei nuclei familiari era pari a 8,37 miliardi di euro.
Secondo il 12/mo Rapporto sulla Povertà Sanitaria di Banco Farmaceutico presentato all’Aifa, nel 2024 (secondo gli ultimi dati Istat disponibili), quasi una persona su dieci (9,9%) ha rinunciato a visite o esami specialistici nei 12 mesi precedenti. Il 6,8% della popolazione ha rinunciato, prevalentemente, per le lunghe liste d’attesa, mentre il 5,3% (pari a 3,1 milioni di persone) per ragioni economiche (dato in crescita dell’1,1%
rispetto al 2023).
“I dati sulla povertà sanitaria ci restituiscono, anche quest’anno un quadro preoccupante per migliaia di famiglie – ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets – Banco Farmaceutico aiuta a curarsi chi non può permetterselo, praticando, grazie al sostegno e insieme a migliaia di volontari, farmacisti, aziende e cittadini, la gratuità.
Ma una cura costituita da un’autentica attenzione alle esigenze e alla dignità di chi si trova in condizioni di povertà, non può limitarsi alla pur necessaria risposta immediata al bisogno: deve comprenderlo in fondo, anche attraverso un lavoro di approfondimento culturale e scientifico. Perché più profonda è la conoscenza, più efficaci saranno le risposte”.
(da agenzie)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
PUTIN SI È RASSEGNATO A MANTENERE LA PROMESSA FATTA TRE MESI FA A XI JINPING, FIRMANDO UN DECRETO CHE ABOLISCE I VISTI PER I CINESI CHE VOGLIONO ENTRARE IN RUSSIA: IL CREMLINO SI PIEGA A UNA RICHIESTA INELUDIBILE DELL’ALLEATO PIÙ FORTE, RINUNCIANDO AL PROPRIO SOVRANISMO E APRENDO LE PORTE A UNA MASSA IMMENSA DI LAVORATORI CHE COLONIZZERANNO LA RUSSIA ORIENTALE
La vita di ieri è finita. E non tornerà più.Questo il titolo con il quale Nezavisimaya Gazeta , il più liberale dei quotidiani moscoviti, sempre sul filo tra libertà condizionata di pensiero e prigionia in senso non solo figurato, presenta l’ennesima settimana decisiva dei negoziati sulla possibile fine della guerra in Ucraina.
Sono passati quasi quattro anni ormai, da quando tutto cominciò. Molti cambiamenti nelle vite di tutti, molta stanchezza, molta polarizzazione nelle società di tutto il mondo.
Ma quello che fatichiamo a comprendere, e ad accettare, è come l’essenza stessa della Russia sia cambiata in modo radicale e irreversibile nel corso di questo tempo.
«La normalizzazione è possibile, ma su altre basi» si legge nell’articolo che abbiamo citato, senza firma, quindi attribuibile al direttore Konstantin Remchukov, per altro uomo di solida cultura occidentale. «Può Vladimir Putin accettare oggi il “rules based order” occidentale nei confronti del suo Paese? La risposta è ovvia: no. La Russia non vuole tornare a tale “ordine” come una sorta di premio per la pace, come fosse una carota o un torrone. Questo ordine non rappresenta più un valore per la Russia. È un valore per l’Ue, ma non per noi».
È da qui che bisogna cominciare. Dalla fine dell’illusione. Chi è convinto, e in Italia ce ne sono molti, che una volta siglata una pace, giusta o sbagliata non importa, tutto tornerà come prima, si
sbaglia. Oppure mente a sé stesso. Se non altro, in Russia fanno professione di realismo.
Anche se le giovani generazioni, il ceto medio e quello abbiente continuano a guardare con nostalgia e rimpianto all’Europa, nessuno immagina un riavvicinamento al vecchio continente, neppure nella più rosea delle ipotesi. Quella era la vita di ieri, che piaceva a tutti o quasi. Ma nella storia di questo immenso Paese, a comandare, è sempre stato un solo uomo.
