“BELSITO AVEVA RAPPORTI DAL 2002 ANCHE CON CAMORRA E COSA NOSTRAâ€
I RACCONTI DI UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA CHE, ANCOR PRIMA CHE SCOPPIASSE LO SCANDALO DEI FONDI DELLA LEGA, AVEVA DENUNCIATO I RAPPORTI TRA IL TESORIERE DEL CARROCCIO E LA MALAVITA ORGANIZZATA… ”BELSITO SI VENDEVA COME AMICO DI SILVIO”
Il pentito racconta: non solo ‘ndrangheta, anche camorra e soprattutto Cosa Nostra.
Questi i contatti di cui ha goduto per anni l’ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito.
A Genova. E non da oggi, ma almeno a partire dal 2002 “quando bisognava cambiare la vecchia lira con la moneta europea”.
A dirlo è un collaboratore di giustizia, legato ai clan campani dei Mallardo e dei Nuvoletta, che dal 2009 parla con i Pm liguri.
Nel 2010 alcune sue dichiarazioni aiutano i magistrati a fare chiarezza sugli affari di Antonio Fameli, imprenditore calabrese trapiantato in riviera, vicino alla cosca Piromalli e oggi accusato di riciclaggio.
Un anno dopo lo stesso pentito si mette a tavolino e scrive un memoriale che invia alla Procura di Savona.
Cinque pagine scritte tra luglio e settembre 2011.
Dentro gli inediti rapporti tra l’ex tesoriere leghista e uomini di Cosa Nostra legati al boss Giuseppe Madonia.
Quando il documento atterra sul tavolo dei magistrati liguri, Silvio Berlusconi è ancora presidente del Consiglio e soprattutto il Carroccio fa da ago della bilancia per la tenuta del governo.
All’epoca, però, il racconto non stuzzica la curiosità degli investigatori.
In quell’anno lo scandalo che ha travolto la Lega Nord è lontano. Nessuno sa chi è Francesco Belsito.
I giornali non si sono ancora occupati del denaro del Carroccio investito in Tanzania.
L’uomo della camorra, invece, dice di conoscerlo molto bene. E non da ieri, ma da prima del 2000, quando Belsito si tiene in tasca la tessera di Forza Italia e fa da autista all’ex ministro della Giustizia Alfredo Biondi.
Due anni dopo il passaggio tra le file della Lega Nord.
Quindi la bufera giudiziaria dell’aprile scorso.
Con il suo nome che incrocia tre procure: da Milano a Reggio Calabria passando per Napoli. Al centro la presunta gestione illecita dei fondi della Lega, utilizzati per foraggiare le esigenze private della famiglia Bossi.
Come corollario le accuse di truffa ai danni dello Stato, appropriazione indebita e riciclaggio. Torniamo, dunque, al periodo in cui l’Italia si appresta a dire addio alla lira.
In quell’anno l’uomo dei Nuvoletta conosce il politico leghista già da qualche tempo.
“Belsito aveva collegamenti con vari esponenti della mafia siciliana in particolare con i fratelli Fiandaca e con gli Angiolieri”.
Si tratta di due famiglie legate a doppio filo al clan gelese degli Emanuello.
In particolare i Fiandaca, oggi attivi nel campo della ristorazione, in passato furono incaricati dallo stesso Giuseppe Piddu Madonia di aprire una “decina” di Cosa Nostra proprio sotto la Lanterna.
Belsito, però, va oltre. E, stando al collaboratore, già all’epoca conta sui rapporti con camorra e ‘ndrangheta.
Sono conoscenze che l’ex tesoriere condivide con un industriale attivo nel mondo del calcio, coinvolto (nel 2005) in un giro di fideiussioni false.
Tra i suoi contatti c’è anche l’imprenditore ligure Romolo Girardelli, accusato di associazione mafiosa dalla Procura di Reggio Calabria che, all’inizio del 2000, indaga sui fiancheggiatori dell’allora latitante Salvatore Fazzari.
Da quelle carte emergono anche i rapporti tra Girardelli e Paolo Martino, manager calibro nove della cosca De Stefano, oggi a processo a Milano con l’accusa di essere il referente al nord per i più influenti boss della ‘ndrangheta .
C’è di più: il passaggio all’euro segna anche l’incontro tra Belsito e il collaboratore di giustizia. I due si vedono nella città olandese di Rotterdam.
Qui l’ex tesoriere deve incontrare una direttrice di banca perchè “ha la necessità di cambiare miliardi”.
Passerà la notte all’hotel Hilton cenando al ristorante italiano la Gondola.
“Il Belsito — si legge nel memoriale del luglio 2011 — diceva di essere in stretto contatto con l’attuale signor presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e che per nome e conto dello stesso era autorizzato a trovare nuovi contatti bancari per aprire conti correnti all’estero tipo isole Cayman adoperando una società esistente”.
Questo dice l’uomo del Carroccio.
Il pentito però ha molte perplessità e racconta: “Io non credevo a una sola parola del Belsito (…) il mio dubbio era che usava la storia del presidente per riciclare denaro della malavita”.
A questo punto però, il verbale s’interrompe.
“Il resto — conclude il pentito — lo racconterò alla signoria vostra di persona”.
Ma già così le parole del collaboratore aiutano a fare ulteriore chiarezza sui rapporti spericolati di Francesco Belsito che, stando alle accuse dei magistrati milanesi, per anni ha utilizzato le casse della Lega Nord come un bancomat in nome e per conto della famiglia di Umberto Bossi.
Nel frattempo i contatti tra l’ex tesoriere e i boss di Cosa Nostra sono arrivati sul tavolo del Ros di Genova grazie a una nota inviata il 10 maggio scorso dall’associazione Casa della legalità .
Ora si attende che fatti e circostanze vengano approfonditi.
Davide Milosa
(da “il Fatto Quotidiano”)
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