Putin si è spinto troppo oltre. La sua strategia si basa su linee guida che non tengono conto del nostro pensiero e delle nostre esigenze. Per il Cremlino, il rapporto con «l’Occidente collettivo» è ormai solo una questione di soldi, di affari da stringere con il miglior offerente, venite ad aiutare la nostra economia di guerra sempre più traballante, denaro e tecnologie in cambio delle nostre infinite materie prime. Nient’altro. La richiesta di essere riammesso in un eventuale G8 è fumo negli occhi. Putin vuole rendersi indipendente da Europa e Usa, o non ricattabile
Cerca un rafforzamento del suo peso globale a colpi di contratti firmati dalle multinazionali del petrolio e del gas. Ma le fondamenta di un sistema alternativo di potere sono già state gettate. La Russia intende parteciparvi, anche se consapevole del fatto di essere un socio di minoranza. Anche qui, nel nuovo Ordine mondiale.
Proprio alla vigilia della visita a Mosca dell’ormai celebre Steve Witkoff, dopo una lunga melina Putin si è rassegnato a
mantenere la promessa fatta tre mesi fa a Xi Jinping, firmando un decreto che abolisce i visti per i cinesi che vogliono entrare in Russia, il Cremlino si piega a una richiesta ineludibile dell’alleato più forte, rinunciando al proprio sovranismo e aprendo le porte a una massa immensa di lavoratori che colonizzeranno la Russia orientale
Ma è un amaro calice che Putin è disposto a bere, nel nome della sua nuova strategia globale, che considera l’Occidente collettivo come un nemico . Anche il rapporto con gli Usa dev’essere valutato alla luce di un dado che per la Russia è già stato tratto. Nessuno parla di amicizia o di intesa duratura.
Al di là delle poche frasi lasciate cadere per tenersi le mani libere in caso di accettazione totale delle proprie condizioni, non c’è un solo indizio della reale volontà russa di arrivare a una pausa delle ostilità. L’economia che fa sempre più fatica non avrà alcun effetto deterrente, al massimo comporterà una ulteriore torsione autoritaria della quale si stanno intravedendo già i segni, per sopire il malcontento della società russa.
Questa non è la Cecenia, ereditata da Boris Eltsin. Non è la punizione lampo inferta alla Georgia, non è la lontana Siria. In un Paese che ne è forgiato, non tutte le guerre sono uguali. Questa è la guerra esistenziale di Putin, è il conflitto per il quale lui verrà ricordato nei libri di Storia, sua massima aspirazione. Non una figura di passaggio, l’ultimo homo sovieticus, ma un condottiero. E un vincitore, che per essere tale ha bisogno non di apporre la propria firma su un trattato, ma di territori altrui da
rivendicare.
(da il Corriere della Sera)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
L’IMPATTO ECONOMICO DELLE PATOLOGIE È DI 23 MILIARDI, DI CUI IL 63% A CARICO DELLE FAMIGLIE: IL FONDO NAZIONALE FINANZIATO È DI APPENA 34,9 MILIONI PER IL TRIENNIO 2024-2026
Questa è la storia di una rimozione collettiva. Di un gigantesco vuoto di memoria
nella coscienza comune, certificato dai numeri. È la storia di 1 milione e 200 mila persone colpite da Alzheimer (600 mila) e demenze, e di oltre tre milioni di
familiari e caregiver impegnati ogni giorno nell’assistenza, spesso soli, spesso privi di sostegno economico, con un servizio pubblico che stenta a mettersi in moto mentre le stime annunciano un raddoppio del numero dei pazienti entro il 2050.
Impatto stimato delle patologie: 23 miliardi, di cui il 63% a carico delle famiglie; fondo nazionale finanziato per 34,9 milioni per il triennio 2024-2026.
La differenza tra l’enormità dei bisogni e l’esiguità delle risorse è il carico che grava su figli, coniugi, assistenti, con un peso troppo grande che fa esplodere tensioni e a volte devasta il cuore.
È sabato 29 novembre, un giorno ordinario della vita di Paolo Marin, geriatra. Il telefono squilla e dall’altra parte c’è un uomo in preda all’esasperazione che implora: «Non ce la faccio più, venga la prego o ammazzo mia madre». Marin, presidente dell’associazione Alzheimer Uniti di Roma, si precipita agli alloggi popolari del quartiere Garbatella. Nella casa da cui è partita la chiamata trova un’anziana che urla, e lo fa da 48 ore, ininterrottamente. «La signora ha una demenza lieve – racconta il medico – ma, rientrata dopo un ricovero, ha iniziato a gridare senza che ci fosse modo di farla smettere, e il figlio è andato fuori di testa. Per fortuna con il farmaco giusto si è calmata e ora sta bene».
Marin racconta con l’amarezza di chi, da decenni, cura le ferite che le malattie incidono nei corpi e nelle anime di una società che fatica a rivolgere lo sguardo a chi è fragile. «[…] Credevo di
potere ripetere con le demenze l’esperienza straordinaria fatta con la Uildm. E invece: donatori zero, tv non disponibili, mondo no profit monopolizzato da grandi raccoglitori. Il risultato è che, davanti a un problema di dimensioni enormi, associazioni come la nostra non hanno le risorse per affiancare le attività pubbliche».
La carenza di fondi che colpisce il volontariato è un altro aspetto della pericolosa amnesia che condanna a una sostanziale invisibilità milioni di persone. I dati dell’Osservatorio demenze dell’Istituto superiore di Sanità sono impietosi: il 75% delle persone con demenza non è inserito in alcun percorso terapeutico assistenziale, mancano i moduli Alzheimer nelle Rsa, scarseggiano i centri diurni, fortissimo lo squilibrio tra Nord e Sud che rischia di accentuarsi con l’arrivo dei nuovi farmaci monoclonali, che pure accendono nuove speranze di cura: «Solo il 10% dei pazienti potrà potenzialmente accedere al trattamento. Il restante 90% rischia di rimanere indietro» ha avvertito nei giorni scorsi Nicola Vanacore, responsabile dell’Osservatorio.
La navigazione quindi è a vista. «C’è così tanta disperazione che appena apre una struttura, case di riposo che non potrebbero ospitare persone con demenza, si riempie subito. I parenti ci chiedono soprattutto due cose: di indicargli una buona Rsa e di indicargli il nome di una badante formata – spiega Marin -. Ma il bisogno è così grande che non si fa in tempo a formarle».
La priorità, spiega, resta la creazione di una assistenza domiciliare di qualità, oggi quasi inesistente, con i Comuni che forniscono, se lo fanno, una manciata di ore a settimana, e le Asl con pochi specialisti e liste d’attesa interminabili. Un servizio necessario per alleviare la sofferenza silenziosa dei malati e dei caregiver.
(da La Stampa)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LA “CAVALIERA” TORNA A CHIEDERE MAGGIORE APERTURA AI DIRITTI E ALLE “LIBERTÀ”… NEL PARTITO SI STA MUOVENDO QUALCOSA DI GROSSO: MARINA HA DATO IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP E VUOLE PENSIONARE I SETTANTENNI TAJANI-GASPARRI-BARELLI … IL PRESCELTO È IL GOVERNATORE DELLA REGIONE CALABRIA, ROBERTO OCCHIUTO, CHE IL 17 DICEMBRE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NIENTEMENO CHE A PALAZZO GRAZIOLI
Un partito “vivace” e “aperto”. E che spinga, come un tempo, sul tema della “libertà”. Sarebbero queste le parole d’ordine utilizzate da Marina Berlusconi nel pranzo con il governatore della Regione Piemonte e vicesegretario di Forza Italia, Alberto Cirio.
L’incontro, nella sua casa di corso Venezia a Milano, arriva dopo quello con il leader Antonio Tajani e, prima ancora, con l’altro vice Roberto Occhiuto.
Fulcro di ogni incontro la volontà di rilanciare i valori portati avanti dal padre Silvio, in particolare la libertà. Declinata su due
aspetti. Da una parte quella “di vivere”, e quindi i diritti civili, sui quali la figlia del Cavaliere ha sempre mostrato grande apertura (e, parole sue, «più vicinanza con la sinistra»).
Nel dialogo con Cirio non si sarebbe parlato di comunità Lgbtqi+, ma il discorso ha sicuramente toccato un tema di grande attualità, quello del fine vita. Anche su questo argomento si era già espressa, declinando il valore centrale della libertà: «Chi è afflitto da una malattia incurabile e dolorosa deve avere il diritto di porre fine alla propria esistenza con dignità».
Durante l’incontro in corso Venezia Marina Berlusconi avrebbe sottolineato l’importanza di portare avanti le battaglie identitarie di Forza Italia, anche con la consapevolezza di non poter raggiungere subito l’obiettivo (un po’com’è successo con lo Ius Scholae).
D’altronde, il governatore Cirio ha sempre sostenuto l’importanza di rimanere «saldi» nel centrodestra. Ma quello che sembra premere la presidente del gruppo Mondadori sarebbe non perdere completamente i valori che spinsero il padre a fondare il partito trentuno anni fa, quelle battaglie che distinguono gli azzurri dagli alleati e che permettono di rimanere un pungolo all’interno della coalizione. E quindi libertà di vivere, libertà di scegliere come morire, ma anche libertà nel lavoro, di concorrenza, di impresa. Un po’meno Stato e più mercato.
Tutti valori che Cirio, primo governatore di centrodestra dopo vent’anni di sinistra in Piemonte, riconfermato e ancora molto amato dal territorio, sembra avere nel dna, pur nella non sempre
facile convivenza con Fratelli d’Italia e Lega.
A lui, come fatto nei precedenti incontri, Marina Berlusconi ha chiesto un partito più “aperto”, “fresco”, “vivace”, capace di dare ospitalità a tutti (soprattutto coloro che non si riconoscono nelle posizioni più estreme degli alleati, ndr), simbolo dei moderati e soprattutto ispirato ai valori del padre Silvio, il cui nome svetta ancora nel simbolo di partito.
(da La Stampa)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
NELLA DIRETTIVA ANTICORRUZIONE E’ PREVISTO IL REATO DI “ESERCIZIO ILLECITO DI FUNZIONE PUBBLICA” , IN PRATICA L’ABUSO D’UFFICIO ELIMINATO DAL GOVERNO MELONI CHE AVRA’ DUE ANNI DI TEMPO PER ADEGUARSI
Oggi il Consiglio Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sulla
direttiva anticorruzione, che contiene le norme minime con cui gli Stati membri definiscono e sanzionano i reati di corruzione nel loro codice penale, oltre a una serie di misure per prevenire la corruzione e rendere indagini e azioni penali più efficaci.
Dopo l’accordo di oggi, praticamente blindato, la direttiva si avvia ora verso il via libero definitivo, che dovrà passare dal voto in plenaria e dall’ok del Consiglio. A quel punto gli Stati
saranno chiamati a recepirla entro due anni dalla pubblicazione.
In base all’accordo sul testo, verrà stabilito uno standard a livello Ue, in modo che una serie di atti vangano criminalizzati e definiti allo stesso modo in tutti gli Stati membri. I reati che diventeranno punibili come reato penale in tutta l’Ue sono quelli di corruzione nei settori pubblico e privato, appropriazione indebita, traffico di influenze, intralcio alla giustizia, arricchimento da reati di corruzione, occultamento e alcune gravi violazioni dell’esercizio illecito di funzioni pubbliche, spiega il documento.
Grazie anche all’intervento del M5s è stata aggiunta una norma, l’articolo 11, che sostanzialmente prevede l’introduzione obbligatoria del reato di esercizio illecito di funzione pubblica, l’equivalente dell’abuso d’ufficio che è stato abrogato in Italia nel 2024 dal ministro della Giustizia Nordio. Parliamo del reato, previsto dall’articolo 323 del Codice penale, che puniva chi, in qualità di pubblico ufficiale, abusava del suo potere per procurare a sé o a altri un ingiusto vantaggio oppure un danno. La decisione del governo Meloni nasceva dal fatto che il 94% dei processi per abuso d’ufficio finiva con una assoluzione. Sull’abolizione si era espressa anche la Consulta, stabilendo che non è incostituzionale.
Il testo dell’articolo 11 prevede che Gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché almeno alcune “gravi violazioni della legge nell’esecuzione o nell’omissione di un atto da parte di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni siano punibili
come reato, se commesse intenzionalmente. Gli Stati membri possono individuare le categorie di pubblici ufficiali ai sensi della presente direttiva che rientrano nell’ambito di applicazione personale di tale reato”.
Per il Movimento, si tratta di un duro colpo per il governo Meloni: “La direttiva anticorruzione, approvata in sede di trilogo dopo un negoziato durato mesi, prevede l’obbligatorietà per gli Stati membri di introdurre nel loro ordinamento penale il reato di esercizio illecito di funzione pubblica, l’equivalente dell’abuso d’ufficio cancellato in Italia”, spiega in una nota Giuseppe Antoci, europarlamentare del Movimento 5 stelle uno dei relatori della direttiva anticorruzione per il Parlamento europeo.
“Le Istituzioni europee riconoscono che questo reato sia vitale nella lotta alla corruzione e la sua approvazione impone, dunque, il recepimento anche nell’ordinamento italiano dal quale la previsione del reato era stata tolta a opera della maggioranza di centrodestra e in particolare del Ministro Carlo Nordio che si era intestato la cancellazione dell’ex articolo 323 del Codice penale facendo persino ostruzionismo in Consiglio. Non si è era mai visto un Ministro della Giustizia che ostacola la giustizia”, ha aggiunto.
(da Fanpage)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
L’EX GOVERNATORE AVREBBE CONTRIBUITO A TRUCCARE CONCORDI PUBBLICI, NOMINE NELLA SANITA’ E APPALTI
L’ex governatore della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, è stato arrestato per corruzione nell’ambito dell’indagine della Procura di Palermo sugli appalti in Sicilia. Cuffaro è ora agli arresti
domiciliari e per altri due indagati eccellenti, invece, non è stata emessa alcuna misura cautelare: il deputato nazionale, Saverio Romano, e il deputato della democrazia cristiana Carmelo Pace risultano indagati a piede libero.
Al centro dell’indagine della Procura di Palermo, è finito l’ex presidente della Regione, Cuffaro, e una sorta di comitato d’affari di cui l’ex governatore sarebbe stato dominus. Secondo l’accusa, il comitato avrebbe deciso nomine ai vertici della sanità, appalti e truccato concorsi pubblici. Al vertice della “piramide”, vi sarebbe stato proprio l’ex governatore che avrebbe disposto accordi e promesso ricompense a coloro che avessero accettato le sue richieste.
Sotto la lente di ingrandimento dei magistrati sono finite in particolare la gara ausiliariato, bandita dall’Asp di Siracusa, e il concorso pubblico per 15 posti a tempo indeterminato per operatore socio-sanitario nell’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello di Palermo. Il direttore dell’Asp di Siracusa, Alessandro Maria Caltagirone, la cui nomina sarebbe stata sponsorizzata proprio da Cuffaro, avrebbe fatto vincere la gara alla Dussmann Service Srl su indicazione proprio dell’ex governatore, ottenendo in cambio un miglioramento dei contratti di due dipendenti.
Per truccare la gara, secondo i pm, i componenti della commissione aggiudicatrice sarebbero stati conniventi, permettendo che vincesse la Dussmann Service Srl, in cambio di contratti migliori per alcuni dipendenti e con la promessa di altri subappalti per ditte “amiche”. Per Marchese e Dammone,
rappresentante legale e funzionario commerciale della Srl “vincitrice” della gara, è stato disposto l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria e il divieto di esercitare attività di impresa per un anno.
(da agenzie)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
SECONDO GLI INQUIRENTI SAREBBE STATA INFORMATA IN ANTICIPO DEI REQUISITI RICHIESTI PER VINCERE UN BANDO
Martedì 2 dicembre la polizia belga e gli agenti della Procura europea (Eppo) hanno
perquisito le abitazioni di tre persone, fermate per essere interrogate: tra di loro c’era anche Federica Mogherini, 52 anni, ex ministra degli Esteri italiana e Alta rappresentate dell’Ue per gli Affari esteri, dal 2020 rettrice del Collegio d’Europa. Le altre due persone erano, stando alle ricostruzioni emerse, il diplomatico italiano Stefano Sannino e l’italo-belga Cesare Zegretti. I tre sono stati rilasciati nella notte, perché non ritenuti a rischio di fuga, e informati delle accuse a loro carico: frode negli appalti pubblici e corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale.
informazioni sul bando sarebbero state condivise “con uno dei candidati”, ovvero proprio il Collegio.
Il Collegio d’Europa esiste dal 1949, ed è una delle istituzioni più prestigiose per la formazione di politici e amministratori europei. È formalmente indipendente dall’Unione europea, anche se riceve spesso finanziamenti pubblici.
Su cosa si concentra l’inchiesta che ha portato al fermo di
Mogherini
L’indagine riguarda in particolare un bando che prometteva alcune centinaia di migliaia di euro per l’assegnazione di un nuovo progetto sperimentale: l’Accademia diplomatica dell’Unione europea. Si tratta di un corso di nove mesi, dedicato specificamente ai futuri diplomatici. Il bando fu lanciato a marzo del 2022. Parteciparono sei istituti di alto livello, ma alla fine vinse il Collegio d’Europa. Arrivarono 130mila euro subito, e poi oltre 600mila euro per il vitto e l’alloggio degli studenti.
L’anno successivo, per il rinnovo della sperimentazione dell’Accademia, il Collegio vinse di nuovo il bando: circa 960mila euro. Dal 2024, l’Accademia è stata resa permanente. Il Servizio per l’azione esterna dell’Ue le ha erogato 1,7 milioni di euro quell’anno, e altri 1,7 milioni per il 2025-2026.
l punto è come venne vinto quel primo bando. Per gli investigatori c’è il “forte sospetto” che il Collegio d’Europa sia stato favorito. In particolare, Mogherini o altri rappresentanti sarebbero stati messi a conoscenza dei requisiti prima degli altri partecipanti.
Il palazzo acquistato a Bruges giusto in tempo per il bando
La cosa che più ha attirato l’attenzione della Procura è l’acquisto di un immobile a Bruges, dove il Collegio ha la sua sede principale. L’edificio, costato 3,2 milioni di euro, fu acquistato a marzo del 2022, quasi in contemporanea con l’apertura del bando, e fu poi trasformato in un dormitorio per gli studenti dell’Accademia. Ma, secondo fonti informate, il Collegio
avrebbe iniziato a valutarlo già nei mesi precedenti.
Il punto è che l’acquisto sarebbe avvenuto in un periodo di difficoltà economica, per l’istituto. Ma sarebbe stato provvidenziale: il bando per l’Accademia, infatti, richiedeva di inserire nella candidatura anche le informazioni sulle “infrastrutture” per l’accoglienza degli studenti. Cosa che, grazie al nuovo dormitorio appena comprato, il Collegio potè fare, battendo la concorrenza.
In quel periodo, come detto, Mogherini era rettrice del Collegio d’Europa. Sannino, che aveva lavorato per lei quando era ministra degli Esteri in Italia, occupava invece una posizione nel Servizio per l’azione esterna dell’Ue, che gestiva il bando.
(da Fanpage)
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Dicembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
TRACCIATO UN PERCORSO ANCHE PER IL GREGGIO CHE UNGHERIA E SLOVACCHIA CONTINUANO A COMPRARE DAL CREMLINO
In Europa entrerà sempre meno gas russo, fino allo zero assoluto tra due anni. È stata trovata un’intesa nel trilogo tra il Consiglio Ue, il Parlamento e la Commissione, che hanno optato per una riduzione graduale – e non shock – delle importazioni. Il divieto, appunto a diminuzione progressiva, sarò giuridicamente vincolante per tutti i Paesi membri a partire dalla fine del 2026 per il gas naturale liquefatto (gnl) e dall’autunno 2027 per il gas. Il regolamento verrà ratificato prima dai 27 Paesi membri e poi dalla Plenaria del Parlamento europeo.
Le date dell’intesa: quando ci sarà lo stop definitivo
Stando ai primi dettagli dell’intesa emersi finora, il divieto scatterà sei settimane dopo la sua ratifica definitiva. I contratti di fornitura a breve termine e conclusi prima del 17 giugno 2025 dovranno essere tassativamente interrotti entro il 25 aprile 2026 per il gas naturale liquefatto e dal 17 giugno 2026 per il gas proveniente da gasdotto. Più permissivi i termini per i contratti con scadenza più in là nel tempo, che dovranno essere troncati rispettivamente entro il 1° gennaio 2027 e il 30 settembre 2027, a condizione che gli obiettivi di riempimento degli stoccaggi siano rispettati. Nel caso non lo fossero, la data ultima e definitiva sarò il 1° novembre 2027.
Le reazioni da Bruxelles: «Ora aiutiamo ancora di più Kiev»
«Oggi è una giornata storica per l’Unione europea», ha commentato con soddisfazione la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. «Molti pensavano che non sarebbe stato possibile, invece oggi è successo. Ho sempre saputo che avremmo potuto farlo. Ora siamo pronti ad aprire collaborazioni con nuovi partner affidabili. Questo è solo l’inizio di un vero successo europeo». Von der Leyen ha poi ribadito la promessa già fatta diverse volte all’Ucraina: «Inverno dopo inverno abbiamo aiutato Kiev e il suo sistema energetico: ripareremo le infrastrutture e lo faremo ancora». Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha festeggiato l’intesa: «Decisione che colpisce al cuore la macchina di finanziamento della guerra russa», ha scritto su X. «Finalmente, e per sempre, stiamo chiudendo il rubinetto del gas russo. Non torneremo mai più alla nostra pericolosa dipendenza dalla Russia», ha sottolineato il commissario Dan Jorgensen.
Il percorso personalizzato e il nodo del petrolio in Ungheria e Slovacchia
Nell’ambito del regolamento, saranno poi i singoli governi dei Paesi membri a interfacciarsi con Bruxelles per scandire una tabella di marcia personalizzata per raggiungere l’indipendenza completa dalle forniture di Mosca. Ci sarà un regime di autorizzazione preventiva su tutto l’import di gas, anche non russo, in modo tale da garantire che il divieto sia effettivamente rispettato. Chi violerà il divieto sarà sanzionato ma ci sarà la possibilità di sospendere la validità del regolamento nel caso in cui uno o più Paesi membri rischi di perdere «la sicurezza dell’approvvigionamento energetico». Ci sarà un percorso parallelo anche per Slovacchia e Ungheria per portare i due Paesi a una indipendenza totale dal greggio russo, al momento importato per oltre l’80% del totale.
(da agenzie)
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